di Marco Marchetti
INTRODUZIONE
Una sera di molti anni fa stavo guardando per televisione un film d’azione insieme a mio padre quando la nostra attenzione fu catturata da uno spettacolare inseguimento di un uomo da parte di un altro sul tetto dei vagoni di un treno lanciato a forte velocità. L’inseguimento avveniva in direzione del movimento del treno e, ad un certo punto, la telecamera indugiò sul salto che l’inseguitore (o l’inseguito) spiccò per passare da un vagone all’altro.
« Non è reale ! » disse a quel punto il genitore. « Non è possibile saltare da un vagone all’altro di un treno in corsa perché chi salta dovrebbe rimanere indietro rispetto al treno ».
Questa è una classica osservazione (sbagliata!) dettata dal senso comune; in realtà sul tetto di un treno in corsa noi possiamo fare (in linea di principio) tutto quello che facciamo sul pavimento di casa nostra o su una pista di atletica o in un qualunque altro posto purché il treno si muova con velocità rettilinea ed uniforme. Ciò era già stato intuito e formulato da Galileo Galilei (1564 - 1642) con il suo celebre principio di relatività il quale afferma che: è impossibile attraverso esperimenti di tipo meccanico stabilire la velocità con cui si sta muovendo il sistema di riferimento al quale siamo solidali. Per esempio, se stiamo viaggiando su una nave o su una automobile, è impossibile determinarne la velocità studiando le oscillazioni di un pendolo oppure il movimento di una pallina su un piano inclinato, che sono classici fenomeni di tipo meccanico.
In altre parole: le leggi della meccanica sono indipendenti dal sistema di riferimento purché questo si muova con velocità rettilinea ed uniforme, come già specificato in precedenza nel caso del treno.
Albert Einstein (1879 - 1955) estenderà questo principio a tutte le leggi della fisica e a tutti i sistemi di riferimento (anche quelli in movimento accelerato).
Allora non cercai di spiegare il principio di relatività galileiana a mio padre; tentai solo di fargli capire che era nel torto facendogli notare che il nostro pianeta, a causa del suo movimento intorno al Sole, si muove alla velocità di trenta chilometri al secondo.
Quindi se siamo capaci di saltare sulla Terra senza rimanere indietro perché non potrebbe essere possibile farlo su un treno che, rispetto al nostro pianeta, si muove molto più lentamente?
Non so se riuscii a convincerlo.
Sta di fatto che l’essere fermi è una pura illusione.
La Terra si muove a velocità folle (almeno rispetto ai nostri standard) nello spazio trascinandosi dietro tutto il suo carico di vita.
UNA RIVOLUZIONE PACIFICA
Mi ricordo che alle scuole elementari era frequente una curiosa domanda: qual è l’unica rivoluzione pacifica esistente? La risposta era: il movimento di rivoluzione della Terra intorno al Sole.
L’idea che il nostro pianeta ruoti attorno al Sole e non viceversa, generalmente attribuita a Niccolò Copernico (1473 - 1543), è già presente nel pensiero di alcuni scienziati dell’antica Grecia.
Il più famoso di loro è Aristarco di Samo (310 - 230 a.C.); di lui Archimede (287 - 212 a.C.) ci dice:
…Aristarco ha pubblicato un libro contenente certe ipotesi da cui appare, come conseguenza delle assunzioni fatte, che l'universo è molte volte più grande dell'universo appena citato.
Le sue ipotesi sono che il sole e le stelle fisse restano ferme, che la terra gira intorno al sole sulla circonferenza di un cerchio di cui il sole occupa il centro, e che la sfera delle stelle fisse, situata intorno allo stesso centro, è così grande che il cerchio in cui egli suppone che la terra si muova dista dalle stelle fisse tanto quanto il centro della sfera dista dalla sua superficie….
Inoltre Aristarco con metodi puramente geometrici (poiché era digiuno di trigonometria) era riuscito a calcolare con una certa precisione la distanza della Luna in unità del diametro terrestre. Siccome le dimensioni del nostro pianeta erano state dedotte grazie alla genialità e all’intuizione di Eratostene di Cirene (276 - 194 a.C.), la distanza del nostro satellite era già nota nel secondo secolo a.C.
Le idee di Aristarco furono in seguito soppiantate da quelle di astronomi più famosi come Ipparco di Nicea (190 - 120 a.C.) e Claudio Tolomeo (100 - 170 d.C.); in particolare quest’ultimo fu l’ideatore del famoso sistema geocentrico tolemaico che dominò la scena astronomica fino all’avvento di Copernico.
Il sistema di Tolomeo pone la Terra al centro del cosmo (che allora si riduceva al sistema solare fino a Saturno) con Sole, pianeti e stelle fisse che le ruotano attorno; nonostante una certa complessità strutturale questo sistema riesce a prevedere il movimento dei pianeti in maniera molto accurata.
Bisognerà aspettare 1.500 anni e uomini del calibro di Copernico (1473 - 1543), Thyco Brahe (1546 - 1601), Giovanni Keplero (1571 - 1630) e Galileo Galilei (1564 - 1642) per rimettere ogni cosa al giusto posto.
Oggi noi sappiamo che la Terra dista mediamente dal Sole 150 milioni di chilometri; supponendo che l’orbita terrestre sia circolare (non è vero ma ci sbagliamo di poco) scopriamo con un semplice calcolo che ogni anno il nostro pianeta percorre 942 milioni di chilometri alla velocità di trenta chilometri al secondo pari a 108 mila chilometri all’ora.
Una bella velocità, non c’è che dire, ma non è tutto. Infatti la Terra è legata dalla gravità al Sole e la nostra stella è tutt’altro che ferma nello spazio. Vediamo di conoscerne meglio i movimenti.
STELLE FISSE, MA NON TROPPO
Un occhio bene allenato e in ottima forma riesce a scorgere in condizioni ideali di buio circa seimila stelle. Gli antichi astronomi le avevano chiamate stelle fisse poiché le loro posizioni relative non cambiano al passare del tempo al contrario di quello che succede per i pianeti (le stelle erranti) i quali, giorno dopo giorno, si muovono sullo sfondo delle stelle fisse.
In realtà le posizioni delle stelle appaiono immutabili solo se si prendono in considerazione periodi non troppo lunghi (in senso astronomico); infatti ogni stella è caratterizzata da un moto proprio che la porta a muoversi nello spazio.
Le distanze stellari, però, sono talmente grandi che gli spostamenti diventano percettibili solo dopo periodi molto lunghi (migliaia, decine di migliaia o addirittura centinaia di migliaia di anni).
La stella con moto proprio più evidente è la cosiddetta Stella di Barnard, una piccola stella di colore rosso distante sei anni luce invisibile ad occhio nudo, che si sposta al ritmo di dieci secondi d’arco all’anno; ciò significa che in 180 anni copre una distanza pari al diametro della Luna piena.
Ovviamente il Sole non fa eccezione. Gli astronomi hanno da tempo scoperto che la nostra stella si muove in direzione di un punto (denominato apice) situato fra la stella Vega e la stella Mi Herculis alla velocità di venti chilometri al secondo; in virtù di questo movimento il Sole percorre ogni anno la bellezza di 630 milioni di chilometri.
Ma non è tutto.
Il Sole, insieme a tutte le stelle visibili ad occhio nudo e a miliardi di altre non percettibili dall’occhio privo di strumenti, si trova all’interno di un gigantesco sistema a forma di disco che si chiama Galassia. La Galassia ha un diametro stimato intorno ai centomila anni luce e contiene dai cento ai duecento miliardi di stelle; il Sole si trova a circa trentamila anni luce dal centro. La Galassia, come tutto il resto dell’universo, ruota e fa un giro su se stessa ogni 226 milioni di anni; il Sole viene ovviamente trascinato e partecipa anch’esso a questo movimento.
Facendo qualche semplice conticino troviamo che il Sole, a causa del movimento di rotazione della galassia, percorre ogni anno quasi otto miliardi di chilometri alla velocità di 250 chilometri al secondo.
ALLA DERIVA NEL COSMO
Fino ai primi decenni del 1900 era convinzione diffusa fra gli astronomi che la nostra galassia rappresentasse l’intero nostro universo; ma non tutti la pensavano così.
Il motivo del contendere era la Nebulosa di Andromeda, una piccola nuvoletta di colore biancastro a malapena visibile ad occhio nudo nell’omonima costellazione, che la maggioranza degli astronomi riteneva essere una nube di gas interna alla nostra galassia mentre una minoranza sosteneva di avere sufficienti indizi per dimostrare che era una galassia esterna. È evidente che la portata di quest’ultima posizione era enorme: si affermava implicitamente l’esistenza di altre galassie e di un universo molto più vasto di quanto sospettato fino a quel momento.
Nel 1924 l’entrata in funzione del telescopio di Mount Wilson, allora il più grande del mondo, pose fine alla contesa.
Attraverso lo specchio di quel poderoso strumento la Nebulosa di Andromeda mostrò una ricchezza di particolari tale che fu possibile per gli astronomi il calcolo della sua distanza che risultò essere enormemente grande, almeno per gli standard di quei tempi.
I dubbi svanirono come nebbia al sole: la Nebulosa di Andromeda, battezzata da quel momento Galassia di Andromeda, risultò essere una galassia esterna e le dimensioni dell’universo conosciuto aumentarono a dismisura. Analogamente alla galassia di Andromeda mostrarono la loro vera identità anche le nubi di Magellano, due vistosi oggetti visibili dall’emisfero australe che sembrano due pezzi isolati di Via Lattea, e molti altri piccoli oggetti di aspetto nebulare che fino a quel momento erano stati considerati come facenti parte della nostra galassia; in particolare le nubi di Magellano risultarono essere due piccole galassie di forma irregolare satelliti della nostra. Gli astronomi scoprirono così che oltre al mondo delle stelle ne esisteva un altro decisamente più suggestivo ed affascinante: il mondo delle galassie.
Oggi noi sappiamo che le galassie sono i mattoni fondamentali che costituiscono il nostro universo e che la nostra è solo una fra le tante; il numero di quelle attualmente conosciute ammonta a circa cento miliardi.
Le galassie hanno la tendenza a raggrupparsi in ammassi e, su scala più grande, in ammassi di ammassi (super-ammassi); la nostra galassia non fa eccezione: essa appartiene ad un piccolo gruppo, denominato gruppo locale, che conta circa trentacinque unità; la galassia di Andromeda, se si escludono le nubi di Magellano, è quella più vicina e anche quella più grande.
Un altro ammasso molto più numeroso del nostro è quello della Vergine; esso contiene migliaia di galassie e un’occhiata con un modesto telescopio nella zona di cielo compresa fra la costellazione della Vergine e quella della Chioma di Berenice ne mostrerà a decine.
È chiaro a questo punto che i nostri vagabondaggi nello spazio non sono finiti; infatti, a causa delle interazioni gravitazionali fra galassie vicine, la nostra galassia si sta avvicinando alla velocità di circa cinquanta chilometri al secondo a quella di Andromeda con la conseguenza che fra quache miliardo di anni le due si fonderanno per formare un’unica super galassia.
Inoltre il gruppo locale si sta muovendo in direzione del grande ammasso della Vergine con una velocità compresa fra 100 e 400 chilometri al secondo.
Infine ci sono forti indizi che il grande ammasso della Vergine e tutti gli ammassi limitrofi (gruppo locale compreso) si stanno muovendo alla velocità di 600 chilometri al secondo in direzione di un punto, situato fra le costellazioni australi dell’Idra e del Centauro e denominato Grande Attrattore, che si trova a circa 180 milioni di anni luce di distanza dove sembra essere presente una abnorme concentrazione di materia equivalente a circa centomila galassie (ma la questione è ancora controversa).
EPILOGO
Alla luce di quanto detto finora appare chiaro che la velocità di un treno in corsa è ben poca cosa rispetto alle velocità in gioco nell’universo.
Notiamo però che tutte le volte che abbiamo citato un particolare movimento abbiamo sempre riferito rispetto a che cosa avviene quel movimento: ad esempio il moto della Terra rispetto al Sole, del Sole rispetto al centro della Galassia o della Galassia rispetto all’ammasso della Vergine o del Grande Attrattore.
Questa relatività del moto ci porta ad una curiosa considerazione; prendiamo ad esempio il movimento della Terra intorno al Sole.
Rispetto alla nostra stella è il nostro pianeta che si muove ma, rispetto alla Terra, è il Sole che viene a trovarsi in movimento compiendo un giro del cielo una volta all’anno lungo una traiettoria che gli astronomi chiamano eclittica posizionata in corrispondenza delle dodici costellazioni dello zodiaco; quindi il movimento assoluto non esiste!.
È in quest’ottica che trova piena legittimità il principio di relatività galileiana: essendo il movimento qualcosa di relativo è evidente che non può essere avvertito.
Le cose andrebbero molto diversamente se anziché considerare movimenti rettilinei ed uniformi avessimo a che fare con movimenti accelerati; la variazione di velocità è chiaramente avvertibile (come ha sperimentato chiunque si sia trovato su un autobus durante una brusca frenata senza essersi aggrappato alle opportune maniglie) ma questo è tutto un altro film.
Monografia n.103-2005/3
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