Le stelle sull'argilla: astronomia in Mesopotamia
di Annalisa Ronchi


Testa di Re Assurbanipal.
Particolare di bassorilievo calcareo
con scena di guerra.

L'astronomia scritta sull'argilla si sviluppa nella fertile striscia di terra compresa tra il Tigri e l'Eufrate. Popoli diversi, ma legati da un unico filo conduttore, si alterneranno nella conduzione di questo territorio. Le prime culture mesopotamiche di cui abbiamo notizia risalgono al VI millennio a.C. Le loro gesta, i loro problemi, le loro conoscenze, ci sono note grazie a migliaia di tavolette d'argilla, sulle quali essi solevano incidere la loro storia oltre alla fiorente produzione letteraria. Il loro numero è elevatissimo: basti pensare alle venticinquemila tavolette rinvenute nella capitale assira Ninive. Da esse emerge inequivocabilmente la grande importanza dell'astronomia nelle civiltà mesopotamiche.

La vita allora era sicuramente molto più agevole rispetto a quella condotta dai gruppi paleolitici. Infatti, i componenti tali culture vivevano in case costruite con mattoni d'argilla o di fango essiccati al sole, raggruppate in villaggi, che rappresentavano la struttura più organizzata del periodo. Tali culture si svilupparono al Nord sugli altipiani o alla loro base. La loro attività principale era l'agricoltura, seguita dalla produzione di ceramiche di gran livello.

Verso il 3500 a.C. si formarono i primi insediamenti del popolo dei Sumeri e con essi si entra nella fase storica della Mesopotamia. Pur essendo agricoltori, essi edificarono grandi città, come Ur, Uruk, Eridu, Tell Habuba e Nis. Tali città, che erano vere e proprie città-stato legate da affinità religiose e culturali, erano tuttavia spesso in lotta tra loro.

Le popolazioni delle città sumere erano politeistiche, in quanto credevano in numerosi dei che rappresentavano le forze della natura. Il sovrano non era considerato un dio, ma faceva da tramite tra le divinità ed i suoi sudditi, quindi era una sorta di sovrano-sacerdote.

Nella città vi era una grande differenziazione tra i cittadini: vi erano artigiani, artisti, sacerdoti e guerrieri, oltre ovviamente agli agricoltori. Al vertice della società vi erano i sacerdoti, i quali erano i depositari del sapere, in particolare quello astronomico, di cui erano naturalmente gelosissimi, infatti da loro dipendevano i depositi di grano, la realizzazione delle opere pubbliche, la distribuzione dei viveri, e tutto questo perché i sacerdoti-astronomi erano gli unici in grado di stabilire i periodi fondamentali per i lavori agricoli, attraverso appunto le loro cognizioni astronomiche che diventarono a questo punto strumenti di potere.

L'osservazione era effettuata in luoghi d'importanza religiosa, probabilmente dalle cime delle alte torri a gradoni (Ziqqurat) dei templi, dove si diceva scendessero le divinità, e all'interno dei quali erano presenti ricche biblioteche che trattavano l'argomento in maniera molto specifica, rendendo astronomia, religione e agricoltura un insieme inscindibile. A Nippur è stata ritrovata una tavoletta di 108 righe che è un vero e proprio trattato sulle pratiche agricole. La stesura è piacevole e le regole fondamentali sono esposte tramite il pretesto di un agricoltore che scrive al proprio figlio per erudirlo sull'argomento. Da quelle righe si desume quale precisione doveva già avere il calendario e quale era stato lo sforzo degli astronomi per stabilirlo, e quindi per determinare le date precise delle principali operazioni agricole o del momento più opportuno per indirizzare una preghiera a quel dato dio.

La grande importanza attribuita alla Luna, ha influenzato il calendario, dato che questo era formato da 12 mesi di 29 o 30 giorni, cosicché erano necessarie periodiche correzioni. Il giorno era diviso in 12 ore, da loro dette beru, dalla durata doppia delle nostre. I beru erano divisi in sessanta minuti, anch'essi della durata doppia dei nostri. Tale divisione del tempo derivava dalla matematica babilonese, molto avanzata, che usava un sistema di numerazione sessagesimale. Lo sforzo maggiore degli astronomi era concentrato verso lo studio dei pianeti, che i Babilonesi chiamavano “interpreti”, in particolare dei movimenti di Giove, perché si riteneva che fosse collegato al futuro del re, ed ogni osservazione era fissata in “testi sacri” in uso nelle scuole scribali e sacerdotali del tempio.

Il nome “interpreti” deriva dal fatto che i sacerdoti mesopotamici pensavano che i pianeti svelassero agli uomini il volere degli dei. I Babilonesi erano riusciti a stabilire, dopo lunghissimi tempi di dettagliate osservazioni, i tempi dei moti di rivoluzione dei pianeti nella sfera celeste, oltre al fatto che Luna e pianeti si muovono sempre nella stessa striscia di cielo (che divisero in dodici settori chiamati Kaspu, le nostre costellazioni dello zodiaco) inoltre si erano resi conto che la velocità dei pianeti non è sempre la stessa, ma varia lungo il loro percorso.

Perché furono create le costellazioni ?

Probabilmente per motivi religiosi, per estendere i simboli divini intorno al sentiero degli dei (i pianeti). Infatti per quanto non abbiano una realtà fisica e siano il risultato casuale di un effetto di prospettiva, le costellazioni sono state (e sono) dei comodi riferimenti per individuare una qualsiasi regione celeste. Il Sole, la Luna e i pianeti descrivono i loro moti apparenti restando sempre fra le stelle che compongono le dodici costellazioni dello zodiaco. Il Sole si sposta fra le “stelle fisse” dello zodiaco lungo la cosiddetta linea dell'Eclittica, di circa un grado al giorno.

Ora passiamo in rivista le dodici costellazioni che si sono sviluppate in Mesopotamia e che in seguito sono state assorbite dalle culture classiche, in Grecia e a Roma. Sono raggruppate in quartetti, ognuno dei quali ha indicato i punti cardinali in epoche diverse.

 

Le prime quattro costellazioni erano (e sono) ben visibili e semplici da trovare, tanto che furono subito inserite nelle liste delle stelle, diversamente dalla maggior parte delle altre otto, che considereremo più avanti.

Tre rappresentano animali simbolo di forza e potere: il Toro, il Leone e lo Scorpione. Insieme al “dio versatore d'acqua”, l'Acquario, essi contennero i quattro punti cardinali intorno al 4400-2200 avanti Cristo.

Verso il 4000 a.C. i punti cardinali nel calendario scritto, erano indicati dal sorgere eliaco delle Pleiadi, di Regolo e di Antares, in seguito, intorno al 2800 a.C., i punti cardinali nel cielo erano vicini a quelle stesse stelle.

Il Toro era il toro del paradiso dei Sumeri, il quale compare nei dodici capitoli dell'Epopea di Gilgamesh, trovati durante il secolo scorso a Ninive, tra le rovine del tempio di Nabu e nella biblioteca di Assurbanipal. Indicava l'equinozio di primavera e l'inizio del nuovo anno. Il “nostro” Toro mostra solo la testa che pare emergere da una nuvola. Probabilmente la forma di questa costellazione era diversa in Mesopotamia, ma le similitudini sono molte, a partire dalle stelle che compongono il muso dell'animale: l'ammasso delle Iadi e Aldebaran, una gigante rossa che costituisce l'occhio del Toro.

Il nome Aldebaran in arabo significa capo dei seguaci, cioè del gruppo delle Iadi, ha un diametro 46 volte maggiore del Sole ed è distante 68 anni luce. Le Iadi sono un ammasso di circa 200 stelle, distante da noi 150 anni luce. Vicino osserviamo le Pleiadi, l'ammasso stellare più brillante e famoso di tutto il cielo. Ad occhio nudo, si possono vedere circa sette stelle, mentre con un binocolo, diverse decine. Dell'ammasso, che dista 450 anni luce, fanno parte circa 250 stelle, immerse in una debole luminosità, residuo della nube da cui si sono formate, visibile solo nelle fotografie a lunga esposizione.

Il Leone per i Sumeri indicava il solstizio estivo. Regolo, la stella più brillante della costellazione, una stella bianco-azzurra distante 85 anni luce, era chiamato Sharru (il re) dai Babilonesi. Uno dei motivi più rappresentati nelle decorazioni dei templi era un leone che attacca un toro, in special modo a Persepoli, intorno al 500 a.C.

Il Leone è una costellazione vasta e brillante che contiene molte stelle e galassie interessanti.
Intorno al 17 novembre di ogni anno le
meteore Leonidi sembrano irradiare da un punto vicino a g (gamma) Leonis. Usualmente sono poco numerose, ma in certe occasioni sono state registrate spettacolari tempeste meteoriche, durante le quali sono cadute fino a 100.000 meteore all'ora, come una nevicata celeste.

Lo Scorpione indicava l'equinozio d'autunno, ed era simbolo di ISHHARA, la dea di tutte le regioni disabitate.

Originariamente questa costellazione era molto più grande, ma le stelle che costituivano le chele sono state usate per formare la costellazione della Bilancia. Questa parte del cielo è ricca di ammassi stellari, alcuni visibili anche ad occhio nudo (in notti senza Luna e lontanissimi da centri abitati). Antares, una supergigante rossa con un diametro 300 volte maggiore del Sole e distante da noi 330 anni luce, costituisce il cuore dell'animale.

Acquario - Il solstizio d'inverno tra il 4400 e il 2200 a.C. era indicato dall'acqua che scorre (ancora oggi questa costellazione si trova in una parte del cielo chiamata “acque celesti”), la quale rappresenta EA stesso, del tempo dei Sumeri. EA, dio babilonese delle acque dolci (equivalente del Sumero ENKI) mezzo pesce e mezzo uomo, insegnò all'umanità l'arte dell'agricoltura e la guidò per le vie della ragione e della saggezza. Comunemente era rappresentato sulla cima di un monte sacro, o Ziggurat, mentre versava acqua da due brocche.

Un giorno questa costellazione conterrà l'equinozio di primavera. Questo punto astronomicamente importante, a partire dal quale è misurata l'ascensione retta, si sposterà dai Pesci nell'Acquario, per effetto della precessione degli equinozi, tra circa 600 anni.

Al suo interno è presente NGC 7009, una famosa nebulosa planetaria nota come Nebulosa Saturno, distante da noi 1450 anni luce

 

I prossimi quattro segni sono considerati antichissimi. Essi indicavano i punti cardinali intorno al 6600 - 4400 a.C., molto prima delle civiltà urbane.

Gemelli - È stato il segno più stabile di questo gruppo. L'impressionante coppia di stelle di prima magnitudine fu chiamata i Grandi Gemelli, e simboleggiava LUGALGIRRA e MESLAMTA-EA, i due dei armati preposti a difendere i lati delle porte. Più a sud ci sono i “piccoli gemelli”, in seguito uniti nella stessa costellazione. Tra i primi greci, queste stelle non avevano nome, solo più tardi acquisirono i nomi in vigore anche oggi: Castore e Polluce.

Castore (a Geminorum), distante 45 anni luce, è in realtà una straordinaria stella multipla, con sei componenti. Polluce (b Geminorum) è una gigante arancione distante 85 anni luce.

La Vergine incarna la più antica di tutti gli dei: la Madre Terra. La raffigurazione classica è sempre quella di una donna che porta un fascio di spighe di grano, così da rappresentare chiaramente la dea della fertilità. È così in Egitto con Iside, in Grecia con Demetra e a Babilonia con ISHTAR. Tra le varie analogie, ognuna di queste donne ha intrapreso un viaggio nell'aldilà alla ricerca di qualcuno (Demetra, la figlia Persefone, Iside, il marito/fratello Osiride, ISHTAR, il marito DUMUZI), da cui l'origine mitica delle stagioni.

Virgo contiene il cosiddetto Ammasso della Vergine, distante 65 milioni di anni luce e comprendente 3000 galassie, inoltre contiene la quasar più brillante, 3C 273 che, si calcola, disti da noi 3000 milioni di anni luce!

Sagittario - Il nome di questa costellazione era quello di un dio poco conosciuto, PABILSAG, in seguito identificato con NINURTA, il dio della guerra Sumero. Una curiosità riguardo questo dio: il suo carattere bellicoso provocò una rivolta a cui presero parte tutti gli elementi naturali, comprese le pietre. Alcuni elementi si schierarono dalla sua parte, altri contro; Ninurta vinse, ricompensò gli alleati e maledisse quanti lo avevano combattuto; Questo è il motivo per cui alcune pietre sono preziose e altre no.
Inizialmente era rappresentato come un cacciatore nell'atto di scoccare una freccia, solo in epoca classica apparve la figura di un centauro armato di arco e freccia.

In questa costellazione si trova il centro della nostra Galassia, e quindi i campi stellari sono qui particolarmente ricchi. La principale attrazione del Sagittario sono i suoi ammassi e le sue nebulose, come la Nebulosa Laguna (M 8) distante 5000 anni luce, la Nebulosa Ferro di Cavallo (M 17) e la Nebulosa Trifida (M 20).

I Pesci rappresentavano ANUNITO, la dea del parto. Il significato della sua rappresentazione classica è un enigma. Consiste in due pesci con le code legate insieme tramite un nastro. Una spiegazione probabile è che i copisti trasformarono, per sbaglio o volontariamente, i rivoli d'acqua che escono dalle brocche dell'acquario in questa strana illustrazione.

 

Infine le altre quattro costellazioni, che furono introdotte perché necessari per completare la divisione dello zodiaco in 12 segni, nella metà del primo millennio avanti Cristo, oltre che per indicare i punti cardinali.

L'Ariete fu una delle figure maggiormente venerate nelle civiltà antiche (in quanto civiltà dedite alla pastorizia), ma non ci sono rappresentazioni di questa costellazione in Mesopotamia. Forse perché simbolo di DUMUZI che, come dio morto e risorto, era il più indicato custode dell'equinozio della primavera; forse perché era un pastore e inoltre, diversamente dagli altri dei maggiori, non poteva essere rappresentato.

Questa costellazione non ha stelle molto brillanti ma dal 2200 a.C. contiene l'equinozio di primavera, così che l'intersezione dell'eclittica e dell'equatore è da allora conosciuta come Primo Punto Dell'Ariete.

Il Cancro era conosciuto come KUSHU (un animale marino, forse proprio un granchio; in passato era chiamato NANGAR) ed era costituito solo dall'ammasso aperto del Presepe, chiamato anche alveare e composto da circa 75 stelle e distante circa 520 anni luce. Presso i Greci, il Cancro indicava il solstizio d'estate.

Bilancia - I Sumeri la conoscevano come la Bilancia del Cielo. In seguito era stata unita allo Scorpione dai Greci (le chele dello Scorpione), quindi fatta costellazione a sé dai Romani. Qui è presente l'equinozio d'autunno.

Capricorno - Questa antichissima costellazione, contrassegnata dal solstizio d'inverno, è un pesce-capra: i babilonesi erano affascinati dagli esseri polimorfi e vedevano in questo gruppo di stelle un animale con testa e zampe anteriori di capra e coda di pesce (si deve ricordare in proposito che i sacerdoti babilonesi usavano pelli di capra come abiti sacri). Era un simbolo di EA, scolpito sulle pietre di confine.


Genio Alato (Bassorilievo Assiro)

Torniamo ai testi sacri, la loro struttura è costante: accanto ad una frase condizionale in cui è racchiusa l'osservazione astronomica (ad es. «Se il Sole e la Luna sono in opposizione il giorno 15 del mese di...») é posta una frase asseverativa in cui è presentata la conseguenza di tale situazione terrestre: «il re sarà ucciso».

Una data molto importante per i Sumeri era il primo giorno dell'anno, che era stabilito all'equinozio di primavera. La ricorrenza era caratterizzata da un rito religioso dal quale, pensavano, sarebbe dipeso l'andamento di tutto l'anno successivo. Essi, infatti, erano convinti che la natura rinascesse ogni anno attraverso un matrimonio sacro che era consumato tra INANNA, dea dell'amore, e DUMUZI, dio della vegetazione.

Questo matrimonio era realmente celebrato tra una sacerdotessa d'INANNA, rappresentante la dea, adeguatamente profumata di rare essenze, ed il re della città, che assumeva le funzioni di DUMUZI.

Il matrimonio sacro ha ispirato buona parte della letteratura Sumera e, nonostante non esista un testo specifico che tratti della cosmologia, si è riusciti a ricostruirne il modello.

L'universo non aveva limiti, per i Sumeri, né nel tempo né nello spazio, ma era eterno ed infinito. Essi lo chiamavano il mare primordiale; in un indefinito punto di esso era sospesa una sfera divisa nettamente in due parti. Quella superiore era il cielo, chiamato AN, sul quale si muovevano tutti gli astri. La parte inferiore della semisfera era il mondo sotterraneo, che non si poteva vedere, e nel quale erano collocati gli inferi, KUR.

Tra le due semisfere vi era un disco piatto, la Terra, chiamata KI. La Terra galleggiava su un disco più grande, chiamato APSU, che era composto da acqua dolce, e che era circondato da un oceano immenso e da alte montagne.

La genesi dell'universo dei Sumeri è spiegata in questo modo: all'inizio esisteva solo il mare primordiale, rappresentato dalla dea madre NAMMU; da essa presero origine AN e KI, strettamente uniti in un'unica sostanza, chiamata la montagna cosmica, dalla quale ebbero origine gli ANNUNAKI, gli dei principali, che rappresentavano le varie forze della natura ma anche gli attrezzi di uso quotidiano, esisteva infatti anche un dio dell'aratro!

L'eclissi era un'occasione di terrore e sgomento per i Babilonesi, in quanto pensavano che sette esseri malvagi attaccassero la Luna, o il Sole. In corrispondenza delle eclissi il sacerdote doveva seguire un rigido rituale: provvedeva a mantenere illuminato con una torcia l'altare, mentre intonava canti indirizzati agli dei e alle forze della natura. La gente, raccolta intorno, piangeva e gridava, con insistenza, fino alla fine del fenomeno. Questo rituale serviva a evitare pericoli per la città e i suoi abitanti.

Fenomeno impressionante è l'esecuzione del rituale del “re-sostituto”. Nel caso di un'eclisse solare o lunare verificatasi in particolari condizioni, come l'assenza o la presenza di un dato pianeta, il responso interpretativo sulla sorte del sovrano era totalmente negativo, e la situazione tanto grave da dover ricorrere a rimedi estremi.

Il sovrano abbandonava il trono, ritualmente e materialmente, andando a vivere come un rappresentante della categoria sociale più bassa, vestendo, mangiando e prendendo residenza in un capanno vicino al fiume, esattamente come un contadino. Al suo posto era innalzato al trono una persona qualsiasi, che assumeva così su di sé le conseguenze nefaste dell'eclisse sfavorevole. Dopo un periodo di cento giorni, il malcapitato era eliminato fisicamente ed il sovrano ritornava al trono libero da ogni malasorte.


Tavoletta del Diluvio dell'Epopea di Gilgamesh

Il mito della creazione dei babilonesi è completamente diversa da quella dei Sumeri. La calma, la linearità, la semplicità del modello dei Sumeri si contrappongono nettamente alla nascita dell'universo babilonese, fin dall'inizio caratterizzato da scontri sanguinosi. Al termine di tali lotte il dio MARDUK uccise la dea TIAMAT, la divise in due metà e da esse formò la Terra e la volta celeste, nella quale fissò il percorso del Sole, della Luna e delle stelle. Creò le “stazioni” degli dei, dei quali le stelle erano immagine e rappresentazione. Determinò l'anno e, per ognuno dei dodici mesi, fissò tre stelle, quindi stabilì il tempo attraverso le costellazioni. Il mutare delle costellazioni era visto come un mezzo necessario per il mantenimento dei contatti tra il cielo e la terra. L'osservare il cielo era perciò un continuo dialogo tra dei e uomini, cosa che è rimasta a tutt'oggi con la pratica dell'astronomia.

 

Dedicato ad Aldo “Bottechia” Ronchi
grande sportivo, massaggiatore
e ... mio caro nonno

 

Monografia n.38-1999/6


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