I “MISTERI” DEL CIELO
NELLE CRONACHE ROMAGNOLE DI MEDIOEVO ED ETÀ MODERNA
di Eraldo Baldini

 

Fin dalla più remota antichità l’uomo ha osservato il cielo, affascinato e spesso intimorito dalla sua vastità, dal suo mistero, dal suo complesso insieme di elementi; e da sempre ha cercato di capire il senso e l’essenza di ciò che guardava e scopriva, di interpretarne la natura e il significato, di coglierne i segnali e di collocarli in un insieme possibilmente coerente.

Se ben presto, come ci testimoniano evidenze relative a culture anche arcaiche, gli divennero familiari le dinamiche dei cicli solari e lunari, il susseguirsi regolare di solstizi ed equinozi, e persino il manifestarsi di fenomeni quali le comete, le meteore, le eclissi, le congiunzioni di pianeti, eccetera, nondimeno, fino a tempi relativamente recenti e ancora oggi, in occasione di certe manifestazioni inconsuete e di certi avvistamenti anomali l’uomo si trova disarmato di fronte a qualcosa su cui non può fare altro che interrogarsi per poi rispondere (qualora tenti di farlo) con gli strumenti spesso inadeguati che gli provengono dalle sue conoscenze scientifiche da una parte, dalla qualità e dal tono dell’immaginario vigente dall’altra.

Un tema come questo apre le porte su materiali e scenari sterminati, del resto abbondantemente indagati da innumerevoli autori, che li hanno affrontati sia con spirito scientifico ed accademico, sia con la fantasia dell’invenzione letteraria o la libertà delle più ardite supposizioni.

Qui vogliamo circoscrivere il campo, sia per quanto riguarda la dimensione territoriale dell’indagine, sia per quanto riguarda la qualità delle fonti che prenderemo in esame. Ci limiteremo, quindi, a vedere come le cronache o compilazioni di ambito romagnolo comprese tra Medioevo ed Età Moderna abbiano segnalato (e a volte interpretato) quei fenomeni celesti che non rientravano nel novero dei più conosciuti, ma si distinguevano per eccezionalità e stranezza, ponendo gli osservatori e gli estensori davanti ad interrogativi difficilmente superabili anche da noi che oggi, leggendo quei brani, non sempre riusciamo a spiegarli pur disponendo di conoscenze nel frattempo fattesi sempre più ampie e disincantate (nota 1).

Tralasceremo quindi di menzionare le descrizioni di eclissi, comete, eccetera, per focalizzare l’attenzione solo su ciò che ancora richiede uno sforzo notevole (e in qualche occasione vano) di comprensione e di interpretazione, sia perché non è facile distinguere fra ciò che è concreto e ciò che è invece fortemente e irrimediabilmente influenzato dalla mentalità, dalla cultura e dalle strutture semiotiche dell’epoca, sia perché la qualità di ciò che viene riportato è qualche volta, di per sé, intrisa di un mistero che pare travalicare i tempi e le conoscenze.

 

Possiamo partire, per un viaggio attraverso il resoconto di fenomeni che i nostri avi affidarono alle pagine scritte per conservarne monito e memoria, dal Libro Pontificale della Chiesa ravennate» di Agnello Istorico (nota 2) che segnala per l’anno 560 (il 552 secondo Serafino Pasolini (nota 3) ) un’incredibile apparizione consistente in figure di uomini che in cielo si muovono, parlano, combattono:

«In Ravenna», scrive il citato Pasolini, «apparvero molti prodigi, tra quali fu quello di vedersi per l’aere molti huomini a parlare, e combattere insieme con grande spavento della città».

Per il ravennate Tomaso Tomai (nota 4) ciò accadde nel 566 in occasione di una pestilenza: si sentirono:

«trombe suonare nell’aria, huomini che [in cielo] battagliavano, e molto sangue di là cadere sulla terra si vedeva, e altri stupendi segni, che de’ futuri mali furono verissimi nunci».

Qualcosa di simile, secondo l’Agnello, accadde di nuovo nell’anno 595, quando a Ravenna era arcivescovo San Mariniano:

«Ai suoi tempi gli abitanti della costa e soprattutto la città di Ravenna furono tormentati da una gravissima pestilenza. Dopo ciò si vide un segno terribile nel cielo, come nemici insanguinati che combattevano per tutta la notte, e si diffuse una luce intensissima».

Ancora, nell’anno 774, «dopo il tramonto del sole a molte persone apparvero nel cielo cavalli con i loro cavalieri che combattevano tra loro, e dappertutto c’era movimento?». (nota 5)

Per l’anno 1398, la peste la si vuole portata dal fatto che «caddero molti fuochi dal cielo, detti Assub da’ meteorologici». (nota 6)

Nel 1496, nel Cesenate, a piovere sui campi furono invece cinque grandi pietre grossolanamente triangolari, provenienti da una enorme nube di forma cubica manifestatasi nel cielo sereno tra rombi di tuono e lampi di folgori. (nota 7) Se per quest’ultimo fenomeno si può pensare alla frantumazione di un meteorite all’impatto con l’atmosfera, restano invece piuttosto misteriose le più volte citate visioni in cielo di uomini in movimento con tanto di armi e cavalli.

L’argomento è ben noto agli storici e agli antropologi culturali, ed è stato oggetto di larga illustrazione soprattutto in Età Moderna, quando venne descritto da una miriade di pubblicazioni, in forma di fogli volanti e di brevi opuscoli come di opere più approfondite e corpose: pensiamo solo al celebre volume di Ludwig Lavater, De spectris, lemuribus et variis presagitationibus tractatus vere aureus”, pubblicato a Zurigo nel 1570, e ai “Diarii” di Marino Sanuto; nel Cinquecento i resoconti di visioni di "battaglie celesti" erano divenuti così frequenti, che esse venivano in più occasioni pronosticate dai predicatori senza tema di fallare.
A posteriori poi tali materiali sono stati studiati dagli storici, fra cui l’italiana Ottavia Niccoli, che li tratta soprattutto in un saggio apparso nel 1987, a cui rimandiamo chi volesse approfondire.
(nota 8) Diciamo solo, in breve, che la Niccoli parla di immagini mentali, dunque di immaginario, frutto di sedimentazioni culturali. Resta da capire, però, se all’origine di tali proiezioni mentali ci potessero essere fenomeni fisici e celesti quali ad esempio le aurore boreali (pur molto rare alla nostra latitudine), che in effetti sembrano disegnare in cielo movimenti e figure, anche se non giustificano i fenomeni acustici (urla, clangori, strepiti) che spesso accompagnavano, secondo i relatori dell’epoca, tali visioni.

Prendiamo in considerazione adesso quegli avvistamenti che, al giorno d’oggi, a volte vengono catalogati con l’etichetta di UFO, cioè di oggetti volanti non identificati.

Nel 1027, nel Bolognese, fu osservata in cielo «una grandissima trave di fuoco correre per lo sole già declinato verso l’occidente, la quale trave di fuoco poscia cadde in terra» (nota 9) (in questo caso possiamo pensare ad un meteorite). Per la stessa zona una cronaca riporta che nel 1145 (per altri testi era il 1155) in cielo si videro prima tre lune, poi qualcosa a forma di croce, e infine tre soli. (nota 10)

Ancora nel Bolognese nel giorno di Natale del 1348 apparve in cielo «uno fuogho», cioè un fuoco.

Una cosa simile si ripeté il 12 ottobre del 1352, quando verso sera si vide nell’aria un «segno» in forma di un enorme «serpente di fuoco» che emanava un chiarore pari a quello della luna. (nota 11)

Pochi anni dopo, nel giugno 1381, una «lampada di fuoco dalla cui parte posteriore si diramavano una lunga lancia» fu vista sopra Forlì. (nota 12)

Ancora la popolazione forlivese, sbigottita, poté guardare nelle prime ore notturne del 3 marzo 1428 «una grandissima fiamma in forma di una torre» (nota 13) , fenomeno che a posteriori fu interpretato come presagio di un terremoto e di un periodo di siccità che seguirono.

Un anno denso di strani avvistamenti fu il 1487: il forlivese Leone Cobelli annota che in giugno, «essendo io in villa a mietere i miei grani, apparve [in cielo] una spada sanguinosa», cosa che terrorizzò sia il figlio del cronista che i contadini che stavano andando al mercato della città.

Pochi giorni dopo, in volo da Monte Poggiolo verso Forlì, nel cielo notturno comparve una «trave di fuoco», fenomeno che si ripeté il mattino seguente. (nota 14)

Nel luglio dello stesso anno tre "lance" solcarono la notte, e ad agosto, sempre sopra il Forlivese, fu la volta di un grande oggetto circolare che faceva pensare a una ruota di carro. Leone Cobelli, che all’alba vide l’oggetto con i propri occhi, parla di una "stella grande" che, volando come una "pavagliotta", cioè col moto irregolare di una farfalla, si mosse nel cielo per diversi minuti terrorizzando i contadini che stavano caricando carri.
«Certo parea come una rota di carro», annota Cobelli; «alcuni dicono che più di mezz’ora prima l’avevano veduta a la montagna».
(nota 15)

Dieci anni dopo, cioè nel 1497, una sera sulla campagna cesenate si vide invece volare, «ardendo e sfavillando soavemente», un oggetto luminosissimo e in apparenza a quota piuttosto bassa che provenendo da sopra Bertinoro si spostava lentamente (quindi rimase in vista a lungo) in direzione del mare. (nota 16)

Una "trave di fuoco" fu vista sopra Rimini all’imbrunire del 6 marzo del 1582 (nota 17), e una "fiamma" attraversò il cielo di Bologna la sera del 31 marzo 1676, procedendo in direzione della Romagna. (nota 18)

Ma l’avvistamento forse più curioso e di effetto fu quello che poterono effettuare nel 1425 i cittadini del Lughese, che videro in cielo, di giorno, ciò che considerarono due enormi e minacciosi draghi volanti.

Vediamone la descrizione nelle parole dello storico e cronista Girolamo Bonoli:

«Adì 14 di settembre circa l’ore 23 della sera [quindi nel tardo pomeriggio] apparvero nell’aria sopra Lugo due gran Serpenti difformi, cornuti, e di smisurata grandezza, che spaventato il popolo stette più settimane confuso, dubitando d’essere d’improvviso sorpreso da qualche altro gran castigo. Questi serpenti per la strada di San Potito s’erano partiti dal bagnacavallese: il giorno seguente delli 15 li medesimi, o altri, furono veduti nella villa di Santa Maria di Piano distante 10 miglia da Parma. Uno di essi era di color dell’argento, e l’altro dell’oro. La lunghezza loro era di 12 e più braccia, e l’ali grande e brutte come quelle de’ Draghi, di color tetro ed oscuro; le corna pure erano brutte e lunghe, avendone l’uno di loro maggiori dell’altro». (nota 19)

Che dire di due oggetti di color metallico, alati e con lunghe “corna” (antenne?) visti volare quasi cinque secoli prima dell’invenzione dell’aeroplano?

 

 

Ravenna, Almanacco del Planetario, 2010


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NOTE a “I “misteri” del cielo nelle cronache romagnole di medioevo ed età moderna

 

1 - Su questi temi, in relazione alla Romagna, vedi uno specifico capitolo di un mio volume di qualche decennio fa: E. Baldini, Paura e “maraviglia” in Romagna, Ravenna 1988, pp. 205-233.

2 - Tradotto dal latino per opera di M. Pierpaoli nel volume: Il libro di Agnello Istorico. Le vicende di Ravenna antica fra storia e realtà, Ravenna 1988.

3 - S. Pasolini, Lustri ravennati, Bologna-Forlì-Ravenna 1678-1689.

4 - T. Tomai, Historia di Ravenna, Ravenna 1580.

5 - Il libro di Agnello Istorico, cit.

6 - S. Marchesi, Supplemento istorico dell’antica città di Forlì, Forlì 1678.

7 - L. Cobelli, Cronache forlivesi [sec. XV], a cura di G. Carducci e E. Frati, Bologna 1874.

8 - O. Niccoli, Profeti e popolo nell’Italia del Rinascimento, Roma-Bari, Laterza, 1987. Della stessa autrice vedi sull’argomento: “I tramiti dell’immaginario: racconti di visioni e di prodigi nell’Italia del primo Cinquecento”, in Per una storia dell’Emilia Romagna, Ancona 1985, pp. 7-19.

9 - Corpus chronicorum bononiensum, in R.I.S., XVIII.

10 - Ibid.

11 - Ibid.

12 - S. Marchesi, cit.

13 - G. di Mastropedrino, Cronica del suo tempo [sec. XV], a cura di S. Borghesio e M. Vartasio, Roma 1929.

14 - L. Cobelli, cit.

15 - Ibid.

16 - G. Fantaguzzi, Occhurentie et nove, pubblicato come “Caos”. Cronache cesenati del sec. XV, a cura di D. Bazzocchi, Cesena 1915.

17 - L. Tonini, Della storia civile e sacra riminese, Rimini 1848-1888.

18 - Osservazioni e vaticinio sopra l’impressione meteorologica ecc., Bologna 1676.

19 - G. Bonoli, Storia di Lugo, Faenza 1732.

 


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