di Oriano Spazzoli
Diligenza per la luna (1836).
Una delle sei stampe litografiche di L. Galluzzo e G. Dura
del
volume Delle scoperte fatte sulla Luna dal Dottor Giovanni
Herschel
pubblicato a Napoli da Gatta & Dura. (Archivio Storico
Bolaffi)
Che cosè una stella?
Sollevando lo sguardo al cielo notturno in una notte serena vediamo brillare sopra di noi tanti punti luminosi; attraverso la storia della civiltà luomo è giunto ad organizzare in configurazioni fisse (le costellazioni) i punti luminosi che mantenevano costanti le loro posizioni relative, e si accorsero che alcuni di essi non mantenevano inalterata la loro posizione rispetto a quelli inseriti in tali configurazioni. Con il tempo si capì la causa del moto anomalo delle stelle erranti, o pianeti, distinte dalle stelle fisse, e si comprese che queste ultime dovevano essere molto più lontane di quanto non lo fossero i pianeti.
La determinazione delle distanze stellari fu possibile soltanto nel XIX secolo quando Frederick Bessel misurò per la prima volta la parallasse annua di una stella (61 Cygni), ovvero lo spostamento apparente della stella in seguito allo spostamento fisico della Terra intorno al Sole nellarco di 6 mesi (quando cioè la Terra ha percorso metà della sua orbita intorno al Sole allontanandosi circa del doppio della distanza media Terra - Sole): il metodo della parallasse trigonometrica (la distanza si ottiene applicando un teorema della trigonometria: il teorema dei seni) è stato il primo metodo utilizzato per determinare le distanze stellari, e ha consentito di trovare distanze da qualche anno luce fino ad alcune centinaia.
Ricordiamo che un anno luce è la distanza
percorsa dalla luce in un anno, che si può facilmente calcolare
sapendo che in un solo secondo essa percorre 299.792,458
chilometri: esso corrisponde a circa 9,461 milioni di milioni di
chilometri.
Ricordiamo che le distanze stellari si misurano anche in parsec,
abbreviazione dei termini parallasse e secondo; infatti un parsec
(circa 3,26 anni luce) è la distanza corrispondente ad una
parallasse annua di 1 darco ed è circa 200.000 volte
la distanza Terra - Sole.
Naturalmente non possiamo in questo caso dilungarci sui metodi di
determinazione, o di calibrazione delle distanze
astronomiche; ci limitiamo a dire soltanto che si possono stimare
distanze, non solo delle stelle da noi, ma anche di altre
galassie (il loro ordine di grandezza supera il milione di Parsec
o Megaparsec).
È importante però sottolineare anche che la determinazione delle distanze stellari è stato il primo passo verso la conoscenza delle caratteristiche fisiche delle stelle.
Ma che cosa si intende esattamente con il termine stella in Astronomia?
Oggi per la verità tale termine viene usato spesso a sproposito per indicare fenomeni quali le stelle cadenti o le stelle comete, che sappiamo in realtà essere prodotti da oggetti celesti di dimensioni piccole rispetto alla Terra e che fanno parte del nostro sistema solare. In realtà lunica stella del nostro sistema solare è il Sole; esso ha da solo il 99,8% della massa del sistema Solare ed ha dimensioni lineari medie di 1.400.000 chilometri (più di cento volte il diametro della Terra).
Per un astronomo o un astrofisico si definisce stella un oggetto celeste con le seguenti caratteristiche:
Gas caldo: lo spettro del Sole e la fotosfera
Quando fu scoperto da Isaac Newton lo spettro luminoso del Sole, scomponendo la sua luce con un prisma ancora si conosceva ben poco sulla natura della luce, ma quello scoperta condusse nellarco di un secolo e mezzo alla costruzione di un modello descrittivo dei fenomeni luminosi basato sullipotesi che la luce fosse costituita da onde e che ogni singolo colore corrispondesse a una ben precisa lunghezza donda l (o frequenza n, in quanto le due grandezze, lo ricordiamo sono legate dalla semplice relazione ln=c, dove c è la velocità).
Gli spettri del Sole e quelli delle altre stelle vengono classificati come spettri continui con righe di assorbimento (costituiti dalla intera sequenza dei colori delliride interrotta qua e là da righe scure staccate tra loro); esso è tipico di solidi o liquidi incandescenti avvolti in unatmosfera gassosa. Per la verità il Sole e le altre stelle non si possono definire propriamente solidi o liquidi, ma rientrano in unaltra categoria di corpi che sono pure essi emettitori di spetti continui: i gas a temperatura così elevata da essere completamente ionizzati (un atomo ordinario è neutro, ma se gli si toglie un elettrone rifornendolo di energia sufficiente per uscire, diventa un atomo ionizzato o ione) in quanto, essendo la materia legata allenergia cinetica degli atomi, gli urti tra di essi sono sufficientemente violenti da privarli dei loro elettroni.
Per un fisico uno spettro non è però soltanto una sequenza di colori, ma è anche e soprattutto una relazione matematica che lega la lunghezza donda (il colore) alla quantità di luce emessa e rappresenta come questultima varia al variare della prima; essa in sostanza, dicendomi qual è il colore nel quale è emessa la maggior quantità di luce, descrive le caratteristiche cromatiche del corpo incandescente che emette.
Spiegherò meglio il concetto con un esempio: un corpo incandescente che mi appare rosso in realtà emette luce anche di altri colori, ma è certamente il rosso il colore di cui è emessa la maggior quantità di luce.
Questa informazione è legata poi alla temperatura; come?
Anche qui un esempio semplice ci può venire in
aiuto: se riscaldiamo un pezzo di ferro esso prima diventa rosso,
poi allaumentare della temperatura arancio, poi via via
giallo fino a divenire bianco dopo aver superato il punto di
fusione (il calor bianco).
Dunque il colore di un corpo incandescente che emette uno spettro
continuo è legato alla sua temperatura superficiale.
Lo stesso si può dire per una stella: il colore di una stella
(descritto fisicamente dalla lunghezza donda corrispondente
al massimo di emissione) è legato alla sua temperatura
superficiale T dalla legge di Wien.
lmax . T = costante
Per il Sole che è una stella gialla (l = 0,55
micron [nota1]) la Temperatura superficiale è di circa 5.000° K
(gradi Kelvin).
Le stelle che hanno temperature più alte sono le stelle azzurre
(che arrivano a T = 50.000° K); le stelle più fredde sono
quelle rosse (T = 2.000 ~ 3.000° K).
Resta da definire che cosa si intende per
superficie di una stella; il discorso sarà più
chiaro quando parleremo di una proprietà molto importante della
materia degli interni stellari: lopacità.
Ci limitiamo a dire che per superficie della stella
si intende quella alla quale la materia stellare cessa di essere
opaca e diventa trasparente alla radiazione. Al di sopra il gas
più rarefatto e più freddo forma le atmosfere stellari o
fotosfere. Gli atomi del gas in esse contenuto non
sono più completamente ionizzati, ma la temperatura è tale da
consentirne la ricombinazione. Accade allora che tali atomi
assorbono quella radiazione proveniente dagli strati sottostanti
che consente agli elettroni al loro interno di operare i
cosiddetti salti quantici da un livello energetico ad
unaltro più elevato [nota 2]. Pertanto alla
radiazione proveniente dagli strati inferiori è sottratta quella
di frequenza corrispondente allenergia dei salti suddetti;
questo spiega le righe scure del cosiddetto spettro di
assorbimento.
Poiché ad ogni elemento corrisponde una ben precisa serie di
righe di assorbimento, dallo spettro stellare si può ricavare la
composizione chimica delle atmosfere stellari.
Lo studio degli spettri stellari ha consentito la classificazione delle stelle in 7 tipi spettrali principali:
Gli spettri delle stelle più calde contengono
righe di assorbimento di Calcio e di altri metalli
nellultravioletto e righe dellidrogeno e
dellelio nel visibile. Allabbassarsi della
temperatura le righe dei metalli (presenti nelle stelle di
seconda formazione, dette anche stelle di popolazione I per
distinguerle dalle stelle della prima generazione dette di
popolazione II formatesi in unepoca della storia
delluniverso nella quale erano presenti soltanto idrogeno
ed elio oltre ad una piccola percentuale di deuterio) si spostano
nel visibile in quanto i metalli stessi risultano sempre meno
ionizzati (a temperature più basse hanno perso meno elettroni).
Al diminuire della temperatura inoltre diminuisce
lintensità delle righe dellidrogeno nel visibile [nota 3], perché la probabilità che gli elettroni si trovino
nel primo livello eccitato naturalmente diminuiscono al diminuire
della temperatura.
Nelle stelle di tipo M invece sono assenti le righe di assorbimento dellidrogeno perché la temperatura è insufficiente ad eccitare gli atomi di idrogeno; compaiono invece bande di gruppi molecolari.
I risultati si possono così riassumere:
Ai tipi spettrali sopra elencati se ne possono poi aggiungere altri tre:
Dallo spostamento Doppler delle righe di assorbimento delle stelle di può determinare la velocità di avvicinamento o di allontanamento di una stella rispetto a noi. Dal loro allargamento si possono ricavare indicazioni circa la loro eventuale rotazione.
Equilibrio idrostatico e meccanismi di produzione di energia: il nucleo delle stelle
Che le stelle siano strutture in equilibrio lo
dice la stabilità dei loro parametri fisici osservabili; se il
Sole non avesse irraggiato con una certa regolarità energia per
oltre quattro miliardi e mezzo di anni, sulla Terra non si
sarebbero, ad esempio, potute sviluppare forme di vita complesse
come la nostra.
Sappiamo però che una stella è una grande massa gassosa (dal
moto dei pianeti possiamo ricavare che il Sole ha una massa circa
un milione di volte quella della Terra), e come tale è soggetta
alla sua propria gravità (ogni suo elemento di materia, cioè,
è soggetto alla gravità del resto della massa). Naturalmente la
gravità, come sappiamo bene dalla nostra comune esperienza,
accelera la materia verso il centro di gravità, proprio come
accade che un sasso lasciato cadere aumenta la velocità verso il
centro della Terra per effetto dellattrazione
gravitazionale che su di esso esercita la Terra stessa. E come un
sasso in caduta verso il centro della Terra, un elemento del gas
primordiale da cui si forma una stella aumenta la sua energia
cinetica (lenergia del suo moto) e con essa la sua
temperatura complessiva [nota 4].
Dunque la gravità di una massa gassosa che si contrae sviluppa calore e fa aumentare la T del gas; la T del gas è legata alla sua pressione. Ciò si intuisce facilmente tenendo presente che un gas esercita una pressione contro una parete a causa dellimpulso ceduto dalle sue molecole nei loro urti contro la parete stessa. Nel caso delle stelle la temperatura elevata che cè nel loro interno determina una pressione tale da equilibrare la gravità (equilibrio idrostatico) impedendo che la stella, nata in seguito alla contrazione di una nube gassosa, continui a contrarsi cadendo sul suo stesso peso.
I meccanismi di produzione di energia
Dal paragrafo precedente si evince come la gravità per una stella sia una fonte di energia; per questo motivo si pensò che la contrazione gravitazionale potesse essere la principale fonte di energia di tutte le stelle. Lord Kelvin allinizio del XX secolo calcolò che se tutta lenergia del Sole fosse stata di origine gravitazionale, al ritmo attuale di emissione di radiazione da parte del Sole, esso avrebbe potuto sopravvivere per 10 milioni di anni, un intervallo di tempo ragguardevole se lo si confronta con il tempo della storia della civiltà umana documentabile. Tuttavia successivamente alla scoperta della radioattività e delle sue applicazioni alle tecniche di datazione della Terra, si scoprì che essa e il nostro sistema planetario, ha unetà di quattro miliardi e mezzo di anni fa; dunque al Sole è attribuibile unetà non molto inferiore a 5 miliardi di anni.
Dunque la gravità non bastava a giustificare una emissione di radiazione per così tanto tempo; occorreva unaltra fonte di energia in grado di rifornire la stella in maniera sufficiente da giustificare sia il suo irraggiamento che il suo equilibrio idrostatico.
Negli anni 30 Hoyle, Fowler e Hans Bethe teorizzarono la possibilità che lenergia delle stelle provenisse da un processo che coinvolgeva nuclei atomici e che consisteva nellurto anelastico di due nuclei leggeri i quali restavano uniti a formare nuclei più pesanti, con sviluppo di una notevole quantità di energia in forma di radiazione g.
In particolare, poiché lidrogeno è il più semplice degli elementi chimici, le reazioni di gran lunga più comuni sono quelle appartenenti al ciclo della trasformazione di idrogeno in elio, con il deuterio e lelio leggero come prodotti intermedi di reazione: tali reazioni vengono indicate come ciclo protone-protone.
Per stelle di massa superiore a 2 masse solari è attivo nel nucleo stellare (il nucleo è la parte centrale più calda della stella) un altro processo attraverso il quale lidrogeno si trasforma in elio: il cosiddetto ciclo CNO, nel quale nuclei di Carbonio (C), di Azoto (N) e di Ossigeno (O) intervengono nelle reazioni.
Il nucleo, come abbiamo detto, è la parte più calda e più densa della stella: nel caso del Sole si stima che esso contenga il 40% circa della massa totale. Si valuta inoltre che la T del nucleo Solare sia di circa 1,5×107° K; tuttavia occorre dire che poiché due protoni (tali sono i nuclei di idrogeno) si respingono in quanto carichi dello stesso segno, affinché essi si avvicinino ad una distanza tale che ad essa agiscano le interazioni nucleari forti, le forze attrattive che tengono insieme un nucleo atomico (tale distanza è circa 10-12 cm), occorre che la T del gas sia almeno 100 volte superiore al valore stimato per il Sole.
In base alla fisica classica dunque queste reazioni non sarebbero possibili; invece la fisica quantistica, che contempla anche una natura ondulatoria delle particelle, assegna alle stesse una certa probabilità di reagire superando la barriera dovuta alla repulsione elettrostatica. Nonostante tale probabilità non sia molto elevata (alla temperatura nucleare del Sole soltanto un nucleo di idrogeno in 10 miliardi di anni va a formare un nucleo di elio), la grande quantità di materia presente nel nucleo consente una produzione di energia sufficiente [nota 5] perché:
a) la stella sia in equilibrio idrostatico;
b) la stella possa irradiare per molto tempo senza che sia modificata la sua condizione di equilibrio.
Meccanismo di trasporto dellenergia allinterno di una stella: il ruolo dellopacità e la convezione
Le reazioni termonucleari producono energia in forma di radiazione ad altissima frequenza, i cui fotoni hanno quindi una energia assai elevata. Se i raggi g arrivassero a Terra nelle stesse condizioni in cui sono stati prodotti, probabilmente la Terra non avrebbe potuto essere un ambiente adatto allo sviluppo e alla conservazione della vita quale è stato e quale tutto sommato è ancora. Invece la maggior quantità di radiazione che ci arriva dal Sole è nel visibile, nellultravioletto, nellinfrarosso (cè anche una lieve emissione di onde radio), in modo che lalta atmosfera riesca a schermare la biosfera Terrestre dalla parte nociva della radiazione ultravioletta.
Dunque dentro al Sole accade qualcosa che impoverisce di energia i fotoni; ciò avviene perché nella parte interna del Sole la materia è opaca alla radiazione. Lopacità è rappresentata teoricamente da un coefficiente di assorbimento che rappresenta la capacità della materia di interagire con la radiazione e cresce al crescere della densità e della temperatura (gli urti con le particelle di un gas sono più probabili quanto più fitte e veloci nel loro moto sono le particelle), ma anche dalla composizione chimica (lopacità aumenta con il peso atomico).
In tal modo un fotone g prodotto allinterno di una stella viene continuamente assorbito e riemesso spostandosi allesterno verso regioni a temperatura sempre inferiore (si valuta che un fotone dopo la sua produzione trascorra un milione di anni tra un assorbimento e laltro prima di raggiungere la fotosfera).
Poiché dove la materia è opaca alla radiazione, esse sono in continua interazione luna con laltra e per questo motivo sono in equilibrio termodinamico (alla stessa temperatura) come due qualsiasi sistema a contatto. Ne risulta che anche il fotone nello spostarsi verso lesterno risulterà impoverito di energia, se è vero che la sua lunghezza donda è aumentata al diminuire della temperatura in base alla legge di Wien (ricordiamo ancora che la lunghezza donda di un fotone è inversamente proporzionale alla sua frequenza e che questultima è legata alla sua energia dalla legge di Planck già citata sopra).
Nelle regioni in cui lopacità è molto elevata si verifica un forte riscaldamento della materia (che assorbe una maggior quantità di energia); quando il dislivello di temperatura risulta particolarmente elevato, allinterno della stella accade quello che si verifica in una pentola piena dacqua quando viene riscaldata sul fuoco. Gli elementi di fluido riscaldati si dilatano e, divenendo più leggeri, salgono rapidamente verso la superficie ove cominciano a raffreddarsi. Di lì ridiscendono di nuovo verso il basso dando luogo ai cosiddetti cicli convettivi, mediante i quali il calore passa dalla regione più calda a quella più fredda e la temperatura di ridistribuisce: con queste modalità si verifica il meccanismo di trasporto del calore tipico dei mezzi fluidi denominato convezione.
Nelle stelle di massa maggiore la temperatura centrale è più elevata (perché è maggiore lenergia prodotta dalla contrazione gravitazionale) e, soprattutto dove è attivo il ciclo CNO, più efficiente del ciclo protone-protone, e questo determina lo svilupparsi di un nucleo interamente convettivo, nel quale i cicli convettivi rimescolano gli elementi diversi prodotti dalle reazioni con lidrogeno primordiale.
Naturalmente la dipendenza della temperatura centrale dalla massa della stella fa sì che per stelle di massa inferiore a un valore limite di 0,08 masse solari, le reazioni termonucleari non siano sufficiente a produrre le condizioni tipiche che si verificano in una stella. In questi casi la stella mancata continua a contrarsi finché non diviene un oggetto scuro e freddo con caratteristiche simili a quelle di un grande pianeta gassoso: un oggetto di questo tipo viene denominato nana bruna.
Bibliografia di riferimento:
Torna alla Home Page di Testi & Trattati
NOTE a Dentro le stelle
nota 1) Un micron o m è un milionesimo di metro.
Monografia n.57-2000/16
Torna alla Home Page di Testi & Trattati