Musica sotto le stelle:
GUSTAV HOLST, opera 32, I PIANETI
di Luigi Candiano

Si tratta di un concerto musicale
nella suggestiva atmosfera della volta stellata del Planetario


Dall’alto, i pianeti Nettuno, Urano, Saturno, Giove, Marte, Venere, Mercurio.

 

L’interesse di Gustav Holst per l’astrologia si affermò in seguito ad un incontro con Clifford Bax, durante un periodo di vacanze in Spagna nella primavera del 1912.

Poco dopo Holst scriveva ad un amico: « ... e di solito studio quei soggetti che mi ispirano musica; è il carattere di ogni singolo pianeta ad offrimi un mucchio di suggerimenti ed è per questo che mi interesso piuttosto assiduamente di astrologia ... ».

Da questo interesse nacque la suite in sette movimenti, per orchestra sinfonica, “The Planets”. Solo sette pianeti dal momento che Holst non considerò la Terra e Plutone che fu scoperto solo il 18 febbraio 1930 dall'astronomo Clyde Tombaugh.

Iniziò con “Mars” (Marte: il portatore di guerra), poco prima dell’inizio della guerra nel 1914 e terminò la sua opera tre anni più tardi con “Mercury” (Mercurio: il messaggero alato).

Mentre orchestrava “Jupiter” (Giove: il portatore di gioia), Holst si convinceva sempre di più che la spesa d’ingaggio di un’orchestra sinfonica adatta sarebbe stata proibitiva in tempo di guerra. Per fortuna Balfour Gardiner si offrì di sostenere le spese di un’audizione privata per Holst ed i suoi amici della Queen’s Hall di Londra, con la collaborazione della London Symphony Orchestra diretta da Adrian Boult.

L’esecuzione ebbe luogo in anteprima il 29 settembre 1918; ecco alcune impressioni raccolte all’epoca: « ... anche coloro tra gli ascoltatori che avevano studiato la partitura, furono letteralmente sorpresi dalle inaspettate sonorità. Durante l’esecuzione di “Jupiter” le donne delle pulizie nei corridoi misero giù gli spazzoloni e cominciarono a ballare. Ad ogni battuta di “Saturn” gli spettatori sparsi qua e là nella sala buia e deserta si sentivano invecchiare progressivamente ... ».

La suite fu eseguita per la prima volta in pubblico (ad eccezione di “Venus” e “Neptune”) alla società Royal Philarmonic il 27 febbraio 1919 ed, in versione integrale, il 15 novembre 1920.

 

Marte: il portatore di guerra

Ritmi ostinati e martellati, scanditi dal metro irregolare dei 5/4, conferiscono a “Mars” il carattere minaccioso e presago di sventura.

Il nome del pianeta deriva dal suo colore rosso intenso che gli antichi identificarono col dio della guerra. Esso è grande circa la metà della Terra e gira intorno al Sole in poco meno di due anni. Dista dal Sole circa una volta e mezzo la distanza della Terra.

 

Venere: il portatore di pace

Con il suo placido assolo di corno e le fresche triadi dei legni, evoca un’atmosfera di infinita serenità, solo momentaneamente disturbata dall’afflato romantico nella sezione centrale del brano.
È l’oggetto più luminoso del cielo dopo il Sole e la Luna. Gli antichi lo chiamavano “Vespero”, quando appariva come stella della sera, e Lucifero, quando il pianeta era immerso nelle luci del crepuscolo mattutino.

È grande circa come la Terra (poco meno), ma la temperatura alla superficie, data la vicinanza al Sole, è molto elevata sfiorando i 400 gradi centigradi.

 

Mercurio: il messaggero alato

Si tratta di un movimento abilmente modellato sullo schema dello scherzo ed inoltre rimarchevole per l’orchestrazione vivace e sapiente, per i ritmi brillanti e l’uso di una scala bitonale.

Mercurio è il. pianeta più vicino al Sole ed anche il più piccolo di tutto il Sistema Solare (il suo diametro è circa 1/3 di quello terrestre). Non ha atmosfera e la sua superficie si presenta molto simile a quella della Luna.
Molto probabilmente Holst, nel dare il nome al brano, è stato ispirato dal breve tempo che i pianeta impiega a girare intorno al Sole (poco meno di 88 giorni).

 

Giove: il portatore di gioia

Di questo brano, di cui state ascoltando un piccolo brano suonato dalla London Philharmonic Orchestra, lo stesso Holst diceva: “reca l’allegria nel vero senso della parola, e anche quella certa cerimoniosità della gioia che è in genere legata a feste civili e religiose”. Il brano raggiunge il suo apice in un lungo inciso tematico che Holst usò alcuni anni dopo per l’inno “A te mi offro, mia patria”.

Trattasi del pianeta più grande del Sistema Solare: il suo raggio è circa 11 volte quello terrestre e potrebbe contenere al suo interno circa 320 pianeti come il nostro. Caratteristica principale è la “grande macchia rossa” visibile sulla sua superficie anche con piccoli telescopi amatoriali: un uragano perenne esteso alcune volte il diametro della Terra.

 

Saturno: il portatore di vecchiaia

In “Saturn” non vi è solo il decadimento fisico, ma anche una visione di completezza. Il brano evoca la cupa desolazione ricreata dieci anni dopo la Holst in “Egdon Heath”, ma al culmine della tensione fa seguito una lunga coda che conclude il movimento in un clima di serena rassegnazione.

Saturno, il “Signore degli anelli” non è l’unico pianeta che presenta un sistema di anelli (anche Giove ed Urano ne possiedono), ma è l’unico che li mostra ad un’osservazione al telescopio. È il secondo in ordine di grandezza dopo Giove ed il suo satellite più grande, Titano, è l’unico ad avere un’atmosfera.

 

Urano: il mago

“Uranus” è dominato da un tema di quattro note, misterioso ed affascinante, come la formula magica di uno stregone: la danza grottesca che ne scaturisce diminuisce la misteriosità e solo con lo svanire del fragoroso crescendo in un lontano pianissimo si avverte l’impenetrabilità del magico e, insieme, dell’universo stesso.

Urano, 20 volte più lontano dal Sole che la Terra, è anche quattro volte più grande. Presenta un sistema di anelli, invisibile con un telescopio, scoperto il 10 marzo 1977 mentre il pianeta occultava una stella e fotografato delle sonde spaziali che gli sono passate nelle vicinanze . Data l’eneorme distanza dal Sole la temperatura su Urano si aggira intorno ai 210 gradi sotto lo zero.

 

Nettuno: il mistico

“Neptune”, brano teoricamente privo di tema e basato sull’alternanza degli accordi di mi minore e do diesis minore. Verso la fine, si unisce all’orchestra un coro femminile a sei parti che vocalizza dietro le quinte, ripetendo l’ultima battuta finché il suono non si perde in lontananza.

Nettuno era, al tempo di Holst, l’ultimo pianeta ai confini del Sistema Solare. Fu scoperto per caso osservando il cielo. Osservando le perturbazioni dell’orbita di Urano, gli astronomi Le Verrier ed Adams, autonomamente l’uno dall’altro, predissero la presenza di Nettuno “a tavolino”.
Impiega 165 anni a girare intorno al Sole e le sue dimensioni son di poco inferiori ad Urano.

 

Monografia n.10-1997/4


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