ALLA SCOPERTA DELLA GRAVITÀ
di Marco Marchetti


CP1754. Al Francechevic

INTRODUZIONE

In natura esistono quattro forze fondamentali; in ordine decrescente di intensità esse sono: l’interazione nucleare forte, l’interazione nucleare debole, l’elettromagnetismo e la gravità.

L’interazione nucleare forte agisce come una potentissima colla e assicura la coesione fra protoni e neutroni all’interno dei nuclei atomici, l’interazione nucleare debole è responsabile del decadimento radioattivo di alcune particelle mentre l’elettromagnetismo regola le forze elettriche e magnetiche.

La gravità è di gran lunga la forza più debole; infatti, ad esempio, l’interazione nucleare forte che lega due protoni è cento miliardi di miliardi di miliardi di miliardi più intensa della corrispondente forza di gravità. Ma quando usciamo dai ristretti e microscopici ambienti atomici e ci trasferiamo nello spazio dove regnano grandi distanze e corpi di grande massa come pianeti, stelle, galassie e ammassi di galassie la gravità prende il sopravvento e diventa l’unica forza dominante.

La gravità è responsabile del moto (nota 1) e in particolare della caduta al suolo degli oggetti sul nostro pianeta; la gravità orchestra e dirige il movimento della Luna attorno alla Terra, dei pianeti attorno al Sole, del Sole attorno al centro della galassia, della galassia all’interno del Gruppo Locale (il piccolo gruppo di galassie che contiene anche la nostra) e degli ammassi di galassie nell’universo (nota 2) .

Infine la gravità influenza l’espansione dell’universo e concorrerà a stabilire se l’espansione continuerà per sempre oppure se un giorno si arresterà e invertirà il suo corso; in quest’ultimo caso l’universo subirà un collasso che lo porterà di nuovo verso uno stato infinitamente piccolo, caldo e denso come all’inizio dei tempi.

In questa sede noi cercheremo di conoscere meglio questa componente così importante della natura e descriveremo alcuni curiosi fenomeni ad essa legati.

Avvertenza: alcuni editori sostengono che ogni formula matematica introdotta in un libro di divulgazione scientifica destinato al grande pubblico ne fa dimezzare le vendite. Probabilmente ciò è vero. In un argomento come la gravità è un po’ difficile evitare l’uso della matematica ma noi ci abbiamo provato; qualche citazione matematica è comunque presente nelle note che però possono essere tranquillamente saltate senza perdere di vista il filo conduttore del discorso.

 

L’ALBA DELLA MODERNA ASTRONOMIA

Fin dalla più remota antichità il cielo stellato ha attirato l’attenzione e la curiosità degli uomini; per tutta una serie di motivi sui quali non indagheremo l’uomo ha sempre osservato scrupolosamente il cielo e annotato i fenomeni che ivi capitavano.

A questi attenti osservatori non era sfuggito il fatto che le seimila stelle visibili ad occhio nudo sono fisse in cielo, cioè le loro posizioni relative non cambiano al passare del tempo (nota 3). Vi erano, però, delle vistose eccezioni: oltre al Sole e alla Luna altri cinque corpi simili a stelle mostravano un movimento sullo sfondo delle costellazioni. A questi cinque curiosi soggetti era stato dato il nome di pianeti (dal greco ‘stella errante’); i loro nomi moderni sono Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno.

Col tempo si affermò la concezione aristotelica del cosmo che vede la Terra al centro dell’universo e Luna, Sole, pianeti e stelle fisse che le ruotano attorno. Però questa visione del mondo fatica non poco a spiegare il movimento dei pianeti; infatti se i pianeti ruotassero attorno alla Terra il loro movimento dovrebbe essere semplice e ordinato. In realtà solo il Sole e la Luna si muovono in maniera regolare; al contrario i cinque pianeti si muovono in un modo molto strano compiendo delle vere e proprie evoluzioni e piroette in mezzo alle stelle fisse che sono difficilmente spiegabili dalla teoria aristotelica, a meno di non utilizzare soluzioni ad hoc.

La teoria di Aristotele sopravvisse fino al sedicesimo secolo quando un ormai famoso astronomo polacco, Niccolò Copernico (Torun 1473 – Frauenburg, oggi Frombark, 1543), si accorse che il moto dei pianeti diventava semplice e regolare se al centro del sistema solare ci fosse stato il Sole anziché la Terra. Tutte le stranezze osservate erano dovute al fatto che si cercava di descrivere il movimento dei pianeti a partire da un corpo, la Terra, anch’esso in movimento.

Queste idee furono portate avanti, fra gli altri, dall’astronomo tedesco Giovanni Keplero (Weil, oggi Weil der Stadt, 1571 – Ratisbona 1630) il quale, a partire dall’imponente mole di dati osservativi ottenuti dal suo maestro danese Thyco Brahe (Knudstrup 1546 – Praga 1601) prematuramente scomparso, scoprì le tre leggi che governano il moto dei pianeti attorno al Sole. Le leggi, note con il nome di Leggi di Keplero, sono le seguenti:

Prima Legge: l’orbita che un pianeta percorre attorno al Sole è un’ellisse; il Sole non si trova al centro dell’ellisse ma un po’ spostato, in un punto che i matematici chiamano ‘fuoco’.

Seconda Legge: il movimento del pianeta attorno al Sole avviene in modo tale che aree uguali vengano spazzate in tempi uguali.

Terza Legge: il periodo di rivoluzione del pianeta attorno al Sole e la sua distanza da esso non possono assumere dei valori qualsiasi ma sono legati da una precisa relazione matematica (nota 4).

La prima legge afferma che l’orbita di un pianeta, anziché essere circolare come sosteneva Copernico, è un ellisse. Come conseguenza della seconda legge abbiamo che la velocità di percorrenza dell’orbita è più alta quando il pianeta si trova nel punto più vicino al Sole (perielio) e più bassa quando, viceversa, il pianeta si trova nel punto più lontano (afelio). La terza legge, un po’ più complessa delle precedenti, porta alla conclusione che le velocità medie con le quali i pianeti orbitano attorno al Sole sono tanto più elevate quanto più i pianeti si trovano vicino al Sole.

Le tre leggi di Keplero, pur ricche di significato, sono però solamente descrittive; in altre parole ci danno una descrizione sul come si muovono i pianeti ma non ci danno nessuna informazione sul perché i pianeti si muovono in quel modo.

Comunque le risposte a questi e ad altri quesiti non avrebbero tardato molto ad arrivare.

 

LA TEORIA DELLA GRAVITAZIONE UNIVERSALE

Isaac Newton (Woolsthorpe 1642 – Londra 1727) nacque nello stesso anno in cui, in Italia, si spegneva un altro grande genio, Galileo Galilei (Pisa 1564 – Arcetri 1642).

Gli studi e le opere di Newton sono stati fondamentali per lo sviluppo della matematica, della fisica, dell’astronomia, dell’ottica ed è praticamente impossibile descrivere in poche pagine tutti i contributi al progredire della scienza dovuti a questo grande scienziato. Noi ci limiteremo ad accennare al contributo più importante nel campo dell’astronomia: la teoria della gravitazione universale, una delle più alte vette raggiunte dal pensiero umano.

Secondo una storia ormai famosa un giorno Newton era assorto nei suoi pensieri mentre contemplava la Luna. Una domanda assillava da tempo il grande scienziato: come mai il nostro satellite rimane continuamente ancorato alla Terra anziché scivolare via e allontanarsi per sempre nel buio degli spazi siderali? In quell’occasione mentre Newton stava rimuginando ancora una volta su quel problema una mela si staccò da un albero e cadde per terra con un tonfo distogliendo per un attimo il nostro dai suoi pensieri. E qui la grande intuizione: non poteva essere che la causa che fa cadere gli oggetti a terra è la stessa che tiene legata la Luna alla Terra?

Partendo da questa idea e dalle caratteristiche del movimento dei pianeti (descritte mirabilmente dalle leggi di Keplero) Newton arrivò alla conclusione che in natura deve esistere una forza universale di tipo attrattivo che agisce su tutti i corpi, dalle mele al Sole e ai pianeti. Più precisamente la forza di attrazione che si sprigiona fra due corpi è direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza (nota 5) . Questa forza fu chiamata forza di gravità.

Attorno a questo punto importantissimo Newton costruì una teoria molto potente ed elegante, la teoria della gravitazione universale, grazie alla quale è possibile studiare con estrema precisione il movimento di un qualsiasi corpo soggetto alla forza di gravità, dalle mele che cadono al movimento delle stelle, dei pianeti e delle comete. Le leggi di Keplero sono una naturale conseguenza di questa teoria, in particolare delle caratteristiche matematiche della forza di gravità.

La teoria della gravitazione universale è una delle teorie più precise che esistono; ancora oggi essa è di fondamentale importanza oltre che per lo studio dei corpi celesti anche lo studio del movimento dei satelliti artificiali e delle sonde interplanetarie.

 

ALLA GRAVITÀ OGNI TANTO PIACE GIOCARE

Veniamo adesso a descrivere alcuni interessanti e curiosi fenomeni che sono una diretta conseguenza della gravità.

La caduta dei corpi al suolo

È noto a tutti che se noi solleviamo un oggetto con una mano e poi molliamo la presa questo cade per terra con una certa velocità; il fenomeno è attribuibile alla forza di gravità esercitata dal nostro pianeta sull’oggetto in questione.

Ma cosa succede se noi lasciamo cadere dalla stessa altezza e nello stesso istante due corpi di forma e composizione diverse (per esempio un sasso e una piuma)? I due corpi cadranno al suolo con la stessa velocità nello stesso istante o con velocità diverse in istanti diversi?

Se noi realizziamo un esperimento del genere nei nostri laboratori senza particolari precauzioni il risultato è scontato: il sasso giunge al suolo molto prima della piuma. Ma questo risultato non ci deve trarre in inganno; infatti, oltre alla forza di gravità, sui due corpi agisce anche la resistenza dell’aria che dipende fortemente dalla forma del corpo in questione.

Di conseguenza il quesito che ci siamo posti deve essere riformulato nella seguente maniera: trascurando la resistenza dell’aria (cioè operando in assenza di atmosfera), due corpi di forma e composizione diversa lasciati cadere contemporaneamente dalla stessa altezza arrivano al suolo nello stesso istante oppure no?

Già Galileo Galilei aveva intuito che la risposta è affermativa: corpi diversi cadono con la stessa velocità e, se lasciati cadere contemporaneamente dalla stessa altezza, arrivano al suolo nel medesimo istante.

Si dice che Galileo abbia effettuato diversi esperimenti lasciando cadere ogni sorta di oggetti dalla torre di Pisa ma questa sua convinzione derivava da un cosiddetto ‘esperimento mentale’. Un esperimento mentale è un esperimento che per un motivo o per un altro è impossibile realizzare fisicamente e quindi viene solamente immaginato e portato avanti con il solo pensiero.

Galileo fece un ragionamento ‘per assurdo(nota 6) e suppose che due corpi di peso diverso lasciati cadere contemporaneamente dalla stessa altezza arrivino al suolo con velocità diverse in istanti diversi; in particolare Galileo suppose, come l’esperienza comune lascerebbe immaginare, che il corpo più pesante si muova più velocemente e arrivi al suolo prima del corpo più leggero. Galileo proseguì a ragionare nella seguente maniera: supponiamo di legare il corpo pesante a quello leggero tramite un sottilissimo filo e chiediamoci se il nuovo corpo costituito da corpo pesante, corpo leggero e funicella lasciato cadere dalla medesima altezza arriva al suolo prima o dopo il solo corpo pesante.

Se i corpi più pesanti cadono al suolo più velocemente di quelli leggeri allora il nuovo sistema composito deve arrivare al suolo più lentamente del solo corpo pesante; infatti nel sistema composito il corpo pesante viene frenato, tramite il filo, dal corpo leggero che tende a rimanere indietro. Però è anche vero che il sistema corpo pesante, corpo leggero e filo è più pesante del solo corpo pesante e quindi deve cadere al suolo più velocemente. Siamo quindi arrivati alla conclusione assurda che il sistema composito deve cadere al suolo più lentamente e allo stesso tempo più velocemente del solo corpo pesante; di conseguenza l’ipotesi iniziale di partenza che corpi differenti cadono al suolo con differenti velocità è da considerarsi falsa.

Con questo semplice, ma allo stesso tempo potente, ragionamento Galileo arrivò all’importantissima conclusione che tutti i corpi cadono al suolo con la medesima velocità e, se lasciati cadere dalla medesima altezza nello stesso istante, arrivano a terra contemporaneamente; tutto questo quattrocento anni fa.

Oggi questo risultato è stato brillantemente confermato da esperimenti condotti sottovuoto nei laboratori terrestri e da un suggestivo e spettacolare esperimento condotto sulla Luna (dove non c’è atmosfera) dagli astronauti di una missione Apollo il cui filmato è stato poi trasmesso in tutto il mondo.

Il movimento dei satelliti artificiali

Lo spazio intorno al nostro pianeta è più trafficato di una tangenziale nell’ora di punta. Infatti l’uomo ha immesso in orbita attorno alla Terra innumerevoli satelliti artificiali per scopi scientifici, tecnici e militari.

Talvolta capita che qualche satellite precipita al suolo; ciò può avvenire perché il satellite può essere ostacolato nel suo movimento dall’attrito con le propaggini più esterne della nostra atmosfera. A causa di questo attrito il satellite perde energia, tende a posizionarsi su un’orbita più bassa (cioè più vicina alla Terra) e contemporaneamente tende ad aumentare la propria velocità di rivoluzione; è evidente che se il satellite si avvicina alla Terra incontra strati di atmosfera sempre più densi che provocano ulteriori abbassamenti dell’orbita. Si innesca così un movimento a spirale che porta il satellite su orbite sempre più basse e veloci fino alla sua disintegrazione per attrito oppure fino all’inevitabile schianto sulla superficie terrestre.

In questo fenomeno ciò che a prima vista sembra molto strano è il fatto che un’azione frenante come l’attrito con l’atmosfera ha come effetto quello di aumentare la velocità del satellite. Ciò contrasta con la nostra esperienza di tutti i giorni la quale ci dice che l’attrito ha come effetto il rallentamento e il conseguente arresto dei corpi in movimento. Per esempio, se ad una automobile lanciata a tutta velocità viene a mancare l’azione propulsiva del motore questa gradualmente rallenta fino a fermarsi a causa dell’attrito con l’aria e con l’asfalto.

Attenzione, però, che la comune esperienza può trarci in inganno (come nel caso della caduta degli oggetti al suolo); il paragone con l’automobile non è appropriato poiché in questo caso la gravità è equilibrata dalla reazione uguale e contraria esercitata dall’asfalto mentre invece ciò non accade nel caso del satellite.

L’aumento della velocità di rivoluzione del satellite all’abbassarsi dell’orbita può essere intuitivamente compreso ricordando la terza legge di Keplero la quale ha come conseguenza il fatto che più vicino al Sole orbita un pianeta e più alta è la sua velocità di rivoluzione, come se il pianeta avesse la tendenza ad aumentare la propria velocità per cercare di sottrarsi all’attrazione gravitazionale del Sole che aumenta al diminuire della distanza (nota 7) .

Notiamo che se il satellite, anziché essere ostacolato, viene agevolato nel suo movimento orbitale (per esempio riceve una spinta in direzione del suo moto da un razzo), la sua energia aumenta ed esso si posizionerà su un’orbita più alta , cioè più lontana dalla Terra, con una conseguente diminuzione della sua velocità orbitale.

Perché la Luna si allontana?

Forse non tutti sanno che la Luna si allontana gradualmente dalla Terra con una velocità di circa tre centimetri all’anno. Questo fenomeno ha una spiegazione molto semplice.

Tutte le persone che hanno l’abitudine di fare passeggiate lungo le nostre spiagge avranno notato che a volte l’acqua del mare si ritira di alcune decine di metri lasciando scoperti ampi tratti di fondale marino. Lo scrivente è una di queste persone e non manca mai di portare con sé una sportina di plastica poiché in queste occasioni può capitare di trovare notevoli quantità di gustosissimi frutti di mare.

Questi periodici saliscendi delle acque sono le maree che sono provocate dall’attrazione gravitazionale della Luna sulla Terra. L’effetto risultante consiste in un innalzamento della superficie dei mari e degli oceani in direzione della Luna e in direzione diametralmente opposta (per ragioni di simmetria) e in un abbassamento nelle due direzioni perpendicolari alla congiungente Terra-Luna.

Succede però che il rigonfiamento delle masse acquatiche non giace esattamente lungo la congiungente Terra-Luna ma viene a trovarsi leggermente spostato in avanti, in direzione del movimento di rotazione del nostro pianeta. Ciò avviene perché il periodo di rotazione della Terra su se stessa (giorno terrestre) è molto più breve del periodo di rivoluzione della Luna attorno alla Terra (mese lunare).

Per questo motivo l’attrazione della Luna sul rigonfiamento tende a frenare la rotazione della Terra con un conseguente aumento della durata del giorno; viceversa l’attrazione del rigonfiamento delle acque sulla Luna presenta una piccola componente in direzione del moto del nostro satellite, come se la Luna ricevesse continuamente una piccola spinta in avanti. A causa di questa spinta la Luna tende a posizionarsi su orbite sempre più alte, cioè si allontana.

Questo vuol forse dire che la Luna è destinata ad allontanarsi indefinitamente dalla Terra fino a diventare un piccolo pianeta indipendente? No. Quando il giorno terrestre arriverà ad avere la stessa durata del mese lunare la Terra rivolgerà alla Luna sempre la stessa faccia; di conseguenza i rigonfiamenti delle masse acquatiche, dovuti alle maree, verranno a trovarsi esattamente sulla congiungente Terra-Luna cosicché verrà a mancare sia l’effetto frenante sulla rotazione nostro pianeta che la piccola spinta sul nostro satellite e il sistema Terra-Luna si stabilizzerà (nota 8) .

I satelliti pastori

Saturno, anche quando viene osservato con un piccolo telescopio amatoriale, offre uno spettacolo indimenticabile; il pianeta è infatti circondato da uno splendido e suggestivo sistema di anelli.

Gli anelli, però, non sono una prerogativa di questo pianeta. Nel 1977, in occasione di una occultazione stellare, fu scoperto che anche Urano possiede un sistema di anelli invisibili da Terra; gli anelli di Urano sono molto opachi e incredibilmente sottili.

Ed ecco sopraggiungere i primi rompicapi per gli astronomi; infatti gli anelli non sono una struttura compatta ma ognuno di essi è formato da una moltitudine di particelle più o meno grandi in orbita attorno al pianeta. Non era quindi chiaro per nulla come facciano gli anelli ad essere così stabili; in linea teorica le particelle che costituiscono ogni anello si sarebbero dovute disperdere nello spazio già da parecchio tempo a causa degli urti e delle collisioni reciproche.

Una possibile soluzione del problema fu proposta nel 1979 da P. Goldreich e S. Tremaine del California Institute of Technology; secondo questa ipotesi la stabilità di ogni anello viene garantita dalla presenza di due piccoli satelliti, troppo piccoli per potere essere osservati da Terra, i quali girano su un’orbita esterna e su una interna all’anello stesso. L’interazione gravitazionale dei due satelliti confina le particelle dell’anello in una fascia molto ristretta.

I due presunti satelliti furono chiamati shepherds (dall’inglese ‘pastori’) mentre invece in Italia si preferì chiamarli ‘carabinieri’; due denominazioni diverse per esprimere lo stesso concetto: i due satelliti fanno la guardia alle particelle dell’anello.

Il meccanismo è, almeno in linea di principio, molto semplice. Vediamo il comportamento del satellite esterno; questo satellite si muove più lentamente rispetto ad una particella dell’anello e quindi viene avvicinato, raggiunto e superato dalla particella stessa. Quando la particella si avvicina al satellite essa viene attratta, viene cioè agevolata nel suo movimento, ed è come se ricevesse una spinta; di conseguenza la particella allarga la propria orbita e si avvicina al satellite. Quando la particella supera il satellite l’attrazione si trasforma in un freno e la particella abbassa la sua orbita; l’effetto finale (decisamente curioso per una forza attrattiva) è una repulsione della particella da parte del satellite esterno.

Il satellite interno si comporta esattamente nella stessa maniera; questa volta è il satellite che si muove più velocemente della particella. Quando il satellite si avvicina alla particella la sua attrazione funge da freno e la particella abbassa la sua orbita e si avvicina al satellite; quando il satellite supera la particella l’attrazione diventa un traino e la particella alza la sua orbita e si allontana dal satellite. Ancora una volta l’effetto finale consiste in una repulsione della particella da parte del satellite interno.

In questa maniera l’azione repulsiva dei due satelliti carabinieri confina le particelle dell’anello in una ristrettissima regione.

Sarà poi vero? Non sappiamo se questa teoria vale per tutti i tipi di anelli (anche per quelli scoperti in seguito attorno a Nettuno e a Giove) ma la sonda Voyager 2, che negli anni fra il 1979 e il 1990 ha sorvolato i quattro pianeti giganti del sistema solare, ci ha inviato alcune spettacolari immagini di due coppie di piccoli satelliti; la prima coppia consiste di due satelliti che ruotano all’esterno e all’interno dell’anello F di Saturno mentre la seconda coppia fa la guardia all’anello Epsilon di Urano.

I satelliti carabinieri sono quindi una realtà.

 

EPILOGO

Nel 1968 una navicella con equipaggio umano, l’Apollo 8, entrò per la prima volta in orbita attorno alla Luna. Il successo della manovra fu coronato da un applauso al centro per il controllo della missione dopodiché fu annunciato ai giornalisti, forse per toglierseli dai piedi, che i tre astronauti, dopo il completamento della manovra, erano andati a riposare.
Un giornalista fece allora una domanda che suonava così: «Ma allora, se gli astronauti sono andati a dormire, chi guida la capsula in questo momento?»
La risposta fu: «Newton!».

Questo curioso aneddoto ci fa capire la grande potenza della teoria della gravitazione universale. Eppure verso la fine del diciannovesimo secolo si scoprì che questa superba teoria era incapace di spiegare correttamente alcuni fenomeni che avvenivano in presenza di forti campi gravitazionali, come nelle immediate vicinanze del Sole oppure nei pressi di un buco nero.

Nel 1916 Albert Einstein (Ulm 1879, Princeton 1955) pubblicò la ‘Teoria della Relatività Generale’, un altro capolavoro dell’inventiva e della creatività umana, nella quale la gravità viene descritta non più come forza ma come effetto sui corpi in movimento della curvatura dello spazio. Questa nuova teoria, che in presenza di campi gravitazionali poco intensi si riduce a quella di Newton, é in grado di descrivere correttamente tutti quei fenomeni che mettevano in crisi la teoria della gravitazione universale.

Anche alla gravità di tipo einsteiniano ogni tanto piace giocare ... ma questa è tutta un’altra storia.

 

 

Monografia n.78-2002/5

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Note a “Alla scoperta della gravità

 

1 - si pensi ad esempio alle bizzarre e spettacolari evoluzioni di una navetta in movimento sulle montagne russe.

 

2 - grazie agli studi sulle interazioni gravitazionali all’interno dei grandi ammassi di galassie noi sappiamo che solo il dieci per cento di tutta la materia presente nell’universo è rappresentata dalla materia visibile (cioè stelle e galassie); il restante novanta per cento deve esistere sotto forma di materia oscura la cui natura non è ancora ben chiara.

 

3 - questo è vero solo per periodi tempo non troppo lunghi; per esempio duemila anni fa l’aspetto del Grande Carro era identico a quello attuale ma 150 mila anni fa e fra 150 mila anni la disposizione delle sette stelle di questa famosa costellazione era e sarà completamente diversa da quella di oggi. Infatti tutte le stelle posseggono dei moti propri che le portano a vagabondare all’interno della galassia.

 

4 - più precisamente il rapporto fra il cubo del semiasse maggiore dell’orbita A e il quadrato del periodo di rivoluzione P è costante: A3/P2=K.

 

5 - da un punto di vista matematico due corpi di massa M1 e M2 separati da una distanza R si attirano con forza F pari a: F = GM1M2/R2 dove G è una costante fondamentale della natura pari a
6,67 x 10-11 Nm2kg-2.
Nel caso di tre o più corpi le cose si complicano ma il principio rimane invariato.

 

6 - il ragionamento per assurdo consiste nel supporre vero il contrario di ciò che si vuole dimostrare; se questa supposizione porta a delle conclusioni assurde allora il contrario di ciò che si vuole dimostrare è palesemente falso e ciò che si vuole dimostrare corrisponde a verità.

 

7 - da un punto di vista matematico si ricava che, nel caso semplificato di un’orbita circolare, la velocità media orbitale V del satellite è inversamente proporzionale alla radice quadrata del raggio dell’orbita R. Abbiamo cioè: V = KR-1/2 dove K è una costante di proporzionalità.
L’attrito con l’atmosfera ha come effetto la diminuzione dell’energia meccanica del satellite (energia cinetica + energia potenziale) cosicché il satellite si posiziona su un’orbita più bassa, cioè più vicina alla Terra. Ricordando allora la dipendenza fra velocità orbitale e raggio dell’orbita notiamo che al diminuire del raggio deve corrispondere un aumento della velocità. Siccome l’energia totale del satellite diminuisce, l’aumento di energia cinetica dovuto all’aumento della velocità è compensato con una diminuzione più grande di energia potenziale.

 

8 - ciò dovrebbe avvenire fra parecchie decine di miliardi di anni quando giorno terrestre e mese lunare dovrebbero assestarsi su un valore pari a 47 giorni terrestri attuali. Viene usato il condizionale poiché, secondo le teorie attuali, fra circa cinque miliardi di anni il Sole terminerà la propria esistenza; prima della fine la nostra stella attraverserà lo stadio di gigante rossa durante il quale gli strati esterni del Sole si espanderanno fino a inglobare l’orbita di Marte e il sistema Terra-Luna finirà incenerito prima di avere il tempo di stabilizzarsi.

 

Monografia n.78-2002/5


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