UNO SGUARDO SULL'INFINITO
VIAGGIO AI CONFINI DELL'UNIVERSO
di Marco Marchetti

 

INTRODUZIONE

« Per ogni matematico
esiste un senso di infinito
nel dar la caccia ai numeri
già sfuggenti di per sé ...
»
Per ogni matematico
Angelo Branduardi, cantautore

À1 = 2À0
Ipotesi del continuo
Georg Cantor (1845 - 1918), matematico

 

Dopo un ricovero durato sette mesi presso la Halle Nervenklinik, una clinica psichiatrica universitaria della città tedesca di Halle, il ritratto di Georg Ferdinand Ludwig Philipp Cantor6 gennaio 1918 un attacco cardiaco pose fine alla vita terrena di Georg Ferdinand Ludwig Philipp Cantor, uno dei più grandi matematici dell'ottocento. Cantor fu il padre della teoria degli insiemi, che costituisce le fondamenta della matematica, e fu il primo studioso dell'infinito; grazie a lui l'infinito fu portato da una dimensione mistico-religioso ad una dimensione puramente matematica.

Al momento della morte, però, il grande studioso era l'ombra di se stesso; era un uomo stanco, distrutto nel fisico e, soprattutto, nella mente poiché aveva da tempo perso il lume della ragione. Non era la prima ritratto di Leopold Kronecker (1823 - 1891)volta che veniva ricoverato alla Halle Nervenklinik; altre volte era stato ricoverato e poi dimesso e i suoi problemi mentali erano iniziati molto prima del suo primo ricovero. La patologia era una profonda depressione con manie di persecuzione; le cause dell'insorgere della malattia sono sconosciute. Forse il rapporto con un padre autoritario che pretendeva da lui sempre il massimo, forse la frustrazione di avere sempre insegnato in una università (quella di Halle) non di prima grandezza, forse l'attesa snervante per una chiamata a ricoprire una cattedra in una università più prestigiosa (una cosa che lui sentiva disperatamente di meritare) che non arrivò mai o forse i violenti scontri con matematici più influenti e potenti che gli boicottarono sistematicamente l'accesso alle università più famose e la pubblicazione dei suoi lavori (il più feroce fu Leopold Kronecker (1823 - 1891) il quale considerava Cantor "un corruttore della gioventù").

ritratto di Zenone di Elea (489 aC - 430 aC)Non sappiamo come nacquero i problemi psichiatrici di Cantor; oltretutto le cartelle cliniche sono andate perdute. Solo una cosa è certa: durante i periodi di tempo che precedettero tutti i suoi ricoveri Cantor stava lavorando intensamente all'ipotesi del continuo, un difficilissimo problema che riguarda la natura matematica dell'infinito. L'infinito ha fatto vacillare le menti di scienziati e filosofi fin dai tempi di Zenone di Elea (489 aC - 430 aC), noto per i suoi famosi paradossi, e non si lascia domare tanto facilmente. Forse è proprio qui che bisogna indagare per capire che cosa è successo a Cantor: l'infinito potrebbe avere reclamato la sua vittima.

A quest'uomo e a tutti coloro che hanno messo a repentaglio la propria salute fisica e mentale per il bene della scienza è dedicata la presente monografia.

 

L'INFINITO NELLA REALTÀ

Credo che tutti noi abbiamo provato un senso di infinito tutte le volte che abbiamo alzato gli occhi al cielo durante una notte buia, senza Luna e soprattutto senza luci artificiali. L'immensità e la bellezza del cielo stellato ci danno l'impressione che il cosmo non abbia mai fine e che si estenda all'infinito in tutte le direzioni. Scientificamente parlando, le prime ipotesi sulla struttura dell'universo in cui viviamo furono formulate durante la prima metà del secolo scorso. Furono due le teorie che si contendevano le luci della ribalta: la Teoria dello Stato Stazionario e la Teoria del Big Bang.

Secondo la Teoria dello Stato Stazionario l'universo è infinito nello spazio ed eterno nel tempo e le sue caratteristiche sono sempre le stesse; l'universo non è mai nato, mai morirà, esiste da sempre ed esisterà per sempre senza cambiare mai.

Al contrario, secondo la Teoria del Big Bang l'universo nacque poco meno di quattordici miliardi di anni fa a partire da una specie di grande esplosione (il Big Bang, Grande Scoppio in inglese) durante la quale si originarono spazio, tempo, materia ed energia. Secondo questa teoria l'universo non è infinito nello spazio nè tantomeno eterno nel tempo.

Qualsiasi teoria che intenda spiegare la struttura dell'universo deve fare i conti con la sua espansione. Nel 1929 il grande astronomo americano Edwin Hubble scoprì che l'universo si sta espandendo allo stesso modo con cui si espande un palloncino di gomma in cui venga pompata dell'aria.

La scoperta dell'espansione dell'universo è un indizio importante a favore della Teoria del Big Bang; infatti se l'universo si sta espandendo vuol dire che in passato era più piccolo. Quindi, immaginando di tornare indietro nel tempo, noi vedremmo un universo sempre più piccolo fino a quando tutta la materia e l'energia attuali erano confinati in un volume molto piccolo. Per la teoria del Big Bang la scoperta dell'espansione sembra proprio essere la ciliegina sulla torta. Però anche la Teoria dello Stato Stazionario riesce a convivere, anche se un po' a fatica, con l'espansione.
C'è comunque un grosso problema. Se l'universo si espande la materia diventa sempre più rarefatta e quindi la densità dell'universo tende a diminuire. La teoria, però, sostiene che le caratteristiche generali dell'universo sono sempre le stesse; di conseguenza la Teoria dello Stato Stazionario è costretta ad ipotizzare una creazione continua di materia, che avverrebbe negli spazi intergalattici, per mantenere invariata la densità.

Se la Teoria dello Stato Stazionario è quella giusta l'universo è infinito sia nello spazio che nel tempo. Ma che cosa significa un universo infinito nello spazio e nel tempo?
L'infinito non è semplicemente un numero grande, smisuratamente grande, talmente grande da sfidare qualsiasi immaginazione: l'infinito è qualcosa di concettualmente diverso. Analogamente un universo infinito nello spazio ed eterno nel tempo è un posto decisamente fuori dal comune in grado di sfidare anche la più fervida immaginazione e di far vacillare anche la mente più solida.

 

IL PARADOSSO DELLA REPLICAZIONE INFINITA

Immaginiamo un universo infinito spazialmente cioè un universo che si estende all'infinito in qualunque direzione lo si osservi. Supponiamo di muoverci lungo una direzione qualsiasi a velocità altissima; dopo un tempo infinitamente grande avremo percorso una distanza infinitamente grande ma davanti a noi avremo ancora una lunghezza infinita.

In un universo del genere qualunque cosa che ha una seppur minima probabilità di accadere deve accadere non una ma infinite volte; questa conclusione ha delle conseguenze veramente inquietanti. Vediamo un esempio: il famoso paradosso della replicazione infinita.

La probabilità che esista un'altra Terra con una copia di noi stessi che in questo momento stanno facendo le stesse cose che stiamo facendo noi ora è molto bassa ma non è zero. Di conseguenza, se l'universo è infinito, da qualche parte esiste sicuramente una copia della Terra con una copia di noi stessi che in questo momento stanno facendo le stesse cose che facciamo noi ora. Inoltre di queste copie non ne esiste una sola ma ne devono esistere infinite. Ma non è finita qui poiché continuando il ragionamento sulle probabilità ci accorgiamo che non solo devono esistere infinite copie della Terra con infinite copie di noi stessi che in questo momento stanno facendo le stesse cose che stiamo facendo noi ora ma devono per forza esistere anche infinite copie della Terra con infinite copie di noi stessi che in questo momento stanno facendo tutto ciò che non facciamo noi ora.

Ovviamente esisteranno infinite copie di noi stessi a qualunque età e quando noi non ci saremo più continueranno ad esistere infinite copie di noi stessi a qualunque età. Da questo punto di vista ognuno di noi vivrà per sempre.

Questo vale per noi e vale anche per tutti i mondi e per tutti gli esseri viventi, intelligenti o meno, che popolano il cosmo.

Immaginiamo adesso un universo eterno, cioè infinito nel tempo come quello ipotizzato dalla Teoria dello Stato Stazionario. Ovviamente il paradosso della replicazione infinita opera anche nella dimensione temporale: qualunque cosa che ha una seppur minima probabilità di accadere deve essere accaduta infinite volte nel passato e accadrà infinite volte nel futuro. Nulla è originale in un universo del genere: tutto è già accaduto infinite volte.

Se la vita ha una probabilità non nulla di nascere ed evolversi allora ciò deve essere già accaduto infinite volte. Questo ragionamento porta alla conclusione che un universo eterno dovrebbe letteralmente pullulare di vita (intelligente o meno); dovremmo quindi incontrare extraterrestri in ogni dove. Il fatto che di extraterrestri non ne abbiamo ancora incontrato alcuno potrebbe indicare il fatto che l'universo non è eterno oppure costituire un ulteriore paradosso.

Il paradosso della replicazione infinita e il suo universo popolato di cloni ha turbato il sonno di molti pensatori. Infatti il paradosso pone tutta una serie di problematiche che sconfinano persino nell'etica e nella religione. Che succederebbe se un giorno dovessimo incontrare un nostro sosia? Che dire del martirio di Gesù Cristo? Se è accaduto una volta sulla Terra è sicuramente accaduto infinite volte in infiniti altri posti. Perché adoperarci per fare del bene e per cercare di costruire una società più giusta quando in infiniti altri posti infinite copie di noi stessi agiscono in maniera esattamente opposta?

Si capisce allora che molti scienziati e filosofi farebbero volentieri a meno del paradosso della replicazione infinita. La maniera più semplice per evitare il paradosso è ammettere che l'universo sia finito sia nello spazio che nel tempo; se nonostante tutto l'universo dovesse essere infinito possiamo consolarci con il fatto che grazie alla finitezza della velocità della luce noi vedremmo una porzione di universo comunque finita. Inoltre la distanza che dovremmo percorrere per imbatterci in un nostro sosia oppure in una copia della Terra o addirittura in una copia della nostra porzione di universo è veramente molto ma molto grande, immensamente più grande delle dimensioni dell'universo osservabile.

Ma l'universo è davvero infinito? Non è che ci stiamo fasciando la testa prima di essercela rotta? Prima di cercare di rispondere a questa domanda andiamo a scoprire qualche altra proprietà dell'infinito, questa volta dell'infinito matematico. In altre parole andiamo a conoscere alcune delle più importanti scoperte di Cantor; prepariamoci poiché sono in arrivo altre sorprese.

 

L'INFINITO IN MATEMATICA

« Dio fece i numeri naturali; tutto il resto è opera dell'uomo. »
Leopold Kronecker (1823 - 1891), matematico

« La teoria di Cantor è una malattia, un bizzarro stato di malessere
dal quale la matematica un giorno guarirà.
»
Attribuita ad Henry Poincarè (1854 - 1912), matematico

« Nessuno ci caccerà dal paradiso che Georg Cantor ha aperto per noi. »
David Hilbert (1862 - 1943), matematico

Cantor è stato il padre della teoria degli insiemi; ad un certo punto della sua carriera il grande matematico cominciò a rivolgere la sua attenzione verso gli insiemi infiniti, cioè verso gli insiemi con un numero infinito di elementi.

L'insieme infinito con cui tutti noi abbiamo sicuramente avuto a che fare è la sequenza

1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, ...

cioè l'insieme dei cosiddetti numeri naturali che tutti quelli della mia generazione hanno imparato a conoscere e maneggiare durante la prima elementare. Una delle prime cose che si imparano è che la sequenza dei numeri naturali non ha fine; in altre parole non esiste un numero più grande di tutti gli altri. Infatti comunque grande si immagini un numero, è sufficiente aggiungere uno per ottenere un numero ancora più grande. L'insieme dei numeri naturali è quindi un insieme con un numero infinito di elementi.

Poniamoci adesso la seguente domanda: è più grande l'insieme di tutti i numeri naturali oppure l'insieme dei soli numeri naturali pari? Visto che i numeri pari sono la metà degli altri numeri la risposta sembra ovvia: l'insieme di tutti i numeri. In realtà se osserviamo con attenzione la prossima figura notiamo che i numeri pari possono essere messi in corrispondenza uno a uno con gli altri numeri.

1 ------> 2  
2 ------> 4  
3 ------> 6  
4 ------> 8  
5 ------> 10
6 ------> 12
. ------> ..  
. ------> ..  

Questo vuol dire che i due insiemi sono uguali! Lo stesso dicasi per i numeri dispari, i quadrati, i numeri divisibili per 10, etc, etc. Da questo semplice esempio emerge una importantissima proprietà degli insiemi infiniti: in un insieme infinito ogni parte di esso è uguale al tutto.

Adesso prendiamo in considerazione l'insieme dei numeri frazionari, denominati numeri razionali poiché si possono esprimere come il rapporto fra due numeri interi (per semplicità consideriamo solo i numeri positivi):

1/7,   4/5,   2/3,   456/11,   57/12345,   ...

Anche l'insieme dei numeri razionali è infinito poiché i suoi elementi sono tutte le possibili combinazioni di coppie di numeri interi anch'essi infiniti. A questo poniamoci la seguente domanda: è più grande l'insieme dei numeri naturali oppure l'insieme dei numeri razionali? Visto che l'insieme dei numeri razionali comprende tutte le possibili combinazioni di coppie di numeri interi può sembrare a prima vista che esso debba essere molto più grande. In realtà Cantor ha dimostrato che è possibile mettere in corrispondenza uno a uno i numeri razionali con i numeri naturali quindi i due insiemi sono uguali. Osserviamo attentamente la figura seguente: è una tabella a due dimensioni in cui sono elencati tutti i numeri razionali. Seguendo il percorso indicato dalle frecce vediamo che è possibile metterli in corrispondenza uno a uno con i numeri naturali senza perderne nemmeno uno.

Nonostante le apparenze l'insieme dei numeri razionali è grande quanto l'insieme dei numeri naturali.

Adesso prendiamo in considerazione i numeri irrazionali, così chiamati poiché non è possibile esprimerli come rapporto fra due numeri interi. Uno dei numeri irrazionali più noto è la radice quadrata del numero 2:

Per quanti sforzi noi facciamo, non riusciremo mai a trovare all'interno dell'insieme dei numeri naturali (che ricordiamo è infinito) due numeri il cui rapporto fornisce la radice quadrata di 2. La dimostrazione di questo fatto, che è considerata una delle più belle dimostrazioni di tutta la matematica, è riportata nell'appendice A.
I numeri irrazionali sono caratterizzati da una sequenza infinita e casuale di numeri dopo la virgola; l'insieme dei numeri razionali più quello dei numeri irrazionali costituisce l'insieme dei numeri reali.

A questo punto ci chiediamo nuovamente: è più grande l'insieme dei numeri reali oppure l'insieme dei numeri naturali? Come al solito i due insiemi sono uguali se riusciamo a mettere in corrispondenza uno a uno i numeri reali con i numeri naturali. Cantor ha dimostrato che ciò è impossibile.

Vediamo come ha fatto; la tecnica è sorprendentemente semplice.
Cantor ragionò in questo modo: ammettiamo che i due insiemi siano uguali, ammettiamo cioè che sia possibile mettere in corrispondenza uno a uno i numeri reali con i numeri naturali. Se è possibile facciamolo.
Elenchiamo allora tutti i numeri reali e mettiamoli in corrispondenza uno a uno con i numeri naturali.

0,25647865432... -> 1
0,08789086543... -> 2
0,13145654328... -> 3
4,56913534267... -> 4
9,74534209872... -> 5
0,93956478236... -> 6
.. .. .. .. .. .. .. .. .. ..    ..  .
.. .. .. .. .. .. .. .. .. ..    ..  .
.. .. .. .. .. .. .. .. .. ..    ..  .

Quando abbiamo finito costruiamo un numero irrazionale nel seguente modo: prendiamo la prima cifra del primo numero e le sommiamo uno, poi la seconda cifra del secondo numero e le sommiamo uno, la terza cifra del terzo numero e le sommiamo uno e così via.

1,14047...

Per come l'abbiamo costruito, questo nuovo numero irrazionale è sicuramente diverso da tutti gli altri e quindi, cosa più importante, non ha un corrispondente numero naturale associato. Questo vuol dire che i numeri reali non possono essere messi in corrispondenza uno a uno con i numeri naturali poiché sono più numerosi; in altre parole l'insieme dei numeri reali è più grande dell'insieme dei numeri naturali.

In questo modo Cantor dimostra che non esiste un solo tipo di infinito ma esistono più tipi di infinito; abbiamo infatti l'infinità dei numeri naturali e un altro tipo di infinità, quella dei numeri reali, molto più grande, cioè più densa, della precedente.

In realtà Cantor dimostrerà in seguito che esistono infiniti tipi di infinito (vedi appendice B).

A questo punto Cantor decide di mettere ordine a questi infiniti e cerca di capire in che rapporto stanno l'uno con l'altro. In particolare cerca di dimostrare che l'infinità dei numeri reali segue immediatamente quella dei numeri naturali allo stesso modo in cui il numero 2 segue immediatamente il numero 1. Questa congettura è stata chiamata ipotesi del continuo (Continuum Hypothesis).
É l'inizio della fine poiché da questo momento il demone della depressione e della pazzia comincia lentamente ma inesorabilmente ad impadronirsi della mente di Cantor.

Dopo qualche tempo da quando aveva iniziato a lavorare sull'ipotesi del continuo Cantor era raggiante poiché diceva di avere trovato una dimostrazione molto elegante sulla veridicità dell'ipotesi del continuo; aveva persino avvisato il suo editore della prossima uscita di un articolo su questo argomento.
Poi arriva la delusione poiché Cantor scopre una dimostrazione altrettanto valida della falsità dell'ipotesi del continuo. Cosa sta succedendo? Una congettura non può essere vera o falsa allo stesso tempo. Questo fallimento precede il primo attacco depressivo che ritratti di William Shakespeare (1564 - 1616) era Francesco Bacone (1561 - 1626)
però Cantor riesce a superare senza ricoveri.

Dopo la guarigione Cantor riprenderà a lavorare sull'ipotesi del continuo e gli attacchi depressivi diventeranno sempre più forti e frequenti e cominceranno i ricoveri presso la Nervenklinik. Dopo ogni ricovero Cantor era sempre più fuori di sé: cominciarono le manie di persecuzione (era convinto che qualcuno volesse avvelenarlo) e per lunghi periodi di tempo abbandonò la matematica per cercare di dimostrare che l'autore originale delle opere di William Shakespeare (1564 - 1616) era Francesco Bacone (1561 - 1626). Nei periodi di lucidità continuava a lavorare e a disperarsi sull'ipotesi del continuo.

Negli ultimi anni della sua vita si convinse che l'ipotesi del continuo non era una congettura matematica bensì una verità assoluta rivelatagli direttamente da Dio e che l'Onnipotente aveva scelto lui, Georg Cantor, per annunciarla agli uomini. Il triste epilogo della vita di Cantor l'abbiamo già conosciuto.ritratto di Kurt Godel (1906 - 1978)ritratto di Paul Cohen (1934 - 2007),

Purtroppo il grande matematico si era imbattuto in un problema impossibile da risolvere.
Nel 1935 Kurt Godel (1906 - 1978), uno dei più grandi matematici e logici del Novecento, dimostrò che la nostra matematica è incompleta; in altre parole Godel dimostrò che, all'interno di essa, esistono congetture indecidibili, cioè congetture di cui non è possibile dimostrarne la veridicità o la falsità. É il prezzo che la matematica deve pagare per la sua coerenza: se la matematica fosse completa non sarebbe coerente. L'ipotesi del continuo è una di queste congetture e questo venne definitivamente dimostrato nel 1963 da Paul Cohen (1934 - 2007), allora giovane matematico dell'Università di Stanford.

All'interno della nostra matematica l'ipotesi del continuo era e continua ad essere un mistero. Ma tutto questo Cantor non poteva saperlo.

 

L'UNIVERSO È DAVVERO INFINITO ?

Oggi la Teoria dello Stato Stazionario è stata praticamente abbandonata poiché gli indizi a favore della Teoria del Big Bang sono diventati sempre più forti e numerosi. Sembra quindi scongiurata la possibilità di un universo infinito e dello spiacevole paradosso della replicazione infinita. Ma l'infinito è un osso duro e non è facile sbarazzarsene; può capitare che dopo averlo visto uscire dalla porta lo si veda rientrare dalla finestra.

Abbiamo già accennato al fatto che, a prescindere dal fatto che l'universo sia infinito oppure no, noi comunque ne vediamo sempre e comunque una porzione finita che chiamiamo universo osservabile; ciò accade poiché la luce si propaga con una velocità finita, molto grande ma comunque finita. Quindi l'universo osservabile è quella porzione di universo dalla quale la luce, dopo l'inizio dell'espansione, ha avuto il tempo di raggiungere la Terra.

Esiste allora la possibilità che l'universo osservabile non sia una regione significativa dell'universo globale; in altre parole è possibile che l'universo che si trova al di là del nostro orizzonte visivo sia del tutto diverso da quello che si trova al di qua. Fino al 1980 questa possibilità non era mai stata presa seriamente in considerazione dagli astronomi; dopo tutto non c'era alcuna ragione per credere che l'universo osservabile differisse troppo da quello non osservabile.

ritratto di Alan GuthNel 1980, però, le cose cambiano. Per porre rimedio ad alcune grosse lacune della Teoria del Big Bang che rischiavano di affossarla, Alan Guth (1947), allora giovane fisico statunitense della Stanford University, propose la Teoria dell'Inflazione.

La teoria ipotizza che, durante le primissime fasi di vita dell’universo, sia esistito un breve periodo di tempo in cui l’espansione abbia subito una fortissima accelerazione come se fosse improvvisamente apparsa una potentissima forma di antigravità; durante questo intervallo di tempo l’universo aumentò in maniera smisurata le proprie dimensioni. Questo fenomeno è stato chiamato inflazione, un termine preso a prestito dalle scienze economiche che sta ad indicare il deprezzamento della moneta.

L’inflazione ebbe una durata brevissima, poche infinitesime frazioni di secondo, ma l’universo aumentò le proprie dimensioni di una fattore 1060 (dieci seguito da sessanta zeri); in altre parole alla fine del periodo inflattivo l’universo era un milione di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi volte più grande. Dopo l’inflazione l’universo riprese ad espandersi come descritto dalla teoria classica del Big Bang fino ai giorni nostri. La teoria dell'inflazione è oggi accettata dalla maggioranza degli scienziati ed ha ricevuto numerose conferme sperimentali.

Di conseguenza l'universo osservabile, con i suoi cento miliardi di galassie e diecimila miliardi di miliardi di stelle, è solo una microscopica parte dell'intero cosmo poiché ha avuto origine da una infinitesima frazione dell’universo pre-inflazione; le proporzioni fra universo osservabile e universo globale potrebbero essere le stesse che intercorrono fra un atomo e la nostra galassia.

La Teoria dell'Inflazione ci da un buon motivo per credere che al di là dell'universo osservabile le condizioni siano molto diverse dalle nostre. Infatti, visto che viviamo in una microscopica porzione dell'universo globale, è praticamente impossibile che l'universo osservabile sia una regione rappresentativa dell'intero universo. Inoltre non è neppure detto che l'inflazione abbia agito nello stesso identico modo in tutto l'universo; potrebbero esistere zone che hanno subito una massiccia dose di inflazione e altre che ne hanno subito molto meno.

Ed ecco allora che il fantasma dell'infinito rientra dalla finestra. Infatti, se siamo condannati a vivere in una regione sicuramente non rappresentativa dell'universo, esiste la concreta possibilità che non riusciremo mai a scoprire le proprietà dell'universo in cui viviamo e, in particolare, se l'universo è infinito oppure no.

Può darsi che l'universo sia infinito o può darsi che non lo sia; questo è un segreto che l'universo custodisce con la massima attenzione.

 

EPILOGO

Dopo i suoi lavori sull'incompletezza della matematica, Kurt Godel fu irresistibilmente attratto dalle problematiche dell'infinito e cominciò a lavorare sull'ipotesi del continuo. Mentre Cantor cercava di dimostrarne la veridicità o la falsità, Godel cercò di studiarne il rapporto con il resto della matematica.

ritratto di Goffried Leibniz (1646 - 1716)È curioso notare che dal momento in cui Godel affrontò lo studio dell'ipotesi del continuo cominciò a soffrire degli stessi disturbi mentali che avevano afflitto Cantor.

Godel cadde in profonde depressioni e fu anch'egli ricoverato in clinica; poi si mise in testa che qualcuno stava avvelenando l'aria del proprio appartamento poiché diceva di sentire aria cattiva (forse era il fumo delle sigarette di sua moglie).
Col passare del tempo si convinse che il grande matematico Goffried Leibniz (1646 - 1716) non era l'autore delle scoperte attribuitegli e impiegò anni per cercare di dimostrarlo (analogamente a quello che cercò di fare Cantor con Shakespeare); poi cominciò a sospettare che qualcuno lo volesse avvelenare e pretese che la moglie assaggiasse le vivande prima di lui fino a quando cominciò a rifiutare gradualmente il cibo.
Morì di fame nel 1978.

Che ironia della sorte! Uno dei più grandi logici e matematici di tutti i tempi che muore in modo così illogico: per paura di morire avvelenato si lascia morire di fame!
Forse è tutta una coincidenza. Forse. O forse la maledizione dell'infinito ha colpito un'altra volta.

 

 

Per i più curiosi ...

 

APPENDICE A : il ragionamento per assurdo e la radice quadrata di 2

Il ragionamento per assurdo (reductio ad absurdum) costituisce una delle tecniche più potenti della matematica. Esso consiste nel ritenere vero il contrario di ciò che si vuole dimostrare; su questa base si imposta il ragionamento e se si perviene ad una contraddizione allora vuol dire che il contrario di ciò che si vuole dimostrare è falso e quindi ciò che si vuole dimostrare deve essere vero. Abbiamo utilizzato questa tecnica, senza nominarla, quando abbiamo dimostrato che i numeri reali sono più numerosi dei numeri naturali.
Adesso la utilizzeremo per dimostrare che la radice quadrata del numero 2 è un numero irrazionale, cioè non può essere espressa come rapporto fra numeri interi.

Ragioniamo per assurdo e ammettiamo che la radice quadrata di 2 sia un numero razionale, cioè che sia possibile esprimerla come rapporto fra due numeri interi. Avremo allora:

=   m / n

dove m ed n sono due numeri interi (non ben precisati). Supponiamo che m ed n siano primi fra loro; cioè supponiamo che non abbiamo divisori in comune. Se m ed n non fossero primi fra loro è sempre possibile fare in modo che lo diventino attraverso opportune semplificazioni.

Elevando al quadrato ambo i membri della precedente espressione otteniamo:

2 = m2 / n2     cioè     m2 = 2n2

Da quanto precede deriva che m deve essere un numero pari e quindi possiamo esprimerlo nel seguente modo: m = 2k dove k è un altro numero intero. Sostituendo m nella precedente espressione troviamo:

4k2 = 2n2     cioè     n2 = 2k2

Risulta allora che anche n deve essere pari in evidente contraddizione con ciò che abbiamo supposto all'inizio dove abbiamo espressamente dichiarato che m ed n sono due numeri primi fra loro. Di conseguenza la radice quadrata di 2 non può essere espressa come rapporto fra due numeri interi e quindi deve essere un numero irrazionale.

Di ciò se ne accorsero per primi i pitagorici nel quinto secolo avanti Cristo e fu un durissimo colpo per la loro filosofia che sosteneva che in natura tutto è numero e rapporto fra numeri. Infatti applicando il famoso teorema di Pitagora ad un qualsiasi quadrato si ricava che il rapporto fra la diagonale e il lato è proprio la radice quadrata di 2; questo vuol dire che il rapporto fra diagonale e lato di un qualsiasi quadrato non è un rapporto fra numeri interi. Era quindi possibile utilizzare una delle più semplici figure geometriche per affondare l'intera filosofia pitagorica.

La leggenda vuole che allo scopritore dei numeri irrazionali fu riservata una brutta fine per impedirgli di divulgare la terribile notizia.

 

APPENDICE B : l'ipotesi del continuo

La grandezza di un qualsiasi insieme, cioè il numero dei suoi elementi, si definisce cardinalità. Per esempio la cardinalità dell'insieme dei pianeti del sistema solare è otto poiché i pianeti del sistema solare sono otto. Se un insieme ha un numero finito di elementi stabilirne la cardinalità è banale (almeno in linea di principio): è sufficiente contare i suoi elementi. Ma che dire degli insiemi infiniti? Qual'è la cardinalità dell'insieme dei numeri naturali, per esempio?

Con uno sforzo di immaginazione Cantor provò ad visualizzare tutto l'insieme infinito dei numeri naturali e chiamò la sua cardinalità À0 (leggasi Alef-zero) dove il carattere À è la prima lettera dell'alfabeto ebraico.
Per capire come sia possibile derivare l'esistenza di infiniti tipi di infinito è sufficiente notare che non esiste un insieme in assoluto più grande di tutti gli altri poiché dato un qualsiasi insieme esiste sempre un insieme più grande che è l'insieme dei suoi sottoinsiemi.
Dato un insieme di N elementi l'insieme dei suoi sottoinsiemi ha 2N elementi; per rendersene conto osserviamo il seguente insieme che ha come elementi i primi 3 numeri naturali:

{1, 2, 3}

l'insieme dei suoi sottoinsiemi è il seguente:

{Ø,   {1},   {2},   {3},   {1, 2},   {1, 3},   {2, 3},   {1, 2, 3}}

il quale, come possiamo osservare, possiede 23 = 8 elementi; si noti la presenza dell'insieme vuoto Ø che è sottoinsieme di tutti gli insiemi.

Ritorniamo all'insieme infinito dei numeri naturali; da quanto detto si evince l'esistenza di un secondo insieme infinito di cardinalità più grande prendendo in considerazione l'insieme di tutti i sottoinsiemi dell'insieme dei numeri naturali. Cantor battezza la cardinalità di questo nuovo insieme infinito

À1; ripetendo il ragionamento per À1 si arriva all'esistenza di À2 e cosi via all'infinito. Ecco che in questo modo Cantor scopre l'esistenza di infiniti tipi di infinito:

À0,   À1,   À2,   À3,   À4,   À5,   À6,   ...

A questo punto Cantor vuole ordinare i suoi infiniti, vuole cioè scoprire in che rapporto stanno gli uni con gli altri, e comincia con in primi due che ben conosce. Così Cantor cerca di dimostrare che l'infinito dei numeri reali segue immediatamente l'infinito dei numeri naturali e che, di conseguenza, fra l'infinito dei numeri naturali e quello dei numeri reali non esiste alcun altro tipo di infinito. Se À0 è la cardinalità dell'insieme dei numeri naturali allora la cardinalità dell'insieme dei numeri reali dovrebbe essere À1 e ricordando la relazione fra cardinalità di un insieme e quella dell'insieme dei suoi sottoinsiemi dovremmo avere:

À1 = 2À0

che è la forma matematica dell'ipotesi del continuo.

 

Monografia n.119-2011/1


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