di Andrea Milanesi
Nettuno (Voyager II, 1990)
La nostra storia comincia il 17 marzo 1781 quando sir Wilhelm Herschel, astronomo dilettante, scoprì al telescopio il pianeta Urano. Apparentemente viene da chiedersi quale significato possa avere questo avvenimento, ma si deve tenere presente che negli anni successivi le posizioni di Urano sulla volta celeste, calcolate matematicamente, non coincidevano con quelle realmente assunte dal pianeta, anzi, tendevano a divergere sempre di più.
Alcuni astronomi giunsero alla conclusione che l'orbita di Urano doveva essere perturbata dalla presenza di un altro corpo, forse un pianeta, che viaggiava in una zona ancora più periferica del Sistema Solare.
Bisogna però aspettare il 1843 affinché il problema sia preso in seria considerazione da un giovane matematico inglese, John Adams, il quale impiegò due anni di lavoro per calcolare l'orbita dell'ipotetico corpo perturbatore e la sua posizione in cielo. Al momento di verificare i suoi calcoli l'astronomo reale sir Airy, a cui il giovane si rivolse, non gli accordò sufficiente fiducia e non osservò la zona di cielo indicatagli da Adams. Fu una grave leggerezza in quanto (oggi lo possiamo dire) la posizione reale del nuovo pianeta differiva di appena 2 gradi da quella calcolata.
Così la scoperta dell'ottavo pianeta del Sistema Solare venne rinviata di circa un anno, allorché la notte del 23 settembre 1846 il professor Galle dell'Osservatorio di Berlino, in base a calcoli eseguiti parallelamente ed indipendentemente a quelli di Adams dal matematico francese Le Verrier, scoprì un debole dischetto azzurrastro, identificato appunto come un nuovo pianeta a cui venne assegnato il nome mitologico di Nettuno, dio del mare.
La sua posizione nella fredda periferia del Sistema Solare a 4 miliardi 497 milioni di chilometri dal Sole ed il suo diametro di 49.500 chilometri lo hanno fatto immediatamente classificare come un pianeta gigante, ovvero un corpo ricco di elementi chimici leggeri quali idrogeno, elio, azoto metano e carente di rocce, alla stregua dei già conosciuti Giove, Saturno ed Urano. La grande abbondanza di metano, ed in particolar modo il suo caratteristico assorbimento della luce rossa, che conferisce al pianeta il tipico colore azzurro, ha aiutato molto gli astronomi a conoscere la struttura del pianeta, là dove le osservazioni visuali al telescopio fornivano solo dati molto incerti sulla presenza di vaghe bande scure all'altezza dell'equatore.
Osservazioni del disco planetario risalenti al 1979 ed effettuate nel vicino infrarosso presentavano zone molto riflettenti probabilmente dovute a nubi chiare poste in alta quota nell'atmosfera di Nettuno.
Analoghe osservazioni spettroscopiche hanno fatto ipotizzare la presenza sul pianeta di intense nebbie in sospensione nell'atmosfera che si possono formare e dissolvere molto rapidamente, seguendo un ciclo di intensità che sembra legato al ciclo undecennale di attività solare.
Negli ultimi anni, comunque, per capire la struttura di Nettuno, gli scienziati hanno avuto a disposizione le nuove e preziose informazioni scientifiche sui grandi corpi del Sistema Solare esterno fornite dalle sonde interplanetarie Pioneer 10 e 11 e Voyager 1 e 2 per ciò che riguarda Giove e Saturno ed ancora dal Voyager 2 dopo il fly-by con Urano del 1986.
Urano e Nettuno sono apparentemente due corpi molto simili, se si prendono in considerazione i valori del diametro, rispettivamente 51.800 e 49.500 chilometri, e della densità, essendo 1,26 gr/cm3 per Urano e 1,77 gr/cm3 per Nettuno. Questi ultimi valori risultano piuttosto elevati rispetto alla densità misurata per i giganti Giove e Saturno e ciò implica che Nettuno, pur contenendo grandi quantità di gas e ghiacci d'acqua, metano ed ammoniaca, racchiude nel suo interno anche una buona porzione di elementi pesanti come silicio e ferro.
Questi, secondo i modelli comunemente accettati, andrebbero a formare un'amalgama di materiale pseudo-roccioso che attualmente si pone come nucleo del pianeta, mentre al tempo della condensazione del pianeta dalla nebulosa protosolare ebbe funzione di centro di accrescimento di materia, cioè di punto attorno al quale gli elementi chimici più leggeri venivano accumulati attraverso l'attrazione gravitazionale.
Attorno al nucleo si dovrebbe quindi estendere un mantello liquido di acqua, metano ed ammoniaca, sovrastato a sua volta dalla coltre gassosa ricca di idrogeno, elio e metano, che oltremodo sfuma in una più rarefatta atmosfera; in sostanza si tratta di una struttura differenziata che pone una sostanza chimica a profondità tanto maggiori quanto più essa è pesante.
Esiste però un fenomeno che mette in dubbio una tale struttura.
Si tratta dell'osservazione di una considerevole quantità di energia proveniente, sotto forma di calore, dall'interno di Nettuno. Il pianeta emette cioè nello spazio più energia, circa il doppio, di quanta ne riceve dal Sole. Ciò viene oggi spiegato attraverso l'opera di correnti convettive, osservate già su Urano, che dominano l'interno del corpo celeste asportando le sacche di calore inglobato.
Queste correnti si muovono in maniera radiale rispetto al centro del pianeta e sono in grado di prelevare il calore presente nelle zone più interne e trasportarlo verso la superficie dove viene dissipato nello spazio. Il fatto che tali eccessivi flussi di energia non siano stati registrati provenire da Urano fa comprendere come le correnti convettive che interessano Nettuno debbano essere molto più efficienti.
Perciò è necessario ipotizzare che l'interno di quest'ultimo non sia differenziato in maniera così drastica come esposto in precedenza, ma piuttosto omogeneo, cioè con parte delle rocce, dei ghiacci e dei gas uniformemente mescolati tra loro fino a profondità di molte migliaia di chilometri e comunque fin quasi ai limiti del nucleo.
In questo modo le correnti convettive incontrerebbero pochissimi ostacoli nel loro moto e potrebbero non solo asportare agevolmente il calore ricevuto dal Sole, ma anche l'energia racchiusa circa 4,6 miliardi di anni fa durante la fase di formazione del pianeta e rimasta intrappolata nelle sue viscere.
La sonda Voyager 2 studierà l'emissione termica di Nettuno eseguendo delle mappature in infrarosso 7,5 giorni prima e dopo il fly-by del 25 agosto, stabilendo anche la temperatura dell'atmosfera a varie latitudini. Anche se questo fenomeno non dovesse coinvolgere completamente l'interno del pianeta, ma solamente la sua atmosfera, esso dovrebbe garantire un maggior movimento della stessa e quindi la possibilità di osservare strutture molto più simili a quelle di Giove e Saturno, cioè fatte di fasce e bande parallele, piuttosto che una coltre gassosa uniforme ed immutabile come quella presentata da Urano alle telecamere del Voyager.
Una eventuale forte omogeneità nella struttura di Nettuno avrebbe la conseguenza di far coincidere il periodo di rotazione del suo interno con quello dell'atmosfera. Il Voyager dovrà stabilire il verificarsi o meno di fenomeno, nonché fornire un valore del periodo di rotazione che risulti più preciso di quello stimato da Terra, il quale oscilla tra le 11 e le 19 ore.
È comunque certo che il nucleo abbia una velocità di rotazione differente da quella del resto del pianeta. Il fenomeno genera delle intense correnti elettriche con lo stesso principio di quanto avviene in una dinamo, le quali a loro volta stimolano la formazione di un relativamente intenso campo magnetico. In base ai dati già forniti dalle sonde automatiche per Giove, Saturno ed Urano, è lecito aspettarsi la presenza di un tale campo che si pensa di aver già scoperto da Terra attraverso misurazioni di onde radio.
Il Voyager proverà a confermare questi risultati attraverso rilevamenti a distanza dell'energia emanata da particelle elettricamente cariche che si muovono vorticosamente lungo le linee di forza del campo magnetico stesso. Si suppone inoltre che la sonda penetrerà nel suo interno circa 20 ore prima di raggiungere il punto di massimo avvicinamento al pianeta, dopo di che effettuerà un grande numero di esperimenti sulle particelle, sul plasma e altro.
GLI ANELLI
La prima testimonianza da parte di astronomi sulla presenza di anelli attorno a Nettuno risale al 10 ottobre 1846 quando William Lassel, il futuro scopritore di Tritone (uno dei satelliti del pianeta) annotò la presenza di un anello che attraversava il disco planetario quasi esattamente da nord a sud. Una successione enorme di altre osservazioni rilevarono anche il mutare di posizione dell'anello stesso fino al 1852.
Si trattò comunque di una incredibile serie di abbagli, in quanto è evidente l'impossibilità di osservare anelli nettuniani con un telescopio basato a Terra ed in luce visibile, e ciò sia a causa del piccolo diametro apparente del pianeta, sia perché qualsiasi materiale posto nelle vicinanze sarebbe immerso nella sua luminosità.
Nel 1968 due astronomi della Villanova University, Guinam e Shaw, seguirono un fenomeno di occultazione stellare da parte di Nettuno allo scopo di studiarne la composizione atmosferica attraverso la variazione dello spettro elettromagnetico della stella occultata. Essi però, prima dell'evento principale, registrarono un anomalo calo della luminosità della stella che considerarono comunque spurio.
Nel 1977 venne la scoperta degli anelli di Urano proprio durante un'occultazione stellare. In questo caso diversi osservatori siti in varie parti del mondo registrarono cali di luminosità della stella 20 minuti prima e dopo l'evento di occultazione principale, imputabili a 9 anelli di materia presenti attorno al pianeta. Conferma di tale presenza venne data 11 anni dopo proprio dal Voyager.
L'avvenimento fu di stimolo per Guinam e Shaw, i quali andarono a riverificare quanto rimaneva dei dati di 10 anni prima, concludendo che il fenomeno registrato allora poteva anche essere imputabile a materia oscura posta a circa 10.000 chilometri dalla vetta delle nubi del pianeta.
La notizia, pur venendo accolta con molto scetticismo dalla maggior parte degli scienziati, scatenò la curiosità di un gruppo di ricercatori che dal 1981 ad oggi hanno osservato ben 21 occultazioni che hanno coinvolto Nettuno, con il solo scopo di cercare di scoprire gli ipotetici anelli. La tecnica usata è quella di osservare l'occultazione evidenziando l'eventuale presenza di materiali attorno al pianeta attraverso l'artificiosa diminuzione della sua luminosità, ovvero studiandola nell'infrarosso, dove Nettuno appare molto scuro a causa dell'assorbimento, operato dal metano presente, come già visto, in grandi quantità nell'atmosfera.
Dei 21 casi sopracitati, 15 non hanno dato alcun esito, mentre in 6 di essi sono state osservate occultazioni prima oppure dopo l'evento principale causato dal disco di Nettuno, comunque sempre privi di cali simmetrici. La spiegazione più probabile è che la causa sia dovuta ad archi di anello che si estendono attorno a Nettuno ad una distanza media di circa 64.000 chilometri e per un'estensione di non più del 10% della circonferenza totale.
Un fenomeno simile non è ancora stato riscontrato in nessuna altra parte del Sistema Solare probabilmente a causa dell'estrema instabilità delle strutture ad arco, le quali normalmente tenderebbero a distribuirsi in un anello completo.
Gli esperti hanno elaborato due teorie per spiegare la stabilità degli archi, la più probabile delle quali considera che due satelliti, detti pastori, troppo piccoli per essere osservati da Terra, mantengano segregate le particelle di materia attraverso la loro azione gravitazionale.
Il dubbio sulla presenza o meno degli archi di anello ha costretto gli scienziati incaricati della navigazione del Voyager a modificare la traiettoria della sonda, la quale doveva raggiungere il punto di massimo avvicinamento all'altezza dell'equatore. Si è preferito invece farle attraversare il piano equatoriale di Nettuno ad una distanza di 73.500 chilometri, onde evitare ogni rischio di danni dovuti alla collisione tra la sonda e le particelle costituenti gli archi di anello; una eventuale ulteriore piccola correzione di rotta potrà essere eseguita entro il 21 agosto.
Le ricerche per i materiali anulari avranno inizio a partire dai primi giorni di agosto attraverso le immagini delle telecamere della sonda e lo studio della possibile occultazione della stella Sigma del Sagittario (Nunki) da parte della supposta regione degli anelli.
I SATELLITI
Come già detto, Nettuno possiede due satelliti naturali, dei quali non molto è conosciuto.
Il maggiore è Tritone, scoperto dall'astronomo inglese William Lassel il 10 ottobre 1846.
Esso viaggia su di un'orbita praticamente circolare a 355.000 chilometri da Nettuno, che compie in 5,88 ore e con moto retrogrado, cioè inverso al senso di rotazione del pianeta. Ciò comporta che le maree dovute dall'attrazione che il satellite provoca sul pianeta gli sottraggono energia, causando una progressiva diminuzione della distanza orbitale da Nettuno, Questo significa che Tritone sta precipitando sul pianeta, la cui forza gravitazionale un giorno lo disintegrerà; recenti calcoli anno ritenere che questo giorno è ancora molto lontano, probabilmente oltre 10 miliardi di anni: più della vita rimanente al Sole.
Una decina di anni fa, osservazioni in infrarosso di Tritone rilevarono la presenza di ghiaccio di metano sulla superficie, nonché di azoto sotto forma liquida o solida. Lo stato fisico di questo elemento dipende ovviamente dalla temperatura a cui esso si trova; un suo rilevamento ha dato valori dell'ordine dei 50°K, alla quale l'azoto, trovandosi liquido, formerebbe vasti oceani nei quali navigherebbero iceberg di metano ghiacciato.
Abbandonando questa ipotesi forse non così fantasiosa, dobbiamo dire che se azoto e metano sono le sostanze più comuni in superficie, allora esse dovranno anche essere i costituenti principali di quell'atmosfera già scoperta tramite osservazioni da Terra. La tipica colorazione rosso-arancio di Tritone, osservabile al telescopio, fa supporre che su questo corpo sia presente anche ammoniaca; questa infatti, associandosi col metano con l'ausilio della radiazione ultravioletta del Sole, sarebbe andata a formare dei polimeri organici che possiedono proprio questo colore. Se poi essi si trovassero sospesi nell'atmosfera potrebbero nascondere per intero la superficie del satellite alle telecamere della sonda.
Un'esperienza analoga è già stata vissuta dal Voyager 2 durante il fly-by con Titano, satellite di Saturno, il cui oceano di azoto liquido che dovrebbe ricoprirne la superficie rimane ancora un'ipotesi proprio a causa dei composti organici che hanno reso impenetrabile ai raggi ottici l'atmosfera di questo corpo celeste.
Non abbiamo ancora parlato del diametro di Tritone forse perché esso non è conosciuto con sufficiente precisione. A seconda dei metodi usati per la misurazione esso varia da un valore minimo di 3.000 chilometri ad uno massimo di 5.000 chilometri, che al momento sembra il più attendibile.
Tutti questi misteri potranno essere risolti dal Voyager 2 quando esso passerà ad appena 40.000 chilometri dal satellite. Per ben 8 ore Tritone sarà fotografato con una risoluzione massima di circa 800 metri e studiato attraverso un gran numero di esperimenti che tra gli altri includono: osservazioni UV dell'occultazione della stella Beta del Cane Maggiore, misure di diametro e di densità, nonché di deflessione delle onde radio attraverso l'atmosfera, per determinarne il grado di rarefazione.
Nereide venne scoperta nel 1949 dall'astronomo olandese Gerard P. Kujper ed è tutt'oggi un corpo di cui si ignorano quasi tutte le caratteristiche, anche a causa del suo aspetto al telescopio di stellina di 19ª magnitudine.
Il suo diametro è stimato compreso tra 200 e 1.500 chilometri a seconda se esso riflette nello spazio tutta la radiazione che riceve dal Sole, oppure se la assorbe in massima parte. Ciò dipende dalla composizione chimica superficiale che potrebbe anche rivelarsi estremamente diversa per i due emisferi che Nereide rivolge alla Terra nel corso della rotazione attorno al proprio asse.
Infatti lo scorso anno due astronomi del Goddard Space Flyght Centre della NASA hanno scoperto ampie variazioni nella luminosità del satellite. Questo potrebbe significare sia che un lato della sua superficie è molto scuro mentre l'altro è più chiaro, sia che il corpo non è sferico ma di forma irregolare, per intenderci a forma di patata.
Dal Voyager comunque potremmo ottenere solo poche informazioni, in quanto esso passerà a ben 4,7 milioni di chilometri da Nereide e le immagini presenteranno quindi una risoluzione massima di un centinaio di chilometri.
Una curiosità; modelli teorici oggi accettati ritengono che originariamente il sistema di Nettuno fosse costituito da Nereide e da Plutone, il nono pianeta del Sistema Solare.
Tritone sarebbe stato in seguito mentre vagava per lo spazio interplanetario; questo fenomeno avrebbe causato l'espulsione di Plutone, il quali si sarebbe poi posto in orbita indipendente attorno al Sole, e modificato fortemente l'orbita di Nereide che oggi si presenta molto eccentrica, con una distanza minima da Nettuno di 1,3 miliardi di chilometri e massima di quasi 10 miliardi.
Infine diremo che la ricerca di nuovi satelliti nettuniani da parte del Voyager avrà inizio tra la fine di luglio ed i primi giorni di agosto attraverso fotografie a grande campo e lunga posa.
NETTUNO: VIOLATA LA PRIVACY
Malgrado i mille problemi che avevano caratterizzato le fasi iniziali della missione Voyager 2, gli spettacolari risultati ottenuti dalla sonda nei 12 anni del suo lungo viaggio avevano abituato gli scienziati solamente a successi. Vi era quindi un grande ottimismo negli ambienti del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena (California) sulla buona riuscita anche dell'atto conclusivo del Grand Tour tra i pianeti giganti del Sistema Solare che si concludeva proprio nella sua estrema periferia.
Infatti in questi anni Nettuno è il pianeta più esterno del nostro sistema planetario, a causa della particolare orbita di Plutone che, al perielio, lo porta più vicino al Sole di quanto non sia appunto Nettuno.
L'ottimismo non è stato disatteso da Voyager, le cui telecamere hanno inviato le prime spettacolari immagini il 23 gennaio 1989, riprese dalla fantastica distanza di 309 milioni di chilometri dal pianeta. In esse compaiono già notevoli dettagli atmosferici, simili a grandi strutture nuvolose il cui movimento ha permesso di valutare il periodo di rotazione del pianeta (forse solo quello dell'atmosfera) in 16-18 ore.
L'esuberanza per l'accertata attività atmosferica di Nettuno venne comunque raffreddata dal fatto che osservazioni di Tritone lo vedevano uniformemente colorato in rosso, rafforzando l'ipotesi sulla presenza dei famosi composti organici in sospensione nella sua atmosfera.
La fase ufficiale di incontro è cominciata il 5 giugno con Voyager 2 alla distanza di 117 milioni di chilometri dal pianeta, ma già allora le immagini riprese dalla sonda permettevano una risoluzione dei particolari quattro volte migliore di quella ottenibile da Terra.
Tra la fine di luglio ed i primi giorni di agosto Voyager 2 ha eseguito la ricerca di nuovi satelliti di Nettuno, scoprendo ben sei nuovi corpi, provvisoriamente denominati 1989 N1, N2 . . . N6, in ordine cronologico di scoperta.
1989 N1 è il maggiore dei sei con un diametro di 420 chilometri, superiore anche a quello del già conosciuto Nereide. Esso denota una forma particolarmente irregolare e ciò ha sconvolto alcune teorie di dinamica planetaria secondo cui qualsiasi corpo solido di diametro superiore ai 400 chilometri si sarebbe dovuto modellare secondo una forma sferica.
Il satellite orbita a 117.500 chilometri da Nettuno e si mostra dotato di una superficie molto scura la quale, benché studiata da 870.000 chilometri, ha permesso di osservare un grande numero di crateri da impatto e di fratture.
1989 N2 viaggia su di un'orbita circolare a 73.000 chilometri dal pianeta ed assomiglia molto al precedente N1 tranne che per il diametro: solo 200 chilometri.
Vengono poi quattro corpi più piccoli:
- 1989 N3 Diametro 140 chilometri Distanza da Nettuno 52.500 chilometri
- 1989 N4 Diametro 160 chilometri Distanza da Nettuno 62.000 chilometri
- 1989 N5 Diametro 90 chilometri Distanza da Nettuno 50.000 chilometri
- 1989 N6 Diametro 50 chilometri Distanza da Nettuno 48.200 chilometri
Tutti i valori di distanza si intendono riferiti dal centro del pianeta.
È probabile che questi corpi si siano condensati dalla nebulosa protosolare assieme a Nettuno, considerato che le loro orbite giacciono praticamente sul piano equatoriale del pianeta, con un massimo di inclinazione di 4,5 dovuto all'orbita di 1989 N6.
Comunque essi si sono rapidamente raffreddati ed irrigiditi e la loro evoluzione superficiale è stata affidata solo ai frequenti impatti meteoritici.
All'inizio di agosto è cominciata anche la ricerca della regione degli archi di anello e già il giorno 11 Voyager 2 dava i primi responsi, benché si trovasse ancora a 18 milioni di chilometri di distanza. Le immagini mostravano due archi di materia giacere sul piano equatoriale del pianeta ad una distanza di 62.000 e 53.000 chilometri dal suo centro ed estendersi per rispettivamente 50.000 e 10.000 chilometri, associati ai due piccoli satelliti N4 ed N3, i quali potrebbero fungere da pastori.
Il progressivo avvicinamento della sonda ha permesso di rilevare un terzo arco e soprattutto un fatto fondamentale: essi appartengono ad un anello completo che si estende attorno al pianeta a 63.000 chilometri ma che presenta una distribuzione molto eterogenea dei materiali.
Non solo! Le telecamere del Voyager hanno anche scoperto un anello secondario più debole ed un anello diffuso che, partendo da un confine esterno posto a 42.000 chilometri da Nettuno, sfuma verso l'atmosfera del pianeta non avendo un limite interno ben definito. Tra i due anelli propriamente detti si estende una zona di materiale diffuso, anche se quantitativamente piuttosto ricca, detta plateau.
Malgrado questi dati è al momento impossibile spiegare come le disomogeneità, specie dell'anello principale, possano essere stabili; ecco perché gli scienziati stanno ancora ricercando, nelle immagini della sonda, tracce di satelliti pastore.
Nella sua progressiva marcia di avvicinamento a Nettuno Voyager era ormai arrivato alla vigilia del fly-by e gli scienziati attendevano dati che confermassero inequivocabilmente la presenza di un campo magnetico attorno al pianeta. Al contrario sono stati necessari sei giorni di esami delle informazioni raccolte durante gli esperimenti sul plasma, perché il 29 agosto si potesse ottenere un modello il più possibile realistico. Si tratta di un campo magnetico non molto intenso, meno di quello di Urano, e con intensità variabile in vicinanza del pianeta. Esso ha polarità invertite rispetto ai poli geografici e l'asse forma un angolo di 50 con quello di rotazione del pianeta. Inoltre il centro del campo magnetico non coincide col cento del pianeta, ma se ne discosta di circa 10.000 chilometri. Anomalie simili sono già state riscontrate anche su Urano. I teorici ritengono che se si attribuisce la formazione di tale campo ad un processo dinamo, le correnti elettriche che lo stimolano sono generate in vicinanza della superficie del pianeta.
Spettacolare come sempre l'osservazione di numerose aurore distribuite in varie parti del pianeta.
Veniamo ora a quel fatidico 25 agosto 1989. Voyager 2 entrato ormai nel sistema di Nettuno ha avuto il primo incontro ravvicinato con il satellite Nereide, alla notevole distanza di 4.700.000 chilometri. Scarsi sono quindi i dati raccolti. Nereide, contrariamente alle attese, si è rivelato di forma approssimativamente sferica con diametro di 340 chilometri, ma la scarsa risoluzione delle immagini (circa 43 chilometri) non ha permesso di osservare alcun particolare della superficie.
Alle ore 3:55:35 di T.U. (ora di Greenwich) Voyager 2 ha raggiunto la minima distanza da Nettuno sorvolando il polo nord alla distanza di 4.905 chilometri, per poi scivolare dietro il pianeta ed attraversarne il piano equatoriale a circa 49.000 chilometri dalla vetta delle nubi. È subito apparsa evidente la struttura a fasce e bande parallele tipica dei pianeti gioviani propriamente detti, sulla quale spicca un'estesa chiazza scura. Questa struttura, denominata appunto Grande Macchia Scura e posta nell'emisfero sud del pianeta, è interpretata come un grande vortice ciclonico del diametro di 14.000 chilometri. Essa è accompagnata poco più a sud dalla Seconda Macchia Scura, un'analoga struttura più piccola della precedente e dal cui centro si innalzano per circa 60 chilometri un ciuffo di nubi chiare in continuo turbinio.
Ad una latitudine intermedia si pone una terza struttura denominata Scooter. Essa è molto più piccola, ma è stata facilmente individuata per via del suo colore cangiante e del suo movimento nell'atmosfera di Nettuno in direzione opposta al senso di rotazione delle altre formazioni.
È interessante notare come le macchie scure siano strutture che si trovano più in profondità rispetto al limite medio dell'atmosfera, mentre le nubi più chiare se ne innalzano generando spettacolari increspature. A questo proposito Voyager ha eseguito accurati rilievi stratigrafici dell'atmosfera nettuniana esterna.
Lo Scooter, neanche a dirlo, conserva la sua originalità posizionandosi ad una quota intermedia.
I dati sulla composizione dell'atmosfera di Nettuno sono ancora piuttosto incerti anche se indicano una netta prevalenza dell'idrogeno (85%) sul metano e derivati quali acetilene ed etilene. Per quanto riguarda l'abbondanza di elio si ha solo un approssimativo valore del 13%.
Le tanto discusse correnti convettive che venivano supposte dominare l'atmosfera del pianeta sono state confermate attraverso rilevamenti della temperatura atmosferica a varie quote.
Infatti se in profondità la temperatura diminuisce progressivamente dall'equatore ai poli, più superficialmente l'atmosfera è relativamente più calda all'equatore ed ai poli, per raffreddarsi a latitudini intermedie. Ciò comporta movimenti dei gas che salgono in superficie, raffreddandosi alle medie latitudini, per venire in seguito spostati ai poli ed all'equatore dove si riscaldano, sprofondando.
L'atmosfera di Nettuno è anche interessata da intensi venti che spirano fino ad una velocità di anche 1.000 Km/h e questo a causa sia dei movimenti differenziati dell'atmosfera stessa, sia per il diverso periodo di rotazione del nucleo, determinato in poco più di 16 ore.
Cinque ore e quindici minuti dopo aver superato Nettuno, Voyager 2 ha incrociato Tritone alla fantastica velocità di 18 Km/sec.
Il timore di non poter osservare al disotto dell'atmosfera del satellite andava sfumando man mano che la sonda inviava immagini da distanze sempre più ravvicinate. Queste mostravano particolari tali da poter essere attribuiti esclusivamente a strutture della superficie.
Al punto di massimo avvicinamento, circa 40.000 chilometri, lo spettacolo è stato assicurato: Tritone si è mostrato ricoperto di una crosta di azoto e metano ghiacciati che presenta superfici estremamente diverse tra loro ed accomunate solo dall'essere molto pianeggianti. I dislivelli più elevati, dell'ordine di pochi metri, si trovano tra la superficie ed il fondo di ampi bacini da impatto, vagamente simili ai mari lunari. Questi però sono colmati non di lava ma di azoto ghiacciato il quale, emesso liquido dalle profondità del satellite al momento dell'urto col meteorite che fuse la crosta in quel punto, è poi solidificato a causa della bassa temperatura, diminuendo ovviamente il suo volume e livellandosi quindi ad una quota più bassa.
Ciò avvalora l'ipotesi che l'azoto si possa trovare allo stato liquido a profondità di circa 30 metri.
Tritone presenta una crosta di colore rosato, dovuto all'azione dei raggi ultravioletti del Sole sul metano ghiacciato, e molto eterogenea con terreni più vecchi e scuri affiancati ad altri molto più giovani e quindi più chiari, nonché ricchi di segni di attività tettonica, come la grande faglia a forma di Y posta ai confini della calotta polare sud. Su di essa regna in questo periodo l'estate tritoniana, che durerà ancora per diversi secoli.
Questa stessa superficie presenta delle strane strutture di forma ovale che si estendono tutte nella medesima direzione.
Queste sono particolarmente scure ma presentano una macchia biancastra posizionata al loro interno nel limite sud. Benché esista ancora molta incertezza sulla loro origine, gli scienziati pensano possa trattarsi di una sorta di geyser di azoto. In pratica l'azoto superficiale si fonderebbe improvvisamente per cause ignote, lasciando via libera all'espulsione di materiale scuro da sotto la crosta, il quale verrebbe trasportato per diversi chilometri da venti che ovviamente soffiano dal più caldo polo sud verso le fredde regioni equatoriali. Successivamente nuovo azoto ghiacciato, bianco in quanto non ha ancora subito l'azione dei raggi ultravioletti, andrebbe a tappare la bocca del geyser.
Parlando di temperatura bisogna dire che essa è stata valutata in 37°K (-238°C) che rende Tritone il corpo più freddo del Sistema Solare. La causa di questo è l'alta riflettività del ghiaccio di azoto nei confronti della radiazione solare che viene perciò assorbita solo in minima parte. Lo stesso fenomeno aveva portato a sovrastimare il diametro di Tritone per via della sua elevata magnitudine al telescopio. Voyager ha dato un valore molto più basso, appena 2.720 chilometri. La sua densità risulta quindi piuttosto elevata (circa 2 gr/cm3), cioè Tritone, nel suo interno, deve contenere buone quantità di elementi pesanti e rocce.
Per quanto riguarda l'atmosfera essa è stata studiata sia attraverso l'occultazione Beta del Cane Maggiore che tramite esperimenti di rifrazione delle onde radio inviate dalla sonda verso Terra. Il fatto che queste non siano state assolutamente deviate implica che l'atmosfera debba generare una pressione pari ad appena un 1/100.000 di quella terrestre.
La composizione presenta azoto molecolare e ionizzato negli strati elevati e metano in quelli più profondi.
Tengo a fare presente che tutti i dati fino ad ora scritti sono suscettibili, nei prossimi mesi, di variazioni grazie al lavoro che gli scienziati stanno conducendo sull'impressionante mole di informazioni che la sonda ha fornito.
L'EPILOGO
Voyager 2 è uscito dal sistema di Nettuno, e conseguentemente dal Sistema Solare, sfrecciando al di sotto del piano dell'eclittica.
L'incontro ufficiale si è concluso il 2 ottobre con la sonda a 56 milioni di chilometri oltre il pianeta ed ora Voyager è un viaggiatore degli spazi interstellari. La sonda dovrebbe trasmettere dati per ancora 25 anni sulla struttura del plasma e sull'ambiente del campo magnetico del Sistema Solare attorno ai pianeti.
Esso è ora un messaggero del genere umano, trasportando un disco fonografico in oro con incisi i saluti in 60 lingue diverse, musiche di Behetoven, l'inno statunitense Stars and Stripes ed immagini digitali della struttura del DNA e di paesaggi con animali. Il tutto è ovviamente destinato ad eventuali forme di vita aliene che dovessero catturare la sonda e leggere le istruzioni per l'uso.
L'articolo è tratto dalla dispensa
NETTUNO: PASSATO E PRESENTE
del 1 settembre 1990 (edizione ARAR)
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