di Paolo Morini Marco Garoni
Ø LA MISURA DEL MONDO
Lidea di misurare luniverso ha sempre affascinato le civiltà di ogni parte della Terra. Lesigenza di confermare la vastità delluniverso, la curiosità di scoprire e misurare la perfezione del creato, hanno stimolato luomo a trovare nuovi metodi che non fossero basati soltanto sulle tradizioni o estrapolati da racconti tramandati da secoli, ma basati su dati tangibili, misurabili e quanto più dimostrabili.
Il primo passo per misurare le dimensioni delluniverso deve partire certamente dalla misura del nostro mondo, dalla misura delle dimensioni e della forma della Terra. Nel III sec. a.C. Eratostene propose una misura ricavata utilizzando un metodo estremamente semplice. Ad Assuan (allora chiamata Siene), nel giorno del solstizio estivo, il Sole illuminava il fondo dei pozzi. Data la profondità di questi pozzi si poteva assumere che, quel giorno, i raggi solari arrivassero perpendicolarmente al suolo. Nello stesso giorno ad Alessandria, dove Eratostene lavorava, unalta torre proiettava a terra unombra che formava un angolo di 7°,12 con la verticale. Assumendo la Terra sferica, questa differenza era da imputarsi alla diversa prospettiva di osservazione del Sole. Langolo trovato rappresenta quindi la distanza angolare tra Assuan ed Alessandria.
Questo angolo corrisponde a circa 1/50 dellangolo giro e quindi a 1/50 della circonferenza terrestre. Le stime della distanza tra le due città era allora di circa 5000 stadi. Le fonti storiche definiscono per lo stadio un valore compreso tra 154 e 215 metri. Usando uno stadio di 157 metri si ottiene un valore del diametro terrestre pari a circa 12.629 km, una misura straordinariamente vicina a quella oggi accettata (inferiore soltanto di circa 113 Km). Ovviamente una misurazione di questo genere non trovò il favore di tutti. In particolare Tolomeo, astronomo molto influente, nel suo Almagesto, adottò unaltra misura di 2.200 km inferiore. Anche nei secoli successivi lerrore influenzò la concezione del mondo tanto che anche un marinaio italiano in cerca di gloria e fama, Cristoforo Colombo, ne fu vittima progettando il suo viaggio con le misure di Tolomeo, un viaggio che si rivelò molto più lungo del previsto.
Mentre Eratostene misurava la Terra, un suo contemporaneo si spingeva più lontano cercando di misurare la distanza della Luna. Osservando le eclissi di Luna e di Sole Aristarco calcolò una distanza corrispondente a 30 diametri terrestri (circa 370.000 km). Successivamente provò a calcolare anche la distanza del Sole. Questa volta, però, vista lestrema difficoltà nel valutare gli angoli ad occhio nudo a così grandi distanze, il risultato fu molto deludente: 7 milioni di km contro una distanza reale di 150 milioni.
Il secolo successivo (189 a.C.) Ipparco usò, per misurare la distanza della Luna, un altro metodo che usiamo da sempre: la Parallasse.
I nostri occhi sono distanti luno dallaltro circa 10 cm. Questa distanza ci permette di percepire la profondità, almeno fino ad un certo punto. I nostri 10 cm non sono però sufficienti a valutare grandi distanze perché in questo caso i nostri occhi dovrebbero essere distanti parecchi chilometri. Ipparco osservò la Luna ad Alessandria ed in Ellesponto (l'Ellesponto è il lungo e stretto braccio di mare chiamato oggi Stretto dei Dardanelli, che mette in comunicazione il Mare Egeo con il Mare di Marmara).
Il metodo della parallasse può, almeno in teoria, trovare applicazione anche per la misura della distanza del Sole e quindi dellUnità Astronomica (UA). Le cose però si complicano. I nostri occhi dovrebbero essere distanti qualche migliaio di chilometri ed inoltre le misure vanno sincronizzate con buona accuratezza. Lorologio è uninvenzione relativamente moderna ed il pendolo non gradisce le traversate atlantiche. Gian Domenico Cassini, nonostante queste difficoltà, riuscì a stabilire per lUA il valore di 140 milioni di km.
La vera rivoluzione nella determinazione dellUA avvenne quando il matematico scozzese James Gregory propose di usare i transiti dei pianeti interni (Mercurio e Venere).
Ø Presentazione
A causa della posizione del nostro pianeta nel sistema solare (il terzo in ordine di distanza dal Sole), e trascurando gli asteroidi e gli altri corpi minori, sono tre i corpi celesti che possono frapporsi fra noi e il Sole.
Uno di essi è la nostra Luna la quale, ponendosi tra Terra e Sole, provoca le note e spettacolari eclissi di Sole, che possono essere totali o parziali.
Le eclissi di Sole sono abbastanza frequenti, ogni anno se ne verificano almeno due e se ne possono avere fino a cinque. Tuttavia è abbastanza raro osservare una eclissi totale a meno di non effettuare appositamente un viaggio. La zona interessata dalla totalità, infatti, è una fascia larga appena un centinaio di km per cui la frazione di superficie terrestre interessata dal fenomeno è molto ridotta.
Un altro corpo celeste che si può frapporre fra Terra e Sole è il pianeta Mercurio.
Questo avvenimento, detto transito, è decisamente più raro delle eclissi di Sole. È accaduto quattordici volte in tutto il XX secolo e accadrà ancora quattordici volte in questo secolo. Lultimo transito di Mercurio si è verificato il 7 maggio 2003 e il prossimo avverrà l8 novembre 2006 (ma non sarà visibile dallItalia).
Nonostante il fenomeno sia di per sé più raro, è più facile da osservare delleclissi totale di Sole in quanto, durante il transito (che dura di solito diverse ore), chi osserva il Sole vede anche la sagoma del pianeta che lo attraversa.
Dal momento che il Sole, in qualunque momento, è visibile da metà del globo terrestre, la superficie da cui si può vedere il fenomeno è molto grande.
Anche Venere, il pianeta che si trova fra Mercurio e la Terra in ordine di distanza dal Sole, può transitare sopra al disco della nostra stella, ma il transito di Venere è un fenomeno ancora più raro di quello di Mercurio, lultimo infatti ha avuto luogo il 6 dicembre 1882, sei mesi dopo la morte di Giuseppe Garibaldi.
Il fenomeno si presenta di rado perché il necessario allineamento Sole-Venere-Terra risente del fatto che lorbita di Venere è inclinata rispetto a quella della Terra. Se osserviamo il sistema solare dallalto, lallineamento dei tre corpi sembra ripetersi abbastanza frequentemente, ma guardando lungo il piano dellorbita terrestre si verifica che nella maggior parte dei casi i tre corpi non siano affatto allineati.
Di transiti ne avvengono mediamente quattro in un ciclo di 243 anni, secondo intervalli di 8, 121.5, 8 e 105.5 anni, e possono aver luogo solamente intorno alle date del 6 giugno e del 7 dicembre.
Ø Le prime previsioni e le prime osservazioni
La prima corretta previsione di un transito si deve allastronomo Joannes Keplero che, nel 1629, pubblicò la Admonitio ad astronomos (Avviso per gli astronomi), nella quale, in poche ma importanti pagine, annunciava due transiti sul Sole, il primo di Mercurio e laltro di Venere, rispettivamente il 7 novembre ed il 6 dicembre 1631, ed esortava gli astronomi allosservazione di questi importanti fenomeni.
Uno dei pochi studiosi ad accogliere linvito di Keplero (che però non visse abbastanza per verificare queste sue previsioni) fu il francese Pierre Gassendi, un anti-aristotelico convinto, amico di alcuni dei massimi ingegni del tempo, fra cui Galileo.
Agli inizi di novembre del 1631, Gassendi, nella sua abitazione di Parigi, si preparò allosservazione del transito di Mercurio e, avendo qualche dubbio sulla precisione della predizione di Keplero, iniziò ad osservare il Sole alla ricerca di Mercurio fino dal 5 novembre, due giorni prima della data prevista.
Il cielo però rimase a lungo coperto da spesse nubi (la dannazione degli astronomi) e il Sole si mostrò solamente nelle prime ore del mattino del 7 novembre, ancora avvolto da nuvole minacciose. Alle 9 il disco del Sole gli apparve totalmente privo di particolari interessanti, a parte una piccolissima macchia nera che, in un primo tempo, lastronomo ritenne essere una macchia solare per poi accorgersi, con grande meraviglia, che quel piccolo punto sul Sole era in realtà il pianeta Mercurio.
Galvanizzato dal successo dell'osservazione del passaggio di Mercurio, Gassendi, un mese dopo, si apprestava ad osservare un nuovo transito, questa volta di Venere.
Alle prime luci dellalba un velo di nebbia copriva il Sole ma, finalmente, alle 8 la luminosa immagine della nostra stella si stagliò nettissima. Venere però non compariva.
Stoicamente, Gassendi rimase in osservazione fino al tramonto: l'unico particolare visibile era una macchia solare. La snervante ricerca continuò, senza successo, anche nelle giornate del 7 e dell8 dicembre, ma oggi sappiamo che si trattò di un transito non visibile da Parigi.
Il primo resoconto dellosservazione di un transito di Venere lo dobbiamo allinglese Jeremiah Horrocks. Horrocks era un giovanissimo studioso di astronomia, i cui interessi erano orientati allo studio e al calcolo delle posizioni dei pianeti: nel 1639, poco più che ventenne, mentre calcolava le posizioni di Venere per gli ultimi mesi dellanno, scoprì che il pianeta sarebbe transitato sul Sole il 4 dicembre.
In quel periodo Horrocks viveva nella chiesa del villaggio di Hoole, a 25 km da Liverpool e pur non essendone il curato, data la giovanissima età, era tuttavia coinvolto nella conduzione delle funzioni religiose. Il 4 dicembre 1639, il giorno del transito, era domenica ed era così impegnato che riuscì a iniziare le osservazioni solo dalle 15, con il Sole ormai al tramonto. Già dalla prima occhiata capì che il meraviglioso spettacolo del transito di Venere sul Sole si stava svolgendo come previsto. Rapito, seguì il fenomeno fino al tramonto.
Horrocks affidò le sue memorie allo scritto Venus in Sole visa (che si traduce Venere osservato sul Sole), pubblicato postumo ventanni dopo il transito a cura dellastronomo Hevelius.
Un altro testimone dello stesso transito fu un altro appassionato di astronomia che intratteneva una fitta corrispondenza scientifica con Horrocks, il commerciante di tessuti William Crabtree, che viveva a Salford, nei pressi di Manchester.
Crabtree fu meno fortunato. Sopra Salford le nuvole si dissiparono verso le 15.30, appena in tempo per scorgere Venere sul Sole in maniera molto fugace.
Pochi mesi dopo il transito, il giovane Horrocks morì improvvisamente, a soli 22 anni, forse stroncato da una fulminea malattia epidemica.
Bailly, famoso storico francese dellastronomia, scrisse che egli aveva attraversato come una meteora la vita terrena, e che sembrava essere apparso sulla Terra solamente per vedere il passaggio di Venere.
Crabtree morì tre anni dopo Horrocks, non più ventenne ma ancora relativamente giovane, e in virtù del loro lavoro verranno ricordati come gli osservatori del primo transito di Venere ad essere stato previsto e confermato.
Nel 1677 il grande astronomo inglese Edmund Halley, allora poco più che ventenne, su invito del matematico scozzese James Gregory, si recò allisola di SantElena, nellOceano Atlantico, per seguire un transito di Mercurio.
Halley, sfruttando il transito, cercò di determinare un valore della distanza Terra-Sole, ma si rese conto che le sue misure erano molto incerte e si convinse che se avesse potuto osservare un transito di Venere avrebbe potuto ricavare una misura molto più affidabile. Nel 1691 Halley pubblicò sulle Philosophical Transactions della Royal Society unimportante dissertazione sulle congiunzioni con il Sole dei pianeti interni, che comprendeva lelenco dei 29 transiti di Mercurio e dei 17 di Venere, lultimo dei quali era proprio quello che si verificherà nel 2004.
Lidea di Halley, sviluppata in scritti successivi, era basata sul fatto che due osservatori, posti in località tra loro molto lontane, vedono Venere descrivere due diverse traiettorie sul Sole.
Inoltre, secondo il metodo di Halley, non era necessario che i due osservatori avessero gli orologi sincronizzati sulla stessa ora, una richiesta impossibile per le possibilità dellepoca, ma necessaria perché la grandezza più importante da misurare era la durata del transito.
Dal momento che per due osservatori situati agli estremi del globo terrestre il transito poteva presentarsi con una durata differente di ben 17 minuti, Halley era convinto che il suo metodo si prestasse alla determinazione della Unità Astronomica con la precisione di 1 parte su 500 e cioè con un errore dello 0,2%.
Halley morì nel 1742 a 85 anni di età, 19 anni prima del transito di Venere successivo a quello osservato da Horrocks e Crabtree.
Una sua memoria alla Royal Society si concludeva con un appello alle generazioni future di astronomi, perché osservassero i successivi transiti di Venere.
A questi astronomi veniva augurato che le nubi non li privassero di questo spettacolo, e inoltre venivano anticipate le congratulazioni per la fama immortale che avrebbe ottenuto colui che avesse misurato le dimensioni esatte dellorbita della Terra.
Di tutte le osservazioni che vennero effettuate nel corso dei quattro transiti di Venere successivi alla morte di Halley, ricorderemo quelle condotte da astronomi che si distinsero, oltre che per capacità scientifiche, per senso di avventura e spirito di sacrificio.
Ø Il transito del 1761
Quando finalmente arrivò il tanto atteso transito del 6 giugno 1761, le principali nazioni europee organizzarono importanti spedizioni scientifiche per la sua osservazione, con lambizioso obiettivo di misurare la distanza Terra-Sole e, di conseguenza, tutto il sistema solare.
Dalla Francia si mossero tre spedizioni principali.
Il trentaquattrenne abate Jean Chappe d'Auteroche, geografo ed abile osservatore, astronomo allosservatorio di Parigi e inventore di un famoso telegrafo, partì per Tobolsk, in Siberia, nel novembre del 1760.
Tobolsk si trova a 400 km a Est degli Urali, e arrivare durante linverno in un luogo simile, a quasi 6 mila km da Parigi, richiedeva un coraggio non comune.
In compagnia del suo servitore personale e di un orologiaio di fiducia, Chappe arrivò il 10 aprile a Tobolsk, dove impiantò un osservatorio in legno per sistemare gli strumenti e compiere le sue osservazioni. Gli abitanti della zona, dopo aver analizzato le sue manovre, si convinsero che fosse uno stregone che stava lavorando per distruggerli.
Sfortuna volle che in quel periodo il fiume principale della regione avesse straripato, allagando le campagne circostanti e questo rafforzò lidea che in quello straniero ci fosse qualcosa che non andava.
Nonostante il clima di diffidenza Chappe riuscì a farsi alcuni amici che gli consigliarono di non recarsi mai da solo allosservatorio e spesso, dopo le osservazioni, Chappe non rincasava, ma dormiva in una brandina presso il telescopio, lontano dal paese. La notte che precedette il transito fu nuvolosa e fredda, e Chappe, rintanato nel suo osservatorio per i soliti motivi di sicurezza personale, guardava con apprensione il rincorrersi incessante delle nuvole.
Finalmente un vento impetuoso iniziò a ripulire il cielo poco prima delle 7 del mattino, e il Sole apparve quando il transito era già iniziato, ma tutte le fasi seguenti furono ben visibili e cronometrate da Chappe con grande diligenza.
Una seconda spedizione francese era guidata dal cinquantenne canonico Alexandre-Gui Pingré, abilissimo calcolatore di effemeridi ed esperto di comete.
Pingrè si recò allisola di Rodrigue, una colonia nellOceano Indiano, nellarcipelago delle Mascarene. Il viaggio non fu senza inconvenienti, perché stava infuriando la guerra anglo-francese e per un momento la nave che trasportava gli astronomi e i telescopi rischiò di cambiare rotta per soccorrere una nave francese danneggiata in una battaglia. Larrivo a Rodrigue avvenne con pochi giorni di anticipo e il sito, unisola rocciosa con pareti a picco sul mare, non era dei più ospitali.
Tutte le attrezzature vennero installate ma purtroppo, dopo aver osservato linizio del transito, le nuvole coprirono il Sole e losservazione fu interrotta dal tempo inclemente.
La nave che doveva prelevare la spedizione attraccò alla fine di giugno, ma fu sorpresa da una nave da guerra inglese che lattaccò e lasciò sullisola marinai ed astronomi. Questi ultimi furono prelevati in settembre da una n1ave francese di passaggio, ma purtroppo anche questa nave subì lattacco degli inglesi e venne catturata. Gli inglesi trattennero una parte dellequipaggio, e gli astronomi furono lasciati sulla nave con la restante parte di marinai. Finalmente alla fine di maggio del 1762, quasi un anno dopo il transito, gli scienziati rividero le loro case a Parigi.
La terza spedizione era diretta a Pondicherry in India.
Guidata dallastronomo Guillaume-Joseph-Hyacinthe-Jean-Baptiste le Gentil de la Galaisière (più brevemente Le Gentil), passò alla storia come la spedizione più sfortunata della storia dellastronomia.
Giunto allIsle de France il 10 luglio 1760, apprese che in India la guerra contro gli inglesi era combattuta senza esclusione di colpi da entrambe le parti. Dopo aver tentennato a lungo per il timore di trovarsi coinvolto in qualche cruento combattimento navale, si imbarcò su di un vascello che, dopo uno scalo allisola di Bourbon, avrebbe tentato di sbarcare a Pondicherry. Ma la colonia francese era ormai stata conquistata dagli inglesi e la sua nave dovette quindi ritornare, di gran fretta, al porto di partenza.
Il giorno del transito Le Gentil, che si trovava in pieno oceano, tentò di scorgere Venere sul Sole dalla tolda traballante della nave, ma non riuscì in ogni caso a compiere nessuna misurazione utilizzabile dal punto di vista scientifico. Caparbiamente decise di rimanere nei mari del sud fino al successivo transito del 1769 e parleremo di lui poco più avanti.
Da parte inglese, e su pressione dellastronomo reale James Bradley, la Royal Society inviò sullisola di SantElena gli astronomi Nevil Maskelyne e Robert Waddington, mentre Charles Mason (assistente di Bradley) e Jeremiah Dixon (un appassionato di astronomia) furono destinati allisola di Sumatra.
La prima spedizione di Mason e Dixon partì in gennaio del 1761, ma loro nave, ancora nel canale della Manica, fu attaccata da una nave francese e fece ritorno a Portsmouth gravemente danneggiata e col pesante bilancio di 11 marinai morti e 37 feriti.
LAmmiragliato provvide alla riparazione della nave e dispose che una nave da guerra la scortasse per la successiva partenza. Nel frattempo Mason scrisse alla Royal Society che non avrebbe avuto più il tempo di arrivare a Sumatra e propose un luogo alternativo nel Mar Nero Orientale. Forse il tono della proposta non era giusto, dato che ai due astronomi fu ingiunto di proseguire, a meno che non volessero recedere dallincarico ed essere considerati dei traditori della scienza e della patria!
Con la coda fra le gambe lasciarono lInghilterra per la seconda volta diretti a Sumatra, ma alla fine di aprile giunsero nei pressi di Città del Capo in Sudafrica, a mille chilometri da Sumatra e a sole sei settimane di tempo prima dellevento. Decisero pertanto di fermarsi a Città del Capo, che allora era colonia olandese, per effettuare le loro osservazioni. I due astronomi, molto coscienziosamente, osservarono il transito senza scambiarsi alcun dato e alla fine i tempi rilevati differivano fino a 4 secondi, un elemento di soggettività che non era stato previsto da Halley.
Della spedizione di Nevil Maskelyne allisola di SantElena, futuro esilio di Napoleone, ci è giunta memoria che le pessime condizioni meteorologiche non consentirono di osservare il transito per più di dieci minuti.
Complessivamente il transito di Venere del 1761 fu osservato da 120 astronomi di otto nazioni e da 60 stazioni di osservazione diverse.
Le aspettative su queste osservazioni erano enormi, ma purtroppo i risultati furono molto discordi e conseguentemente la distanza Terra-Sole poteva variare, a seconda dei dati utilizzati per il calcolo, da 123 a 157 milioni di chilometri.
Si trattava sicuramente di un notevole miglioramento rispetto alle misure precedenti, tuttavia si era molto lontani dalla precisione ipotizzata da Halley di 1 parte su 500. Le cause di dati così discordanti sono imputabili principalmente a due fattori. Anzitutto la necessaria conoscenza della latitudine e longitudine delle stazioni era spesso approssimativa. Laltra difficoltà era laccuratezza sui tempi del transito. La precisione di almeno un secondo non si rivelò unimpresa facile, perché la turbolenza dellaria rendeva i bordi del Sole e di Venere, osservati al telescopio, tremolanti e indistinti, per cui era difficile fissare listante preciso del contatto ed inoltre si osservò il cosiddetto fenomeno della goccia nera.
Questo fenomeno, che impressionò molto gli astronomi, venne descritto come un legamento che univa i bordi di Venere e del Sole. I due corpi celesti, in questo modo, apparivano uniti. Il pianeta Venere, dunque, non appariva come un cerchietto, ma sembrava proprio una goccia, da cui il nome dato al fenomeno.
Passata la fase delleffetto goccia nera, Venere si presentava allinterno del disco solare, ma diventava difficile stimare con esattezza il momento in cui si staccava effettivamente dal bordo.
Leffetto fu in seguito attribuito a una serie di fattori, fra cui il disturbo della turbolenza atmosferica, le imperfezioni dellocchio e difetti strumentali.
La durata stimata di questo effetto variava da pochi secondi a un minuto e sembrava dipendere più che altro dalla soggettività dellosservatore. Gli astronomi, intanto, decisero che fosse necessario aspettare il successivo transito del 1769 per rendere giustizia ad Halley.
Ø Il transito del 1769
I problemi riscontrati nel transito del 1761 non diminuirono lentusiasmo per losservazione del successivo transito del 1769.
Le esperienze fatte e laffinamento delle tecniche e degli strumenti facevano ben sperare in un miglioramento dei risultati nellottenimento e le maggiori istituzioni scientifiche promossero una serie di spedizioni per consentire losservazione del fenomeno in molti luoghi del pianeta.
A questo punto vale la pena ricordare che lastronomo francese Le Gentil si trovava ancora in esilio volontario nellOceano Indiano e ritenendo che Manila, nelle Filippine, sarebbe stato un ottimo punto di osservazione, scrisse allAccademia di Francia per comunicare il suo proposito. Lastronomo Lalande, però, gli suggerì di portarsi in una posizione migliore per osservare il transito e gli indicò la località indiana di Pondicherry, la prima sfortunata destinazione di Le Gentil.
Le Gentil obbedì al collega più anziano e si recò in India, sbarcando con un anticipo di 14 mesi rispetto alla data del transito. Questa volta ci sarebbe stato tutto il tempo di preparare le cose a dovere in vista del fenomeno che doveva aver luogo nella mattinata del 4 giugno.
Purtroppo, dopo un mese di maggio allinsegna di un tempo splendido, alle due del mattino del 4 giugno il cielo si coprì e al mattino imperversò una violentissima bufera che si dissolse, lasciando dietro di sé un cielo limpidissimo, due ore dopo il termine del transito.
Il povero Le Gentil cadde in preda alla depressione e soltanto dopo molti giorni riuscì a scrivere il fallimentare resoconto della spedizione da inviare allAccademia a Parigi. Il suo morale non fu sicuramente sollevato dallaver appreso che a Manila, la sua prima destinazione, il tempo era stato splendido. Al danno, poi, si aggiunse la beffa perché Le Gentil, una volta giunto a Parigi, scoprì che alcuni parenti approfittando della sua assenza durata più di undici anni, avevano iniziato le procedure legali per farlo risultare disperso e per dividersi le proprietà.
Fa piacere, comunque, sapere che Le Gentil, dopo queste disavventure, si sposò ed ebbe una figlia e, secondo lastronomo Cassini, la vita famigliare gli fece dimenticare tutti i dispiaceri del passato. Le Gentil morì nel 1792, ventitré anni dopo il transito.
Labate Chappe, che già era stato in Siberia in occasione del transito del 1761, partì da Parigi nellestate del 1768, con destinazione San José del Cabo in California (allora territorio del Messico). Il suo viaggio durò in tutto otto mesi e la base delle operazioni doveva essere una missione spagnola. Arrivato però alla missione, apprese che la zona era colpita da una malattia epidemica, probabilmente tifo, che aveva decimato un terzo della popolazione.
Con soli pochi giorni a disposizione per scegliere una sistemazione alternativa, Chappe temeva che il rischio sarebbe stato quello di perdere il transito del tutto e decise, confidando nella robusta costituzione fisica dei suoi uomini, di rimanere a San Josè. Le osservazioni del transito furono impeccabili, ma purtroppo subito dopo il verificarsi del fenomeno si registrò nel villaggio una recrudescenza della malattia e due giorni dopo undici uomini della spedizione si ammalarono. Anche Chappe contrasse la malattia, ma continuò a lavorare senza sosta fino al 1 agosto 1769, giorno in cui morì a 41 anni di età. A causa dellepidemia il 75% della popolazione locale morì e della spedizione restarono solamente due superstiti, che riportarono in Francia il diario di osservazione di Chappe.
La spedizione di Pingré a Santo Domingo, rispetto a queste epopee, fu una trasferta di ordinaria amministrazione. Il transito fu osservato con successo e il de Fleurieu, collega di Pingré, rilevò indipendentemente da Pingrè tempi che differivano fino a 9 secondi, il che rimarcava una volta di più leffetto dellosservatore sulla misura del fenomeno.
Il direttore dellosservatorio di Vienna, il padre gesuita Maximilian Hell, fu invitato dal re di Danimarca e Norvegia ad osservare il transito di Venere dalla località di Vardo, sulla costa artica della Lapponia, a 70° di latitudine Nord.
Il transito di Venere avveniva attorno alla mezzanotte, ma data la latitudine del luogo il Sole non tramontava mai.
Il giorno del transito un cielo nuvoloso faceva temere il peggio, ma il Sole emerse dalle nuvole per tutta la durata del fenomeno. La notizia fu comunicata prontamente a Vienna ma il viaggio di ritorno fu lunghissimo, durò infatti 27 mesi.
Lastronomo Lalande, nel frattempo, ansioso di conoscere i dati per effettuare nuovi calcoli, tempestò Hell di richieste che non vennero mai esaudite. Iniziò a serpeggiare il dubbio che Hell non si fidasse dei suoi risultati e volesse confrontarli con quelli degli altri astronomi prima di pubblicarli.
Sotto queste pressioni padre Hell non attese il ritorno in Austria e pubblicò i suoi risultati mentre era di passaggio in Danimarca, dove rimase ospite per un certo periodo della locale Accademia delle Scienze. Questo fece svanire i dubbi sulla sua buona fede.
Nessuno parlò più della missione fino al 1835, anno in cui Carl Littrow, successore di Hell presso losservatorio di Vienna, trovò il diario originale della spedizione a Vardo. Esaminandolo vide che il diario era pieno di cancellature e correzioni ed i tempi del transito erano stati riscritti usando inchiostro di diverso colore. Littrow pubblicò un articolo in cui, 43 anni dopo la morte, la reputazione scientifica di Hell fu completamente distrutta.
Lastronomo reale George Airy rivelò che le osservazioni di Hell erano state di una importanza fondamentale e perdere fiducia in esse comprometteva tutte le deduzioni ricavate dal transito.
La storia di padre Hell sembrava destinata a rimanere un brutto episodio negli annali di storia della scienza, ma nel 1883 il grande astronomo Simon Newcomb, in visita a Vienna, chiese di poter vedere i diari di Padre Hell che rilesse alla luce delle accuse di Littrow e restando sbalordito. La pretesa presenza di inchiostri di colore differente era perlomeno discutibile, e inoltre molte correzioni erano state apportate nel corso della prima e unica stesura, correggendo linchiostro ancora fresco passandovi le dita.
Newcomb si informò e scoprì che Littrow era fortemente daltonico, per cui non poteva valutare lievi differenze di colore nellinchiostro usato per scrivere e lo stesso Newcomb dimostrò che le pretese riscritture denunciate da Littrow erano dovute al fatto che molti numeri erano stati ricalcati per renderli più evidenti sulla carta.
La memoria di Hell venne così vendicata e i suoi risultati scientifici tornarono ad essere credibili.
Sul versante inglese, la Royal Society, nel novembre 1767, nominò una commissione con lo scopo di organizzare le spedizioni per losservazione del transito di Venere.
Si decise di inviare Joseph Dymond e William Wales alla Baia di Hudson in Canada, William Bayley a Capo Nord (Norvegia), Jeremiah Dixon allisola di Hammerfest, al largo della costa della Norvegia e infine Charles Green nei mari del Sud.
Questultima spedizione catturò di più la fantasia del pubblico.
Il mezzo di trasporto era la nave Endeavour, comandata da James Cook, un uomo di mare molto abile e versato per la matematica. Lastronomo reale Maskelyne compilò con cura le istruzioni per eseguire losservazione del transito e fece in modo che ogni osservatore prendesse i tempi in maniera indipendente. Voleva infatti evitare che si ripetesse linconveniente del 1761. Si verificò, però, una curiosa coincidenza. Mentre, infatti, in tutti i gruppi di osservazione i tempi del transito erano leggermente differenti da osservatore a osservatore, i tre astronomi dellosservatorio di Greenwich avevano fissato esattamente gli stessi istanti senza la minima differenza. Un caso di eccezionale e condivisa accuratezza? Assolutamente no. Dopo qualche indagine, infatti, fu scoperto che uno degli astronomi, quando prendeva il suo tempo, gridava Ora! e gli altri due istintivamente fermavano i loro cronometri.
Le idee del tenente di vascello Cook non erano molto precise e lunico dato certo era lorganizzazione di un punto di osservazione in un qualche luogo dei mari del Sud. Nel frattempo, qualche settimana prima che Cooke salpasse, faceva ritorno da un viaggio nel Pacifico il capitano Samuel Wallis, con lannuncio di avere scoperto una nuova terra, Tahiti. La descrizione di Wallis era quella di una terra fatta di sogno e meraviglia, sebbene reale ed esistente: lunghe spiagge e montagne, rinfrescata dalla pura aria delloceano, piena di alberi pregiati, valli profonde e cascate splendenti.
Cooke, affascinato da questa descrizione, decide di partire alla volta di Tahiti.
La nave salpò nellagosto del 1768 da Plymouth per il primo dei viaggi che avrebbero reso Cooke una celebrità in tutta lInghilterra. Dopo cinque settimane di navigazione lEndeavour si fermò a far provviste allisola di Madeira. Fra le provviste Cooke aveva sempre cura di imbarcare grandi quantità di frutta fresca, il cui consumo evitava linsorgere dello scorbuto, una malattia causata da una dieta prolungata priva di vitamina C. La malattia ha un esito mortale e probabilmente lo scorbuto fece più vittime in mare delle guerre e delle tempeste. Vasco da Gama, nel suo viaggio attorno al Capo di Buona Speranza nel 1497, perse un centinaio dei suoi 160 uomini proprio a causa dello scorbuto e Anson, nel suo giro intorno al mondo nel 1740-44, perse duecento dei suoi quattrocento uomini.
Fu il medico di bordo James Lind a intuire e a sperimentare, fin dal 1747, che la somministrazione di arance e limoni fosse il vero rimedio contro lo scorbuto, al contrario di molti presunti rimedi del tutto inutili (elisir di vetriolo, aceto, misture di aglio e senape ). Purtroppo Lind era molto giovane e di rango non elevato, e le sue intuizioni furono oscurate dalla supponenza di medici molto noti e influenti. Solo nel 1795 sir Gilbert Blane avrebbe convinto i vertici della Marina a somministrare dosi giornaliere di succo di limone agli equipaggi dando così a Lind, morto lanno precedente, un riconoscimento postumo alla originalità della sua idea.
Possiamo immaginare che Cooke fosse al corrente di queste sperimentazioni non ancora ufficializzate, e comunque la dieta a bordo delle sue navi era originale per lepoca. Oltre alla frutta fresca, non sempre disponibile, Cooke faceva imbarcare una quantità di barili di crauti e di cipolle cotte.
Tahiti fu avvistata la mattina dell11 aprile 1769, con un margine sufficiente di tempo per preparare losservazione. Durante tutto il mese che precedette il transito, lastronomo Green portò avanti una complessa serie di osservazioni astronomiche per verificare il funzionamento degli orologi e per determinare la latitudine e la longitudine di Fort Venus, la località fortificata di Tahiti dalla quale furono effettuate le osservazioni.
Nonostante il cielo molto nuvoloso, proprio il giorno del transito, il 3 giugno, la Provvidenza donò a Cooke, a Green e agli altri osservatori una giornata limpida e soleggiata e il transito fu osservato nel migliore dei modi, dallinizio alla fine.
Non tutti, però, erano coinvolti emotivamente in questa affascinante impresa astronomica e infatti mentre astronomi ed ufficiali erano intenti allosservazione, alcuni uomini dellequipaggio forzarono la porta del magazzino e rubarono una grande quantità di chiodi. I chiodi rubati erano la moneta di un illecito mercato sessuale fra lequipaggio e un gruppo di donne di Tahiti le quali, secondo le parole di Cooke non potevano resistere alla tentazione di possedere chiodi, stoffe e cose simili. Addirittura i marinai del capitano Wallis erano giunti a schiodare alcune tavole della nave pur di procurarsi la moneta necessaria.
Losservazione fu comunque un gran successo e fu festeggiata come tale, anche se Cooke nel suo diario scrisse che il fenomeno della goccia nera si era manifestato pesantemente e inoltre sembrava ci fosse un alone di penombra attorno al pianeta e anche il tremolio dellatmosfera era stato molto evidente, tutti fattori che diminuivano la precisione dei tempi registrati.
Ognuno osservò in silenzio per non influenzare gli altri e, sempre nel diario di Cooke, leggiamo che i suoi tempi e quelli dellastronomo Green differivano fino a 20 secondi.
Un mese dopo il transito, lEndeavour lasciò Tahiti per il viaggio di ritorno, che sarebbe durato due anni. In questo viaggio Cooke scoprì le Isole dellAmmiragliato, poi quelle che, in onore della Royal Society chiamò Society Islands e infine circumnavigò la Nuova Zelanda e sbarcò in Australia.
Purtroppo lo scalo a Batavia fu fatale a causa dellacqua infetta di cui fecero provvista. Lequipaggio, decimato dalla dissenteria, perse alcuni dei suoi migliori uomini e anche lastronomo Charles Green morì tra sofferenze atroci.
Larrivo dellEndeavour in Inghilterra fu annunciato dai giornali il 15 luglio 1771, tre anni dopo la partenza, e fu accolto con incredulità dato che molti ritenevano la nave dispersa in qualche tempesta tropicale.
Si stima che questo transito abbia coinvolto 150 astronomi (alcuni dei quali persero la vita nelle corso delle spedizioni) in 77 stazioni diverse, sparse in ogni angolo del globo. I resoconti delle osservazioni originarono più di seicento memorie e articoli pubblicati.
Come per il transito precedente, si riscontrò una certa dispersione dei risultati e i calcoli fornirono per lUnità Astronomica valori variabili fra i 156 e i 149 milioni di km.
Nel 1824, più di cinquantanni dopo il transito, lastronomo Encke analizzò tutti i dati raccolti e fissò il valore della distanza Terra-Sole in 153.4 milioni di km.
Il valore oggi accettato è pari a 149.57 milioni di km, per cui quello di Encke era considerevolmente più grande.
Ø Il transito del 1874
Fra il transito del 1769 e quello del 1874 accaddero molte cose dal punto di vista astronomico: fu scoperto un nuovo pianeta, Urano, furono individuati i primi asteroidi e fu inventata la fotografia.
La fotografia, allepoca del transito del 1874, era preferita dai francesi nella forma già antiquata della dagherrotipia, e dagli inglesi e tedeschi nella forma delle più pratiche e sensibili lastre secche. In ogni caso il nuovo mezzo di indagine fu utilizzato per lo studio del transito di Venere.
Unaltra novità tecnologica era costituita dalleliometro, uno strumento perfezionato dallottico tedesco Repsold e che consentiva laccurata misura delle distanze angolari, in questo caso la distanza del centro di Venere dal centro del Sole.
Un ulteriore mezzo di indagine che iniziava ad affacciarsi sulla scena astronomica era lo spettroscopio, che ebbe fra i suoi pionieri lastronomo italiano padre Angelo Secchi.
In Inghilterra lastronomo reale George Biddell Airy era un fervente sostenitore dellosservazione dei transiti di Venere quale mezzo per calcolare la parallasse solare (dalla quale risalire allunità astronomica), al contrario di altri astronomi che avevano iniziato a utilizzare metodi alternativi, fra cui la misura della parallasse di Marte allopposizione.
Comunque sia, Airy era convinto che il progresso tecnico degli strumenti e le nuove tecniche di calcolo avrebbero consentito di ottenere un valore dellUnità Astronomica molto più esatto rispetto ai transiti del secolo precedente e pertanto si adoperò affinché venissero messi a disposizione quei mezzi tecnici e finanziari per poter affrontare il transito in modo adeguato.
Per il transito del 1874 le spedizioni furono numerosissime e non risulta che nessuna di esse si sia trasformata in unodissea per i partecipanti, al contrario di molti viaggi affrontati nel secolo precedente dagli astronomi.
Da parte inglese furono installate tre stazioni osservative nelle isole Hawaii, due allisola di Kerguelen (nellOceano Indiano meridionale) e una in Egitto.
La bandiera degli Stati sventolava sopra le stazioni di Vladivostok, Pechino e Nagasaki nellemisfero nord, mentre in quello sud sopra alle stazioni di Kerguelen, in Tasmania (due stazioni), in Nuova Zelanda e alle isole Chatham. Il personale di ogni stazione era costituito da un capo missione, un astronomo, un capo fotografo e due assistenti fotografi.
La Germania organizzò sei spedizioni che si distinsero per lenorme mole di attrezzature al seguito. Essendo difficile privilegiare una tecnica o uno strumento rispetto ad altri, gli astronomi tedeschi erano in grado di applicare tutti i principali metodi proposti, visuali e fotografici, per losservazione del transito.
Le sei stazioni francesi, divise in boreali e australi, erano situate a Pechino, Yokohama, Saigon, allisola di Campbell, allisola di Saint-Paul e Nomea.
Il personale francese consisteva complessivamente di oltre cinquanta persone fra astronomi, fisici e tecnici.
La Russia, sotto la direzione di Otto Struve, dislocò 27 stazioni dosservazione, situate principalmente in Siberia, e tutte dotate di strumenti di buona qualità.
Fra le tante spedizioni ricordiamo con orgoglio quella italiana, organizzata da Pietro Tacchini con il sostegno di padre Secchi.
La spedizione italiana fece un uso estensivo delle osservazioni spettroscopiche (allepoca gli astronomi del nostro paese erano allavanguardia nello studio e nellutilizzo di queste nuove tecniche di osservazione).
Lanalisi ufficiale dei dati ricavati dalle osservazioni fu eseguita da Airy per le stazioni inglesi, mentre altre elaborazioni furono a cura del francese Puiseux.
Anche in questo transito le differenze fra le misure effettuate offrivano valori dellUnità Astronomica differenti fra loro di circa 1 parte su 18, un errore non trascurabile e sommamente più grande della parte su 500 ipotizzata da Halley.
Chi aveva sperato di ottenere dalla fotografia un sostanziale miglioramento rimase dunque deluso e molte riprese fotografiche del transito furono considerate un fallimento, principalmente a causa del fatto che allesame dei negativi al microscopio il bordo del Sole appariva indistinto, e pertanto rilevare gli istanti esatti dei contatti geometrici era impossibile.
Ø IL TRANSITO DEL 1882
Il successivo transito del 1882, lultimo avvenuto prima del prossimo dell8 giugno 2004, fu abbastanza sfavorevole per lEuropa, perché fu possibile osservare solo lingresso di Venere al tramonto del Sole.
Anche dal punto di vista della determinazione dellUnità Astronomica il transito si presentava in generale poco favorevole, essendo ridotta la massima differenza sulla durata del transito osservato dagli estremi del globo terrestre.
A Parigi nel 1881 fu indetta una conferenza internazionale per preparare losservazione del transito. Parere quasi unanime e sfavorevole fu espresso nei confronti delle tecniche fotografiche, dal momento che le esperienze effettuate durante il transito del 1874 non erano state molto felici.
Gli undici Paesi che parteciparono alla conferenza (Argentina, Brasile, Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Cile, Danimarca, Olanda, Messico e Portogallo) si impegnarono di approntare una o più stazioni osservative. Non presero parte al convegno Stati Uniti, Austria e Italia.
Inutile dire che anche questo transito non fu risolutivo per la determinazione dellUnità Astronomica.
In Europa, nei primi giorni di dicembre, il maltempo colpì gran parte del continente e molti osservatori non riuscirono a fare altro che lamentarsi delle condizioni atmosferiche proibitive.
A Milano il cielo era nuvoloso e il grande Giovanni Virginio Schiaparelli riuscì a vedere il pianeta quando si trovava già in parte sul Sole. Lastronomo notò inoltre che le ondulazioni del lembo solare non erano minori di 5, e questo fatto lo indusse a non superare i 50 ingrandimenti.
Il belga Houzeau fu il primo a pubblicare i calcoli di questo transito e trovò che la distanza Terra-Sole era pari a 23147 raggi terrestri, con un errore probabile di ±218 raggi terrestri, pari ad un errore di circa 1 milione di chilometri su 147 milioni. Molti altri resoconti contenevano risultati analoghi.
Ø EXCURSUS MATEMATICO
Linteresse fondamentale che rivestiva lesatta definizione dellUnità Astronomica deriva dal fatto che, grazie alle leggi di Keplero, è possibile risalire alle distanze degli altri pianeti.
Innanzitutto assumiamo come unità (1 u.a.) la distanza tra Terra e Sole.
Langolo q misurato da Terra è di 46°,054. Ponendo la distanza Terra-Sole uguale a 1 u.a. troviamo che la distanza Venere-Sole risulta essere 0,72 u.a. e quindi la distanza Terra-Venere è pari a 0,28 u.a. Ora ci serve solo trovare a quanti km corrisponde lunità astronomica. Per questo calcolo entra in gioco il transito di Venere.
I due osservatori sulla Terra dovranno essere a latitudini diverse (quanto più possibile). Supponiamo, ad esempio, che siano distanti luno dallaltro 2000 km. I due osserveranno il transito in due zone diverse del disco solare, in particolare losservatore A vedrà il transito in una zona più bassa del Sole (effetto di parallasse) rispetto a B (in questa trattazione useremo un metodo puramente geometrico e non considereremo, come invece detto in precedenza, la diversa durata del transito visto dai due osservatori).
Applicando le leggi sui triangoli simili si ricava quanto segue:
- laltezza del triangolo maggiore è la distanza tra Venere ed il Sole (0,72 u.a.);
- laltezza del triangolo piccolo è la distanza tra la Terra e Venere (0,28 u.a.).
Nei triangoli simili la Base divisa per lAltezza è uguale in entrambe e quindi:
So : 0,28=St : 0,72
Poiché la distanza dei due osservatori è nota (2000 km) troviamo la distanza delle due tracce del transito sul disco solare, pari a 5142,86 km. Se proiettassimo il Sole ottenendo un disco di 16 cm ricaveremmo una separazione di 0,059198 cm. Sempre con la formula applicata precedentemente troviamo:
Diam. Apparente Sole : 0,059198 = Diam.Vero Sole : 5142,86
da cui risulta un diametro reale del Sole di 1.390.000 km. Questo dato, prima dei calcoli sul transito, agli astronomi non era noto!
Finalmente possiamo determinare lUnità Astronomica.
Da Terra il diametro angolare del Sole è di circa mezzo grado (0°,534) e di conseguenza il raggio apparente è di 0°,267. Il raggio reale del Sole è 695.000 km e la distanza Sole-Terra è 1 u.a.
Utilizzando le note relazioni di trigonometriche troviamo:
Tangente(0°,267)=695.000km :1 u.a.
da cui
1 u.a. = 695.000km : tan(0°,267)= 149.140.000 km.
Il risultato ottenuto è la nostra misura, straordinariamente simile alla misura adottata di 149.600.000 chilometri.
Ora, grazie in particolare alla terza legge di Keplero, possiamo trovare le distanze del sistema solare.
La legge afferma che I periodi orbitali dei pianeti, elevati al quadrato, sono proporzionali al cubo dei semiassi maggiori delle rispettive orbite. Tradotto in formule:
(periodo)2 = k.(semiasse maggiore orbita)3
Facendo un rapporto tra i dati relativi alla Terra e quelli dei singoli pianeti (consideriamo per esempio Marte) troviamo la distanza dal Sole di ogni pianeta.
(semiasse magg. Marte )3 =[ (semiasse magg. Terra) 3 : (periodo terra) 2]*(periodo Marte) 2
da cui
semiasse dellorbita di Marte=1,52 u.a.
e così per tutti gli altri pianeti.
Ø CONSIGLI PER LOSSERVAZIONE
Fin dalla prima mattina dell8 giugno il Sole sarà eclissato da Venere. Il pianeta, infatti, transiterà sul disco solare producendo un piccolo dischetto nero appena visibile ad occhio nudo. Il transito durerà parecchie ore ed è osservabile, dallItalia, nella sua interezza. Per la sua osservazione possiamo usare diversi metodi ma in ogni caso devono essere utilizzati opportuni filtri per proteggere gli occhi.
Se si prevede di osservare il transito ad occhio nudo, un vetro da saldatore è sufficiente purché si osservi il disco solare per pochi minuti consecutivamente. Ad occhio nudo lombra di Venere apparirà come se osservassimo un dischetto di 3 mm di diametro da una distanza di circa 10 metri. In teoria questo particolare è appena percettibile dal nostro occhio, ma il contrasto con la luminosità del Sole aiuterà nellindividuazione dellombra, osservabile nella parte inferiore del disco con un moto da sinistra a destra.
Con un piccolo binocolo bisognerà premunirsi di appositi filtri (il vetro da saldatore e le diapositive non saranno sufficienti) da porre davanti agli obiettivi. Ne esistono di vari tipi. Il più economico è un filtro in Mylar o in Astrosolar. Questo materiale, abbastanza delicato, si presenta come una sottilissima pellicola argentea. Può essere tagliato e adattato ad ogni strumento. Lo stesso tipo di filtro può essere adattato ad un teleobiettivo per poter riprendere levento. Serve una focale di almeno 500 mm per rendere ben fotografabile lombra. Con una pellicola da 100 asa (meglio una pellicola per diapositive) saranno sufficienti tempi da 1/125 a 1/30 di secondo a f/11 (utilizzando i filtri descritti in precedenza). Conviene comunque fare unesposizione più lunga ed una più breve. Per fotografare la goccia nera serviranno focali molto più lunghe (almeno 4 metri) con conseguente aumento dellinfluenza della turbolenza atmosferica (seeing). Si eviti di fotografare con pellicole meno sensibili e di usare tempi brevi per evitare il filtro, ne andrebbe della propria sicurezza e del buon funzionamento della macchina fotografica (rottura dellotturatore, surriscaldamento del pentaprisma etc..).
Per le osservazioni al telescopio si possono adottare due metodi sicuri. Come per i binocoli e per le macchine fotografiche, si può procurare un filtro da porre davanti allobiettivo. Un metodo molto semplice è anche quello di proiettare limmagine del Sole su di un cartoncino bianco. Con questo metodo non cè bisogno di alcun filtro. Attenzione, però, a non avvicinare locchio alloculare!!! Ricordarsi, in ogni caso, di tappare il cercatore.
Unosservazione
al telescopio permette losservazione dettagliata di molti
eventi. Innanzitutto potremo osservare i contatti
dellentrata e delluscita. Altro fenomeno interessante
è la cosiddetta black drop (goccia nera), un fenomeno
legato alle condizioni di osservazione. Già nellOttocento,
infatti, si è dimostrato che questa goccia dipende
dal seeing (in condizioni di buon seeing il
legamento si riduce) e dallo strumento (con telescopi di 15-20 cm
di diametro leffetto goccia non dovrebbe essere
visibile). Può essere interessante osservare invece il
transito con strumenti di diverso diametro e vedere
le differenze nelle dimensioni del legamento (magari due
telescopi identici, con gli stessi ingrandimenti, ma diaframmati
in maniera diversa). Per quel che riguarda gli ingrandimenti,
lideale sono circa 100-150x in modo da osservare, con buona
definizione, anche dettagli superficiali.
Il problema rimane la determinazione visuale dei tempi. Con i
normali orologi, infatti, difficilmente si potrà arrivare ad una
precisione migliore di 2 secondi (considerando lorologio
perfettamente sincronizzato, per esempio, con il segnale radio).
Il metodo più semplice potrebbe essere quello di osservare con
laiuto del cronometro. Facendolo partire ad unora
prestabilita (magari mezzora prima dellinizio del
transito) potremmo, mantenendo locchio
alloculare, rilevare i parziali.
Tra il primo contatto ed il secondo (ed anche tra il terzo ed il
quarto) passano circa venti minuti e quindi abbiamo il tempo di
registrare il tempo rilevato. Dallentrata alluscita
(secondo e terzo contatto) passano però parecchie ore e sarà
quindi opportuno risincronizzare il cronometro (circa
mezzora prima dellora prevista per luscita) in
modo da evitare che si accumuli troppo errore. Per rendere le
osservazioni quanto più imparziali sarebbe meglio disattivare
eventuali suonerie. Molti altri metodi potrebbero dare risultati
molto precisi, come, per esempio, riprendere levento avendo
la possibilità di inserire un segnale orario nel video (o nel file
se usiamo un computer).
Nella direzione della determinazione delle dimensioni del sistema solare, un grosso passo in avanti fu compiuto nel 1958 con la grande antenna radar da 26 metri di diametro installata al MIT negli Stati Uniti, cronometrando il tempo di ritorno di un segnale radio diretto verso Venere e riflesso verso la Terra dal pianeta.
Queste misure inaugurarono una nuova era nellastronomia di posizione.
Uno dei primi risultati maggiormente consolidati fu pubblicato nel 1961, e si stimava per lUnità Astronomica il valore di 149.599.000 km con un probabile errore contenuto in +/- 1500 chilometri.
I grandi sistemi radar, finanziati dai capitali messi in campo per combattere la Guerra Fredda, continuarono a produrre misure e, nel 1964, i risultati erano oramai consolidati.
La International Astronomical Union adottò per lUnità Astronomica il valore di 149.600.000 km che, nel 1976, fu portato a 149.597.870, finalmente con la precisione sognata da Halley tanti anni prima.
Giova ricordare che con lavvento dellera spaziale e dei viaggi interplanetari effettuati dalle sonde, il problema delle dimensioni del sistema solare da teorico o accademico è diventato un problema eminentemente pratico dal punto di vista della navigazione spaziale.
Concludiamo con alcune curiosità. Sappiamo per certo che solo due persone hanno assistito al transito del 1639.
Non più di poche centinaia hanno invece osservato i transiti del 1761 e 1769, mentre quelli del 1874 e del 1882 ebbero una platea di decine di migliaia di persone.
I transiti del 2004 e 2012, grazie ai mezzi di comunicazione, saranno visti probabilmente da centinaia di milioni di persone e molti seguiranno il fenomeno alla televisione, comodamente seduti nelle loro case.
Probabilmente sarà uno dei fenomeni astronomici più osservati della storia.
Qualcuno potrà pensare che il transito di Venere sia motivo di interesse solo per gli astronomi o gli appassionati, ma la storia della sua osservazione è la storia stessa dellumana e insaziabile curiosità, che spinse i nostri antenati ad affrontare viaggi incredibili per osservare una piccola macchia scura attraversare il Sole, una macchia che offriva la possibilità di rivelarci le vere dimensioni del sistema solare.
Ø DATI DEL TRANSITO
Torna alla Home Page di Testi & Trattati