di Annalisa Ronchi
Ricostruzione al computer della struttura
complessiva della nostra galassia.
La freccia indica la posizione del Sole
La bella Alcmena aveva promesso di soddisfare i
diritti coniugali di Anfitrione soltanto dopo che avesse
vendicato la tragica morte dei suoi otto fratelli, vittime del re
di Tafo, Pterelao.
Zeus, mentre il devoto marito era impegnato a soddisfare la
richiesta della sposa, ne prese le sembianze e si presentò ad
Alcmena. Le disse che giustizia è stata fatta e la
trovò così pronta e disponibile all'intimità coniugale. Da
quella notte di passione nacque Eracle, a noi più noto con il
nome latino di Ercole.
Zeus tradì doppiamente Era, sua moglie, facendole credere che
quel bambino fosse stato abbandonato. La regina degli dei si
impietosì del trovatello e si accinse ad allattarlo. Ercole,
già eccezionalmente vigoroso anche da neonato, diede al
capezzolo della dea una succhiata troppo forte, provocandole un
terribile dolore.
Mentre lo staccava per reazione istintiva, dal seno sgorgò uno
zampillo di latte: una parte cadde sulla terra, dando vita ai
gigli; l'altra parte schizzò in cielo per diventare la Via
Lattea.
Ogni sera le stelle emergono come spiriti
magici mentre il Sole discende nel suo nascondiglio notturno. La
scienza ci dice che quelle migliaia di puntini luccicanti sparsi
nel cielo non sono altro che sfere incandescenti di gas,
immensamente lontane.
Ma questi fatti erano sconosciuti agli antichi.
Chi di noi è riuscito a passare una notte lontano alle luci
cittadine, come ad esempio in un deserto, o in alta montagna o a
bordo di una nave, conosce i sentimenti che provoca il cielo
stellato. Gli astri brillano così intensamente che sembrano
pulsare ed i loro colori sono perfettamente visibili. Certe
stelle sono al limite della visibilità, altre splendono
brillanti; alcune sono disposte a gruppi, altre sembrano formare
disegni geometrici, il tutto è attraversato da una lunga scia
bianca. A poco a poco la nostra mente si mette a disegnare nel
cielo e crede di riconoscere in alcuni gruppi di stelle figure
umane, sagome di animali o di oggetti della vita quotidiana.
Questo è ciò che è accaduto ai nostri progenitori, in ogni
parte del mondo.
Sovente la Via Lattea è stata associata al cammino delle anime, come fra i Nativi americani, che la definivano appunto sentiero delle anime, o i Boscimani, per i quali ogni stella è un guerriero scomparso nel deserto.
I Romani la chiamavano Palatino del Cielo, perché la ricollegavano alla strada fiancheggiata dalle case degli dei, che essi percorrevano per radunarsi presso il loro divino sovrano.
Altrettanto spesso la Via Lattea rappresenta la controparte celeste di luoghi terrestri, normalmente fiumi, come presso gli Egizi, dove equivale al Nilo. È ormai nota la teoria secondo la quale le piramidi della IV dinastia hanno, rispetto al fiume, la medesima posizione delle stelle della costellazione di Orione rispetto alla Via Lattea.
Per gli Accadi è un fiume serpeggiante di polvere luminosa, per gli Arabi è il fiume, così come per gli Ebrei è il fiume di luce.
Secondo gli Aborigeni australiani rappresenta un fiume nel Mondo del Cielo, con tanto di pesci (le stelle brillanti) e di ninfee (le stelle più deboli). Essa è al centro di molte leggende regionali. Nella regione di Yirrkala, la Via Lattea era associata a due fratelli annegati mentre affrontavano il fiume in canoa. I loro corpi galleggianti appaiono come due macchie scure nella Via Lattea, a livello delle costellazioni del Serpente e del Sagittario; una linea di quattro stelle vicino ad Antares rappresentano la loro canoa.
I Romani la consideravano anche la scia brillante di una nave e per i Greci rappresentava il percorso di Fetonte che aveva bruciato il cielo durante la sua forsennata e magica corsa con il carro del Sole, suo padre.
Sempre ad una corsa pensarono ancora gli Egizi. Iside, la dea madre, figlia del dio della terra Geb e della dea del cielo Nut, nonché sorella e moglie di Osiride; quando questi salì al trono di Egitto, Iside insegnò ai suoi sudditi come tessere, curare le malattie e come macinare il grano. Ecco perché viene di solito raffigurata con in mano una spiga di grano. Un giorno, inseguita da un mostro, Iside perse dei chicchi di grano, i quali formarono quella striscia biancastra.
In Perù la Via Lattea porta l'acqua dall'oceano cosmico, su cui la Terra galleggia, e invia la pioggia sul nostro pianeta. Le macchie oscure erano chiamate collettivamente Pachatira ed erano conosciute come singole costellazioni.
Nel Queensland, la Via Lattea era associata con Priepriggie, un Orfeo degli antipodi, noto come cantante, ballerino e cacciatore. Un giorno, nel primo mattino, Priepriggie trovò un albero pieno di volpi volanti, scagliò la lancia trafiggendo il capobranco. Infuriate, le altre volpi volanti cacciarono Priepriggie in cielo. Sperando di richiamarlo indietro, il suo popolo cercò di cantare le sue canzoni ma sbagliavano sempre il ritmo. Poi sentirono una canzone provenire dal cielo, era Priepriggie che cantava e man mano che il ritmo diventava più forte e chiaro, le stelle cominciarono a danzare ordinandosi in una larga banda attraverso il cielo. Così la Via Lattea ricorda al popolo che i loro eroi devono essere celebrati con canti e danze tradizionali, in modo che l'ordine del Tutto continui a prevalere.
I Romani la consideravano anche la cerniera che tratteneva le due metà del cielo, una definizione quasi coincidente la troviamo nell'Australia centrale dove la Via Lattea fu considerata dalle tribù vicine Aranda e Luritja come un genere di arbitrato celeste. Essa, in maniera molto ampia, marca la divisione tra la parte di cielo degli Aranda, a est, e il campo di cielo dei Luritja, a ovest, e, oltre a questo, essa contiene gli spiriti dei defunti di entrambe le tribù. Le stelle e le costellazioni all'interno della Via Lattea sono classificate conformemente a complesse regole di matrimonio e classi di parentela e rinforza l'universale importanza di esse.
Ma forse l'idea più originale proviene dagli Indios dell'Amazzonia. Un tempo essi vivevano in cielo. Alcuni cacciatori inseguivano una preda, la quale per sfuggire alla cattura si nascose in una tana sotterranea. Un cacciatore cominciò a scavare, e tanto scavò che si aprì una voragine nella quale rischiò di precipitare. Con i compagni osservò attraverso l'apertura e vide vigorosi alberi, grandi fiumi, molti animali. Al villaggio si decise di andare a visitare quel luogo, ma non esistendo corde si decise di utilizzare gli unici indumenti in uso presso quel popolo: le sottili cordicelle colorate legate alla vita. Si unirono le cinture di tutti gli abitanti del cielo e scendendo lungo questa fune molti giunsero nella foresta amazzonica. Mentre tutti gli altri erano al villaggio a preparare i loro bagagli, un bambino dispettoso, passando, tagliò la fune, impedendo così per sempre l'andata degli uni ed il ritorno degli altri. La Via Lattea rappresenta i fuochi del villaggio, accesi dai discendenti di chi non fece in tempo a scendere, e le stelle isolate sono i fuochi da campo dei cacciatori.
Certo non si può dire che l'uomo sia privo di fantasia, ma nessuna cultura è riuscita a trovare nulla di più poetico e al tempo stesso di più vero della tribù Kung, che vive nel deserto del Kalahari. Essi chiamano la Via Lattea, la spina dorsale della notte.
Nel 1755 il filosofo Immanuel Kant fu il primo ad intuire la forma reale della Via Lattea:
«Immaginiamo un sistema di stelle fisse disposte in modo da condividere uno stesso piano. Questo sistema sia situato a tale distanza da noi che le singole stelle componenti non risultino più chiaramente distinguibili, neppure con il telescopio; se un simile Mondo di stelle fisse, sprofondato in spazi immensamente lontani, venisse osservato, apparirebbe come una piccola macchia, di configurazione circolare qualora il suo piano fosse perpendicolare alla direzione dello sguardo, oppure ellittica se fosse visto da un lato o obliquamente.»
Fu Galileo Galilei che, sondandola con il suo piccolo telescopio nel 1610, si accorse che la nube si scioglie in migliaia di debolissime stelle.
E fu William Herschel, un musicista tedesco
emigrato alla corte del re Giorgio III d'Inghilterra e astronomo
prima per diletto e poi per professione, che incominciava una
serie di scandagli celesti che avrebbero confermato
l'intuizione del filosofo tedesco.
Herschel partì da una idea semplice e geniale: dove le stelle
appaiono più fitte, è probabile che l'universo si estenda
maggiormente; al contrario, dove si vedono poche stelle, il
confine dell'universo è più vicino.
A quei tempi si riteneva che la Via Lattea fosse tutto
l'Universo; per inciso, fu proprio Herschel il primo (insieme a
Kant) a supporre l'esistenza di altre galassie o, come si diceva
allora, di altri universi-isola, ma dovette
trascorrere ancora più di un secolo perché tutti gli astronomi
si convincessero che nello spazio esistono milioni di galassie.
Herschel era un abilissimo costruttore di telescopi. Il più
grande che fabbricò aveva uno specchio del diametro di 120
centimetri ed era lungo 12 metri. Manovrando un complicato
sistema di carrucole, per anni lo puntò in tutte le direzioni
del cielo. E annotò meticolosamente ogni stella che vedeva nel
campo del suo oculare. Da questo lungo e paziente lavoro concluse
che la Via Lattea (o Galassia con la G maiuscola) doveva avere la
forma di una macina da mulino (1787), in
seguito la descrisse come una specie di disco appiattito,
un'immensa ruota un po' rigonfia al centro.
L'unico suo errore fu di collocare il Sole vicino al mozzo della
ruota.
Intorno al 1920 sarà Harlow Shapley, grazie al telescopio da 2,5 metri di Mount Wilson, a situare il sistema solare nella giusta posizione, cioè a circa 30.000 anni luce dal centro della Galassia e a 20.000 dall'estrema periferia.
Ma, in poche parole, come è in realtà la nostra Galassia?
SCHEMA DELLA NOSTRA GALASSIA
Il Sole si trova su un braccio locale (Local Arm) posto
tra il braccio del Sagittario in direzione del centro galattico
e il braccio di Perseo in direzione opposta, verso lo spazio
aperto.
Essa è costituita da un disco schiacciato (del diametro di circa 100.000 anni luce) con un rigonfiamento centrale, detto Bulge (del diametro di circa 10.000 anni luce), dal quale partono due bracci principali (il braccio del Perseo, che si trova a 8.000 anni luce da noi verso l'esterni, e il braccio del Sagittario a circa 6.000 anni luce da noi verso il centro) nonché bracci minori (come il braccio di Orione, nella cui parte più interna si trova la nostra stella) che si snodano a spirale lungo il disco.
La debole fascia luminosa che attraversa il nostro cielo, tocca o sfiora molte costellazioni, le più famose delle quali sono:
Le vicinanze del Sole (The
Sun) in uno spazio di circa 600 anni luce.
È proprio dell'uomo interrogarsi per il piacere ed il bisogno di conoscere; da sempre si è dato risposte più o meno fantasiose, più o meno poetiche, riguardo ai misteri della natura, dall'infinitamente piccolo all'immensamente grande. È oggi compito degli scienziati scoprire il perché dei vari fenomeni, ma noi comuni esseri umani dobbiamo riscoprire la curiosità, rinnovare il sentimento di stupore di fronte alle piccole cose così come davanti alle grandi, non sentirci insignificanti o troppo speciali ma convincerci che siamo semplicemente parte della Natura, e gioire per questo.
Vedere un Mondo in un granello di sabbia
ed il Paradiso in un fiore di campo
e trattenere l'Infinito nel palmo della mano
e l'Eternità in un'ora.
William Blake
Monografia n.44-2000/3
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