Quando tutto era "Hardware" (Paolo Morini)

Sembrano quasi appartenere a un’altra era geologica le riviste dell’hobbista fai da te che venivano pubblicate negli anni ’50 e ’60 e, fra i tanti argomenti che venivano esaminati (citiamo la costruzione di aeromodelli, razzi, camere a nebbia, macchine elettriche ad alto e altissimo voltaggio, motori a scoppio, radio, …) anche l’astronomia amatoriale aveva il suo posto. L’oggetto preferito da consigliare agli astrofili autocostruttori era naturalmente il telescopio newtoniano a specchio, di diametro medio-piccolo e montato in altazimutale.

Ciò che oggi sorprende di più è l’estrema leggerezza delle montature: treppiedi filiformi e assi costituiti da viti da 8 mm di diametro … neanche le ditte cinesi stanno osando tanto.
Può anche sorprendere, ma non più di tanto, la lunghezza dei tubi: la scelta di elevati rapporti focali consentiva all’autocostruttore dello specchio di ottenere prestazioni ottiche decorose senza avere l’abilità di un Marcon o di uno Schmidt …
Che tipo di astronomia amatoriale intravediamo in queste vecchie pagine?
Dato il tenore delle riviste, indirizzate a persone curiose di scienza e tecnica e piuttosto inclini a maneggiare arnesi e costruirsi le apparecchiature, è fortissima la componente relativa all’acquisizione e alla tecnica degli strumenti. In quegli anni infatti il mercato amatoriale era quasi inesistente, e i pochi oggetti disponibili avevano costi proibitivi: l’autocostruzione dei telescopi era una scelta obbligata.

Gli strumenti commerciali più abbordabili erano in pratica dei giocattoli, come quelli pubblicizzati alla fine di alcuni giornalini degli anni ’60 e ‘70: rifrattori da 800 ingrandimenti (e 50 mm di diametro !), magari inseriti fra i famosi occhiali a raggi X e le pistole giocattolo, fedeli riproduzioni di armi vere. Io stesso ricordo di aver posseduto un piccolo cannocchiale con il tubo sfilabile, ricordo che lo avevo smontato e la lente era in vetro, abbastanza spessa (forse un doppietto?), 30 mm di diametro, forse qualcosina in più.

C’era anche una montatura, un mini treppiede alto si e no 15 cm: una vera impresa puntare qualcosa più alto dell’orizzonte. La lunghezza focale sarà stata di 250 mm e ricordo che smontai tutto per cercare di capire cosa non andava: infatti non riuscii mai a vedere niente di niente, ma probabilmente la mia imperizia fu la causa principale delle mancate osservazioni. Soprattutto il non avere la più pallida idea di cosa avrei dovuto vedere, di cosa volesse dire mettere a fuoco, dell’aspetto di una immagine in un oculare. Quante volte infatti dobbiamo aiutare i bambini alle osservazioni pubbliche perché non riescono a vedere nulla, magari nel nostro supertelescopio …

(ringraziamo sentitamente Fausto Focaccia per averci fornito le immagini delle riviste)