IL PLANETARIO DI RAVENNA
di Franco Gàbici

 

Il Planetario di Ravenna (modello “Aus Jena ZKP 2”) è uno strumento ottico che proietta su di una cupola di 8 metri di diametro l'immagine della volta celeste visibile ad occhio nudo. Dotato di particolari sistemi meccanici, lo strumento mette in evidenza i movimenti apparenti della volta celeste, movimenti che non sono direttamente percettibili a causa della loro lentezza.

Il primo impatto col Planetario pone lo spettatore di fronte al cielo della stagione del momento alla latitudine di Ravenna. Le stelle che si contano sulla cupola sono a migliaia e di fronte a questo rutilare insolito di astri lo spettatore potrebbe pensare di trovarsi di fronte a un cielo artificiale senza nessuna corrispondenza col cielo reale. Il Planetario, invece, proietta l'immagine della volta celeste così come apparirebbe in condizioni perfette di visibilità e pertanto il confronto col cielo reale può già indurre alcune riflessioni di tipo ecologico. Se, infatti, la nostra visione del cielo fornisce una immagine poco nitida e sicuramente meno ricca di stelle, ciò è dovuto essenzialmente allo stato dell'atmosfera.

Gli strumenti del Planetario mettono in evidenza anche il cammino del Sole attraverso lo sfondo delle stelle fisse proiettando l'eclittica, che rappresenta il percorso del Sole durante il suo moto apparente giornaliero.

Attorno alla eclittica speciali proiettori mettono in evidenza i pianeti visibili a occhio nudo e questi, per poterli facilmente distinguere dalle stelle fisse, sono stati rappresentati con dimensioni più grandi di quelle reali.

Saturno, ad esempio, è rappresentato coi suoi caratteristici anelli, ma è noto che gli anelli del pianeta possono essere osservati solamente attraverso uno strumento ottico. Anche Giove, sulla cupola del Planetario, è rappresentato diversamente da come appare normalmente. Il Giove del Planetario, infatti, è rappresentato molto grande e con la sua caratteristica atmosfera a bande.

Questo sovradimensionamento dei pianeti, comunque, oltre a rendere più facile il loro riconoscimento, contribuisce anche ad aumentare la spettacolarità.

La Luna, invece, è rappresentata in grandezza naturale e un apposito dispositivo ne regola le fasi.

Quando sulla volta del Planetario appaiono i pianeti e la Luna, la proiezione dell'eclittica metterà in evidenza un fatto molto importante che ogni insegnante dovrà sottolineare: i pianeti e la Luna non sono disposti a caso sul tappeto del cielo, ma tutti si trovano lungo la fascia dell'eclittica.

Il Planetario di Ravenna è dotato anche di uno strumento addizionale che proietta il pianeta Giove a dimensioni ancora più grandi unitamente ai suoi quattro satelliti principali, i satelliti “galileiani” che Galileo scoprì col suo cannocchiale la notte dell'epifania del 1610. Giove viene rappresentato in rotazione e così pure i quattro satelliti: lo, Europa, Callisto e Ganimede.

L'insegnante dovrà sottolineare le occultazioni e lo spostarsi della macchia rossa di Giove, caratteristica del pianeta.

Il Planetario offre una immagine geocentrica del sistema solare visibile a occhio nudo, vale a dire mostra i pianeti e la Luna così come si possono osservare da terra.

È possibile, però, cambiare prospettiva e immaginare di osservare il sistema solare dall'esterno (oltre l'orbita di Saturno).

Questa possibilità è offerta da un altro strumento addizionale del Planetario che consente la visione del sistema solare col Sole al centro e con i pianeti da Mercurio a Saturno che gli orbitano intorno a differenti velocità.

Particolarmente significative è la rappresentazione della Terra in coppia con il suo satellite (Luna) e può essere interessante considerare le varie posizioni che possono determinare una eclissi o certi allineamenti di pianeti.

La rappresentazione in pianta del sistema solare può anche essere arricchita dalla proiezione supplementare della fascia dello Zodiaco che rende evidenti i passaggi del Sole durante l'anno attraverso le dodici costellazioni. Non sarà superfluo sottolineare che le dodici costellazioni dello Zodiaco, ancorché siano le più famose, non sono le uniche del cielo e che il loro numero complessivo, ufficialmente riconosciuto dalla astronomia, è di 88.

Attraverso la rappresentazione del sistema solare inserito nella fascia dello Zodiaco è possibile sottolineare una circostanza molto importante.

Quando si dice, ad esempio, che il Sole è nella costellazione dei Gemelli, la costellazione non è visibile (sarebbe visibile di giorno se il cielo si oscurasse) e pertanto di notte sarà visibile la costellazione che si trova diametralmente opposta, in questo caso il Sagittario.

Questa rappresentazione del sistema solare può essere molto utile per parlare dei modelli interpretativi dei movimenti dei pianeti attorno al Sole.

È possibile, ad esempio, ricordare la teoria della gravitazione universale di Newton secondo la quale i pianeti orbitano attorno al Sole perché fra essi e il Sole vengono esercitate delle mutue attrazioni.

Questo punto di vista di Newton, però, ad una analisi più attenta del moto dei pianeti attorno al Sole, non si è rivelato del tutto esatto, perché in alcuni casi particolari le previsioni della teoria newtoniana non si accordavano con la realtà dei fatti.

Queste anomalie della teoria di Newton sono state spiegate dalla teoria della relatività generate di Einstein, che ha rivoluzionato completamente il modo classico di concepire le cause dei movimenti dei pianeti attorno al Sole.

Einstein, infatti, elimina dal suo universo il concetto di forza (che invece era alla base del sistema di Newton) e introduce la curvature.

Il tema è particolarmente difficile come formulazione matematica, ma è possibile visualizzare il punto di vista di Einstein con un esempio efficace.

Si immagini di avere a disposizione un tappeto di gomma perfettamente teso e flessibile sul quale siano disposte, a varie distanze, alcune piccole sferette. Le sferette, in assenza di sollecitazioni esterne, manterranno la loro posizione di equilibrio. Se, però, nei pressi delle sferette verrà collocato un pallone pesante (si immagini un pallone da basket pieno d'acqua o di mercurio), questo deformerà il tappeto e di conseguenza le sferette, non trovandosi più in equilibrio, prenderanno a muoversi in direzione del pallone che ha causato la deformazione.

A questo punto è facile intuire che le sferette rappresentano i pianeti e che il pallone da basket rappresenta invece il Sole.

Meno intuitivo, invece, è il significato del tappeto, che nella teoria della relatività generale è lo spazio-tempo.

Lo spazio-tempo, secondo la teoria einsteiniana, è una struttura quadridimensionale entro la quale avvengono tutti i fenomeni.

Prima di Einstein si riteneva che i fenomeni avvenissero nello spazio (a tre dimensioni) e nel tempo (una dimensione).

Einstein, invece, riunisce lo spazio e il tempo in questo nuovo continuo a quattro dimensioni (lo spazio-tempo) il quale, al di là delle sue proprietà matematiche, possiede una proprietà nuova.

Mentre, infatti, lo spazio di Newton era lo spazio euclideo, vale a dire lo spazio sul quale valeva la geometria piana di Euclide, lo spazio-tempo di Einstein non ha invece una geometria che possa essere determinata a priori, perché questo spazio-tempo ha proprietà “elastiche” e pertanto può venire deformato dalla presenza di materia.

Secondo la teoria di Einstein, dunque, il Sole, con la sua massa, deformerebbe lo spazio-tempo nel quale si trova immerso e di conseguenza i pianeti, venendosi a trovare in un ambiente curvo e deformato, prenderanno necessariamente a muoversi.

Si capisce che esisteranno delle regole che disciplinano queste cadute dei pianeti attorno al Sole, ma una trattazione completa sarebbe troppo specialistica ed esulerebbe dalle finalità di questo opuscolo che vogliono essere essenzialmente divulgative.

L'importante, comunque, è render chiara la differenza concettuale fra l'universo di Einstein e quello di Newton, anche se la migliore attendibilità della teoria di Einstein non deve indurre a pensare che Einstein abbia soppiantato la teoria di Newton. La teoria della relatività generate è più perfetta, più completa ma contiene, come caso particolare, proprio la teoria di Newton.

Oltre alla proiezione dell'eclittica, gli strumenti del planetario consentono di visualizzare anche l'equatore Celeste e il meridiano fondamentale per uno studio più tecnico della geografia astronomica.

Un cerchio luminoso, inoltre, mette in evidenza la posizione della stella polare che l'osservatore vedrà sempre immobile mentre tutta la volta celeste evolve da est a ovest.

Da questa osservazione sarà utile sottolineare che la stella polare, in realtà, non è fissa, ma dotata anch'essa di un movimento. Trovandosi, però, vicinissima al perno attorno al quale avviene la rotazione apparente della volta celeste (il polo nord celeste), la polare descriverà una circonferenza talmente piccola che per l'osservatore è come se la polare stesse immobile.

Dalla stella polare alla precessione il discorso è quasi d'obbligo.

La polare, infatti, non ha sempre indicato la posizione del polo nord celeste e in futuro (così come è accaduto in passato) saranno altre stelle a giocare ii ruolo di indicatrici del polo nord celeste.

Questo fatto si spiega col complesso fenomeno della precessione degli equinozi, fenomeno che può essere visualizzato facendo ricorso all'esempio di una trottola in rotazione attorno al proprio asse. Quando, infatti, I'asse della trottola si trova inclinato rispetto al pavimento, si nota come esso non mantenga fissa la propria direzione, ma descriva un ampio cono attorno alla verticale.

Qualcosa di simile accade anche all'asse di rotazione della terra, anch'esso inclinato sul pavimento (in questo caso il pavimento è rappresentato dal piano dell'orbita).

Il Planetario consente anche di viaggiare stando seduti sulle poltrone.

È possibile, infatti, variare I'altezza sull'orizzonte della stella polare e ciò corrisponde a spostare idealmente l'osservatore da un punto all'altro della terra.

È possibile, ad esempio, portare la stella polare allo zenit (esattamente sulla verticale) simulando la situazione del polo nord. In questa occasione sarà possibile mettere in evidenza come ii ciclo dei poli sia sempre uguale a se stesso, perché tutte le stelle e costellazioni non tramontano mai e inoltre si toccherà con mano ii suggestivo fenomeno della lunga notte polare o del lungo giorno polare.

Viaggiando nello spazio, il Planetario ci offre anche la possibilità di osservare il cielo dell'emisfero australe, dove campeggiano le due Nubi di Magellano e la famosa Croce del sud.

Sulla volta celeste illuminate dalle stelle, è possibile osservare un puntino luminoso che si muove velocemente fra le stelle fisse. È l'immagine di un satellite artificiale che può offrire l'occasione anche per proporre temi di astronautica.

Dal 1957, anno del lancio del primo satellite artificiale costruito dall'uomo, lo Sputnik, i lanci si sono susseguiti a ritmi elevati, tant'è che attualmente si stanno prendendo in esame alcune operazioni per poter “pulire” le orbite da tutti i rottami che circolano attorno alla terra. Quando un satellite cessa di funzionare o viene distrutto, infatti, esso continua ad orbitare attorno alla terra e ciò costituisce un serio problema di sicurezza per i lanci di nuovi satellite.

Il Planetario è in grado di rappresentare anche uno degli spettacoli più suggestivi del cielo, la cometa. Si è tanto parlato, in questo ultimo periodo, della cometa di Halley che ormai la cometa è diventato un argomento di attualità. Il Planetario di Ravenna, però, non offre la cometa di Halley, bensì la cometa Donati, una cometa molto bella e spettacolare che apparve nel 1858 e che non tornerà più a causa della sua orbita ellittica.

L'immagine della cometa offre lo spunto per un discorso su questi oggetti che ancora molta gente chiama “stelle” mentre in realtà si tratta di corpi ghiacciati e piccolissimi.

Le comete, che da sempre hanno affascinato (ma anche spaventato) l'uomo, sono oggetti celesti composti da una parte che resta sempre uguale durante la sua esistenza e di una parte che invece compare solamente quando la cometa viene a trovarsi nelle vicinanze del Sole.

La parte permanente (nucleo) è formata di ghiaccio e polveri, sicché le comete si possono considerare degli enormi iceberg che vagano nello spazio. Questi iceberg, però, non appena avvertono la vicinanza del Sole, cambiano aspetto e da “palle di neve sporca” diventano oggetti con chioma e con la caratteristica coda.

La chioma, il cui diametro può variare da 1000 a un milione di chilometri, comincia a formarsi quando la cometa si trova a circa 5 u.a. dal Sole la sua luminosità è dovuta in gran parte al fenomeno della fluorescenza causata dalia eccitazione di gas ad opera della radiazione solare.

La coda, invece, che costituisce I'aspetto più spettacolare della cometa, composta di particelle solide e gassose che il “vento solare” strappa al corpo della cometa disperdendole nello spazio. Le code di gas, che si presentano diritte e tese, sono lunghe in genere una u.a. e larghe pochi chilometri, anche se non mancano le eccezioni.

Una cometa apparsa nel 1843 aveva una coda lunga due u.a. corrispondenti a 300 milioni di chilometri.

Queste code hanno una massa che può raggiungere anche i cento miliardi di tonnellate, ma date le enormi dimensioni della coda risulteranno essere un mezzo alquanto rarefatto.

Più frequenti sono le code costituite da polveri, col loro caratteristico aspetto ricurvo, a forma di scimitarra, che rispetto a quelle descritte precedentemente risultano più corte e più larghe.

II nucleo, invece, ha dimensioni modeste dell'ordine delle decina di chilometri.

Legato alle comete è il fenomeno delle cosiddette “stelle cadenti” che il Planetario riesce a riprodurre fedelmente concludendo le sue prestazioni con uno spettacolo altamente suggestive.

Forse meno poetica è la giustificazione del fenomeno. Non si tratta, infatti, di stelle che cadono, bensì di frammenti di code di comete che entrando con violenza dentro alla nostra atmosfera danno origine ad alcuni vistosi fenomeni dei quali dalla terra possiamo osservare la traccia.

 

 


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