L’UOMO DEI GHIACCI
di Marco Marchetti


Busto e testa dell'Uomo di Similaun

INTRODUZIONE

Mercoledì, 18 Settembre 1991: i coniugi Erika ed Helmut Simon di Norimberga, in vacanza in Alto Adige e alloggiati nella cittadina di Madonna di Senales (Val Venosta), decidono di compiere una escursione sulla vetta del monte Similaun (3.599 metri) sulle Otztaler Alpen, al confine fra Italia e Austria.
L’ascesa si rivela più difficoltosa del previsto e i due raggiungono la vetta solo a pomeriggio inoltrato; di conseguenza la coppia si trova costretta a pernottare in alta montagna e quindi si dirige verso il vicino Rifugio Similaun.

Giovedì, 19 Settembre 1991: la giornata si preannuncia splendida e i due escursionisti tedeschi anziché ritornare a valle decidono di scalare la non lontana Punta di Finale (3.506 metri); giunti in vetta i due si riposano per un’oretta e poi intraprendono il viaggio di ritorno verso il Rifugio Similaun dove hanno lasciato i bagagli.

Giunti nei pressi del ghiacciaio Hauslabjoch (a quota 3.210 metri) la coppia si imbatte nel cadavere di un essere umano che emerge solo parzialmente dal ghiaccio; il luogo del ritrovamento si trova al di fuori del percorso segnato cosicché i due si memorizzano la località, scattano una fotografia (l’ultima del rullino) e riprendono la marcia verso il rifugio.

Al Rifugio Similaun la notizia non desta particolare stupore; qui sanno che i ghiacciai restituiscono sempre le proprie vittime e questo può accadere anche dopo decine di anni. Vengono così avvisate la polizia italiana e la gendarmeria austriaca e sarà quest’ultima ad occuparsi del recupero della salma visto il disinteresse delle autorità italiane.

Helmut ed Erika concludono così la loro vacanza e il 23 settembre ritornano nella loro casa a Norimberga; qui trovano decine di giornalisti ad attenderli: i due non sapevano ancora di avere fatto una delle più grandi scoperte archeologiche di tutti i tempi. La foto che avevano scattato diventerà ‘foto dell’anno 1991’.

 

LA VERA NATURA DELL’UOMO DEI GHIACCI

Gli inverni 1989/1990 e 1990/1991 verranno ricordati per la scarsità di precipitazioni e una conseguente forte siccità; queste condizioni favorirono uno scioglimento dei ghiacciai fuori dal comune. Nel 1991 lo scioglimento fu ulteriormente favorito da due tempeste di sabbia sahariana avvenute rispettivamente fra il 5 e l’8 marzo e nella seconda metà di luglio; a causa dello strato di sabbia depositatosi sulla neve la luce del sole non veniva più riflessa dal bianco dei nevai ma, al contrario, veniva assorbita facilitando così lo scioglimento dei ghiacci.

In quell’anno la montagna aveva già restituito i corpi di sei sfortunati escursionisti periti tra i ghiacci e quindi non c’è da stupirsi se, in un primo momento, la notizia del ritrovamento non desta particolare attenzione al Rifugio Similaun. Però, a causa del maltempo e dell’imminente week-end, le operazioni di recupero non partono immediatamente cosicché il corpo rimane semisepolto fra il ghiaccio e molte persone hanno l’opportunità di osservarlo direttamente.

Inizialmente circola la notizia che possa trattarsi di un certo Carlo Capsoni, di Verona, scomparso in quella zona nel luglio del 1941; subito dopo, però, arriva la smentita: Capsoni è già stato ritrovato nel 1952 e ora riposa nel piccolo cimitero di Madonna di Senales.

Con il passare del tempo la vera natura del cadavere trovato fra i ghiacci comincia a farsi lentamente strada. Scartata l’ipotesi Capsoni e in generale l’ipotesi escursionista si pensa ad un soldato della prima guerra mondiale; poi il ritrovamento di un’ascia o piccozza di fattezze molto antiche fa pensare ad un individuo vissuto in epoca medioevale e qualcuno fa circolare l’ipotesi che possa trattarsi di un soldato di ventura di ‘Federico dalle tasche vuote’ (1403 - 1439), conte del Tirolo.

Prima del recupero la salma viene osservata anche da Reinhold Messner e Hans Kammerlander che si trovavano casualmente in zona, impegnati in un giro dell’Alto Adige. Messner rimane molto impressionato dall’abbigliamento dell’uomo, in particolare dai primitivi pantaloni e calzari che si intravvedono nel ghiaccio, e, fra lo scetticismo generale, ipotizza un’età di tremila anni.

Finalmente iniziano le operazioni di recupero e, in mezzo a mille difficoltà, la salma viene estratta dal ghiaccio e portata all’università di Innsbruck; oltre all’ascia vengono recuperati altri oggetti fra i quali un’arco ancora in costruzione, una faretra e un piccolo pugnale con tanto di fodero. Dai primi esami condotti ad Innsbruck risulta che l’uomo dei ghiacci potrebbe avere anche quattromila anni e quindi appartenere all’Età del Bronzo. Per la vera età della salma bisogna, però aspettare gli esami da effettuare con il metodo del Carbonio-14 (nota 1); prontamente alcuni minuscoli campioni dell’uomo e del suo equipaggiamento vengono inviati a diversi laboratori sparsi per l’Europa e i risultati sono praticamente unanimi: l’uomo dei ghiacci, battezzato ufficialmente come Uomo dello Hauslabjoch, ha un’età compresa fra 5.200 e 5.300 anni.

Siamo quindi di fronte ad una scoperta di straordinaria importanza e unica nel suo genere: il corpo di un uomo preistorico perfettamente conservato con tanto di abbigliamento ed equipaggiamento.

A questo punto si interessano della faccenda anche le autorità italiane; c’è infatti il sospetto che il ritrovamento possa essere avvenuto sul suolo italiano. Viene cosi formato un gruppo di esperti appartenenti ai due paesi che si preoccupa di stabilire l’esatta linea di confine e il sospetto diviene realtà. A partire da queste misurazioni risulta che l’Uomo dello Hauslabjoch è stato ritrovato in territorio italiano a 92 metri e 56 centimetri dalla linea di confine fra i due paesi.

Di comune accordo viene comunque stabilito che il corpo rimarrà ad Innsbruck per tutto il tempo necessario ai primi esami e che i reperti costituenti l’equipaggiamento verranno restaurati presso l’università di Magonza in Germania.

Oggi l’uomo dei ghiacci continua il suo lungo sonno presso il museo archeologico di Bolzano.

 

L’EQUIPAGGIAMENTO DELL’UOMO DEI GHIACCI

L’Uomo dello Hauslabjoch visse in un’epoca che risale a 3200 - 3300 anni prima di Cristo nel tardo neolitico, l’ultimo periodo dell’età della pietra.

Il ghiaccio ha conservato molto bene per più di cinquemila anni il cadavere dell’uomo, parti del suo abbigliamentoe soprattutto il suo equipaggiamento al punto che il ritrovamento ai piedi dello Hauslabjoch è una testimonianza di inestimabile valore sul modo di vivere dei nostri lontanissimi antenati che abitavano le zone alpine e subalpine.

Per capire appieno l’importanza della scoperta bisogna considerare il fatto che le informazioni a disposizione degli scienziati per capire come vivevano gli uomini preistorici di quel periodo provenivano quasi esclusivamente dai corredi funerari trovati nelle tombe. Però i corredi funerari non sono una testimonianza precisa del modo di vivere del defunto poiché sono preparati da altre persone secondo particolari riti e tradizioni. Inoltre tutto il materiale organico tende a decomporsi di modo che solamente una parte del contenuto originario della tomba riesce a vincere la battaglia contro il tempo e a conservarsi.

Al contrario l’uomo dei ghiacci sembra sia morto in completa solitudine lontano dai suoi cari e il suo equipaggiamento (a parte qualche danno subito dal tempo, dallo spostamento dei ghiacci e dalle operazioni di recupero) è intatto; il suo studio, che terrà impegnati gli studiosi ancora per molto tempo, permetterà di fare luce su molti aspetti della vita quotidiana di cinquemila anni fa.

Il materiale a disposizione degli scienziati è stato rinvenuto nel sito del ritrovamento nei primi giorni della scoperta, durante il recupero della salma e nel corso di due spedizioni archeologiche condotte nell’ottobre del 1991 e nell’agosto del 1992 durante le quali tutto il terreno circostante è stato accuratamente setacciato. Fra i numerosi oggetti recuperati troviamo, fra l’altro:

Anche l’abbigliamento dell’uomo dello Hauslabjoch è di straordinaria importanza poiché ci mostra un set quasi completo di abiti neolitici; fino ad allora gli abiti completi più antichi che si conoscevano risalivano all’età del bronzo. Nel sito del ritrovamento sono venuti alla luce un berretto, i resti di una veste a forma di mantellina, i resti di due gambali (primitivi pantaloni), i resti di un pesante mantello, i resti di un grembiule (un indumento utilizzato tutt’ora per la protezione degli organi genitali) e ciò che resta di un paio di primitive calzature.

 

CHI ERA L’UOMO DEI GHIACCI ?

Lo studio della mummia e del suo equipaggiamento ha permesso di scoprire molte cose interessanti sull’uomo dei ghiacci e sul suo stile di vita; inoltre gli scienziati hanno fatto alcune congetture sulla sua posizione sociale e sugli eventi che lo portarono ad incontrare la morte ai piedi del ghiacciaio.

Innanzitutto l’uomo dello Hauslabjoch era effettivamente un uomo; infatti gli organi genitali si sono conservati e non vi è dubbio alcuno sul fatto che siano maschili.

Dall’analisi delle caratteristiche della mummia, tutte realizzate con metodi rigorosamente non invasivi, si evince che l’uomo, al momento del decesso, era alto circa un metro e sessanta centimetri e aveva un’età compresa fra venticinque e quaranta anni, probabilmente più verso i quaranta. L’equipaggiamento e l’abbigliamento mostrano che l’uomo doveva essere abituato a lunghi soggiorni in alta montagna anche se, al momento della morte, non sembrava essere perfettamente equipaggiato; le svariate tecniche di lavorazione degli indumenti e di costruzione degli altri reperti, nonché la presenza sulla schiena di tatuaggi a scopo terapeutico, mostrano, altresì, che l’uomo doveva avere dei contatti molto stretti con una comunità di suoi simili. Inoltre il ritrovamento di alcuni tipi di cereali (grano e farro) fra i suoi vestiti induce a pensare che l’uomo avesse da poco partecipato ad un lavoro di mietitura.

Quindi l’uomo dei ghiacci non era un eremita, né un reietto, né tantomeno un sacerdote o uno sciamano come qualcuno aveva inizialmente ipotizzato ma, con tutta probabilità, un pastore. Durante l’estate egli era solito trascorrere il tempo con il suo gregge sugli alti pascoli alpini mentre agli inizi dell’autunno l’uomo scendeva a valle verso il suo villaggio (probabilmente in Val Venosta) dove partecipava ai lavori per il mantenimento della comunità, come la raccolta dei cereali.

Un evento straordinario e di eccezionale gravità deve avere indotto il nostro uomo ad abbandonare precipitosamente il proprio villaggio e a tentare l’attraversata del crinale alpino in direzione nord, verso l’Otztal (una zona che lui doveva conoscere molto bene), in un periodo (l’autunno) che non era per niente favorevole per un’impresa del genere. Come se non bastasse, da una a tre settimane prima del decesso all’uomo era capitata una disgrazia; ciò è provato dalla presenza dell’arco ancora in costruzione (segno che il precedente era andato perduto), dalla faretra danneggiata, dalle due frecce spezzate e soprattutto dalla presenza di alcune costole fratturate sul fianco destro della mummia. Si può quindi ipotizzare che l’uomo, dopo essere arrivato sul crinale, abbia appoggiato l’arco e la faretra, abbia consumato il suo ultimo misero pasto e, stremato dalla fatica e dal dolore, abbia trovato rifugio in un canalone nel quale si sarebbe coricato sul fianco sinistro per ripararsi dalla bufera di neve in atto e allo stesso tempo per concedersi un po’ di riposo. L’uomo deve essersi addormentato e, purtroppo, in quelle condizioni il passaggio dal sonno alla morte per assideramento è molto breve.

L’uomo dei ghiacci non si sveglierà mai più; verrà ritrovato in una posizione non troppo diversa cinquemila anni dopo da una coppia di ignari escursionisti.

Ovviamente queste sono solo ipotesi da prendere con la dovuta cautela; può darsi che un giorno nuove scoperte cambino radicalmente questa interpretazione degli ultimi mesi di vita dell’uomo dello Hauslabjoch ma può anche darsi che lo scenario descritto in precedenza non si discosti troppo dalla realtà.

 

EPILOGO

Molto recentemente i giornali e i mezzi televisivi hanno dato grande risalto alla notizia che, a dieci anni dalla scoperta, un ulteriore esame sulla mummia sud-tirolese ha evidenziato la presenza della punta di una freccia conficcata sotto la spalla sinistra; la freccia non avrebbe raggiunto il polmone e quindi non dovrebbe essere la causa della morte avvenuta, con tutta probabilità, per assideramento.

Quest’ultima scoperta non inficia minimamente le deduzioni precedenti; anzi l’ipotesi di una fuga precipitosa viene ulteriormente avvalorata poiché si intravvede la possibilità che l’uomo fosse inseguito. L’uomo ebbe la soddisfazione di riuscire a sfuggire ai suoi inseguitori ma chiese troppo al suo fisico ormai provato e, giunto in cima alla sua amata montagna, perse la sua battaglia contro un clima impietoso quando ormai credeva di essere in salvo.

L’uomo dei ghiacci, comunque, non saprà mai di avere vinto la battaglia piu importante: quella contro il tempo. Infatti oggi, dopo cinquemila anni, lui è qui in mezzo a noi a raccontarci la sua storia.

 

* * *

Nota 1 - Il carbonio ordinario è composto da atomi nel nucleo dei quali trovano posto sei protoni e sei neutroni; per questo motivo viene talvolta chiamato carbonio-12. Esiste, però, un altro tipo di carbonio composto da atomi nel nucleo dei quali convivono sei protoni e otto neutroni; questo tipo di carbonio è chiamato carbonio-14.
Il carbonio-14, molto più raro rispetto al carbonio-12, si forma nell’atmosfera a causa della collisione fra i raggi cosmici e gli atomi di azoto ed è un elemento radioattivo e quindi instabile; tende cioé a decadere secondo una legge ben precisa e a ritrasformarsi in azoto con un periodo di dimezzamento (l’intervallo di tempo necessario affinché una certa quantità di carbonio-14 si riduce della metà) pari a 5568 anni.
Da un punto di vista chimico il carbonio-14 è indistinguibile dal carbonio-12 e quindi viene metabolizzato dagli esseri viventi; quando l’organismo muore il carbonio-14 continua a decadere ma non viene più rimpiazzato di conseguenza misurando la quantità di carbonio-14 residua presente in un reperto organico è possibile risalire con precisione all’epoca della morte.

 

Monografia n.71-2001/14


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