GIOVE E I SUOI SATELLITI
di Claudio Zellermayer


Giove e satellite Io ripresi dall'Hubble Space Telescope nel maggio 1994

Quando subito dopo il tramonto, in questo periodo dell’anno (novembre-marzo), volgiamo il nostro sguardo verso ovest, due sono gli oggetti celesti estremamente luminosi che possiamo notare e che hanno l’apparenza di stelle: Giove e Venere. Giove è il meno luminoso dei due, ciononostante è il più vasto pianeta del Sistema Solare.

L’osservazione ad occhio nudo lo mostra quindi come una qualsiasi altra stella, tuttavia se il nostro sguardo si fermasse un po’ più a lungo su Giove od anche su Venere e le stelle prossime a questi due pianeti si potrebbe notare l’unica differenza visibile ad occhio nudo: i pianeti brillano di una luce ferma, che mantiene sempre la stessa intensità, le stelle mostrano una luce lampeggiante. Questa è l’unica differenza che possono notare i nostri occhi tra un pianeta ed una stella. Tuttavia se le osservazioni venissero svolte con una certa continuità, settimana dopo settimana, mese dopo mese, allora risulterebbe un’altra sostanziale differenza: i pianeti si muovono tra le stelle. Da qui il loro nome. Il termine pianeta deriva dal greco e significa astro errante.

Inizialmente i Babilonesi e poi successivamente e soprattutto i Greci si interessarono al moto dei pianeti e ben presto si accorsero di due fatti singolari. I pianeti si muovono tra le stelle descrivendo movimenti che non sono affatto regolari come si pensava. Le iniziali concezioni dell’universo richiedevano che la Terra fosse immobile nel suo centro mentre il Sole, la Luna, i pianeti e le stelle fossero animate di moto circolare uniforme. Questo tipo di moto, tra tutti, è quello che meglio si addice all’immutabilità necessaria nella teoria geocentrica. I pianeti invece non avevano proprio voglia di muoversi in modo regolare: i loro moti erano (e sono) qualcosa di simile ad un moto elicoidale.

Già questa scoperta era fonte di grande sconcerto. Tuttavia pur nella loro stranezza i pianeti, se non altro, si muovono sempre nella stessa zona di cielo, quella zona di cielo attraverso cui si muove il Sole e la Luna. È chiaro che le costellazioni che fanno da sfondo a questi movimenti siano state considerate le più importanti. Tali costellazioni sono le famose dodici costellazioni zodiacali. In definitiva se si è in grado di riconoscere ad occhio nudo alcune costellazioni dello zodiaco, si è anche in grado di sapere in quale zona di cielo cercare i pianeti.

L’osservazione di Giove tuttavia la si può fare non solo ad occhio nudo ma usando un binocolo. In particolare se il binocolo adoperato è buono, ad esempio un 20x70 montato su un cavalletto, allora Giove appare in una veste totalmente diversa. Il pianeta non ha più un aspetto puntiforme ma è possibile distinguerne il suo disco su cui sono visibili delle striature appena percettibili: le bande atmosferiche di cui si parlerà più avanti. Oltre alle dimensioni fisiche Giove mostra un altro particolare molto importante: i suoi satelliti. Complessivamente se ne possono vedere quattro ma spesso uno o più di essi sono nascosti dal pianeta dato che le loro orbite vengono viste di taglio. I loro nomi sono Io, Europa, Ganimede, Callisto. Questi satelliti hanno, singolarmente, le dimensioni della Luna ma non sono gli unici satelliti. In tutto, tra grandi e piccoli se ne contano 15, molti dei quali scoperti recentemente tramite le sonde spaziali che hanno visitato il pianeta a partire della fine degli anni ‘70.

I quattro satelliti principali devono la loro scoperta all’astronomo italiano Galileo Galilei (1564-1642). Non è il caso certamente qui di enunciare tutti i meriti di questo scienziato. Ci si limita solo all’astronomo. Spesso si attribuisce a Galileo l’invenzione del cannocchiale. Le cose non stanno così, tuttavia Galileo è stato il primo a costruirne una versione astronomica dopo averne avuto notizia sul suo funzionamento da alcuni amici suoi. Con questi primi modelli di cannocchiale, successivamente perfezionati fino ad ottenere circa 30 ingrandimenti, Galileo osserva il cielo ed il suo sguardo si fissa naturalmente anche su Giove: è il 7 gennaio 1610.

Galileo vede il disco di Giove e per la prima volta si può notare che un pianeta ha delle dimensioni fisiche a differenza delle stelle che si mostrano sempre puntiformi. Quello che però maggiormente colpisce Galileo sono tre satelliti, che lui crede inizialmente stelle fisse. La caratteristica strana di queste stelle fisse è che questi tre oggetti (successiva-mente quattro) appaiono allineati quasi perfettamente con l’equatore del pianeta. Inizialmente Galileo crede che Giove si muova tra queste stelle fisse molto luminose, ma ben presto capisce che sono i quattro oggetti a muoversi attorno al pianeta. Li battezza satelliti medicei in onore di Cosimo II de Medici, ma passano alla storia come satelliti galileiani. Le sue scoperte al cannocchiale, non solo quelle riguardanti Giove ed i suoi satelliti saranno narrate nel “Sidereus Nuncius” (annuncio siderale).

In seguito agli accurati studi di Galileo riguardo alle previsioni dei tempi di eclisse dei satelliti, quando questi passano dietro al disco del pianeta, Galileo stesso si rende conto che le previsioni diventano corrette solo aggiungendo ai conti il moto annuale della Terra attorno al Sole. È questa prova fisica che convince definitivamente Galileo della bontà del modello copernicano. In altre parole se si prende in considerazione il moto di rivoluzione di Giove e della Terra attorno al Sole allora i tempi delle eclissi previsti sono corretti, viceversa considerando la Terra immobile e Giove in moto attorno ad essa allora i conti di Galileo non tornano più.

Nella storia dell’astronomia c’è un altro fatto rilevante che riguarda Giove, di poco successivo a Galileo.

Nel 1676 l’astronomo danese Ole Roemer, senza volerlo, misura per primo la velocità della luce. Roemer stava lavorando, sulle orme di Galileo, ai tempi delle eclissi dei quattro satelliti di Giove per usarli per la determinazione della longitudine geografica in mare. Il lavoro di Galileo era molto preciso tuttavia era presente una incongruenza regolare ma inspiegabile. Quando la Terra e Giove si trovavano in opposizione, cioè dalla stessa parte del Sole e di conseguenza la distanza tra a Terra e Giove era minima, tutto andava bene. Via via che la distanza tra i due pianeti tendeva ad aumentare (a cause delle diverse velocità di rivoluzione della Terra e di Giove) si misurava un ritardo tra il tempo previsto e quello effettivo, ritardo che tendeva ad aumentare fino ad un massimo di circa 20 minuti quando la Terra si trovava grosso modo dalla parte opposta della sua orbita. Roemer comprese che tale ritardo era dovuto al fatto che la luce doveva compiere un tratto di spazio maggiore ed essendo finita la sua velocità, impiegava più tempo.

 

Giove

I satelliti di Giove possono essere suddivisi i tre gruppi: i satelliti più esterni che sono Sinope, Pasifae, Carme, Ananke che si trovano a distanze comprese tra i 21 ed i 24 milioni di chilometri dal pianeta. Questi satelliti hanno un moto di rivoluzione retrogrado e assieme ai satelliti intermedi: Lisitea, Elara, Imalia, Leda hanno forma e dimensioni di grossi asteroidi e probabilmente tali sono. Infine ci sono i satelliti interni che sono in ordine di distanza dal pianeta: Amaltea, Adrastea, J15, Io, Europa, Ganimede e Callisto.

  Giove Terra
distanza media dal Sole 778.000.000 chilometri 150.000.000 chilometri
periodo di rivoluzione 12 anni 1 anno
periodo di rotazione 10 ore 24 ore
diametro equatoriale 142.800 chilometri 12.700 chilometri
densità 1,3 gr/cm cubico 5,5 gr/cm cubico
massa 318 masse Terra 1
gravità 2,64 grammi 1 grammo
temperatura alla superficie visuale - 150° C  
satelliti 15 1

Giove è il quinto pianeta del Sistema Solare, il primo dei pianeti gassosi. La scheda tecnica mostra una serie di parametri fra i più significativi del pianeta ed il confronto con la Terra. È l’oggetto più grande del Sistema Solare dopo, ovviamente, il Sole. L’aspetto del pianeta al telescopio è quello di un disco molto luminoso solcato da una serie di bande parallele all’equatore di colore dal rossastro al giallo. Oltre alle bande sono presenti delle macchie ovali tra cui spicca la Grande Macchia Rossa, scoperta nel 1664 dall’astronomo inglese Robert Hooke. Queste macchie altro non sono che delle immani turbolenze della movimentata atmosfera gioviana. L’analisi spettroscopica dell’atmosfera, analisi iniziata al principio del secolo, mostra che le varie bande atmosferiche hanno velocità di rotazione differenziata. Inoltre si scopre che l’atmosfera del pianeta è composta in prevalenza da ammoniaca e metano ed è priva di ossigeno. Oltre a questi composti sono presenti anche etano, acetilene, ossido di carbonio, acido cianidrico ed anidride carbonica.

Verso gli anni ‘40 - ‘50 si iniziano ad ipotizzare modelli teorici, sulla base delle osservazioni, del pianeta. Tra questi quello di Wildt, tuttora sostanzialmente valido che prevede un pianeta in massima parte liquido e gassoso con un nucleo centrale solido. L’atmosfera è un sottile strato (rispetto alle dimensioni del pianeta) su cui fluttuano le nubi.

Giove possiede un intenso campo magnetico (4.000 volte superiore a quello terrestre) che si estende per dieci milioni di chilometri ed ingloba i sette satelliti interni.

Giove è un pianeta che irradia molta più energia di quella che riceve dal Sole perché nelle fasi iniziali della sua nascita doveva avere delle dimensioni molto maggiori di quelle attuali. Poi il pianeta si è contratto per effetto del proprio peso perdendo energia gravitazionale sotto forma di radiazione, proprio come si comporta una stella nella sua nascita. Se la massa di Giove fosse stata 70 volte maggiore di quella attuale il pianeta sarebbe diventato un’altra stella, rendendo impossibile la vita sulla Terra

L’esplorazione del sistema gioviano

L’esplorazione automatica di Giove e dei suoi satelliti viene effettuata dalle sonde americane Voyager 1 e Voyager 2 partite dalla Terra nel 1977 e giunte in prossimità del pianeta nel marzo-luglio 1979. Le sonde Voyager hanno poi continuato il loro viaggio verso gli altri pianeti del Sistema Solare. Un’altra visita, questa molto più mirata, avviene nel 1995 con la sonda Galileo. Le sonde Voyager erano sonde di passaggio; il loro scopo era sì quello di raccogliere informazioni ma poi proseguire verso gli altri pianeti esterni del Sistema Solare. Tuttavia per molto tempo le immagini di Giove più spettacolari sono quelle dei Voyager. Oltre alle immagini del pianeta, molte delle quali sono classiche dei testi ed atlanti di astronomia, e dei suoi anelli, le sonde Voyager mostrano anche foto dei satelliti galileiani ed in particolare Io ed Europa. Le foto di Io mostrano la notevole caratteristica (e per ora unica ad esclusione della Terra) di vulcani in eruzione, vulcani attivati dalla stretta gravitazionale di Giove e degli altri satelliti. Le foto di Europa mostrano invece un corpo celeste dalla superficie ghiacciata e coperta di venature. Le foto scattate ed i dati raccolti diventeranno poi il motore per la messa in cantiere della missione Galileo che per tutta una serie di vicissitudini giungerà su Giove nel dicembre del 1995.

A differenza delle sonde Voyager, la missione Galileo ha come scopo le osservazioni esclusive del pianeta e dei suoi satelliti, oltre alla discesa nell’atmosfera gioviana di una piccola sonda con lo scopo di analizzare la composizione chimica e le caratteristiche chimico-fisiche della medesima.

 

Missione Galileo su Giove

PPR Temperature Map of Jupiter's Great Red Spot
PPR Temperature Map of Jupiter's Great Red Spot

La missione Galileo è partita il 18 ottobre 1989 ed ha raggiunto il suo obiettivo ai primi di dicembre del 1995. Inizialmente la sonda doveva essere portata fuori dalla Terra da uno shuttle, ma dopo l’incidente del 1986 si è ricorso al lancio per mezzo di un razzo. Per ovviare al ridimensionamento del carburante si è utilizzato, come detto prima, l’effetto fionda per accelerare la sonda tramite passaggi vicino ad altri pianeti. Ciò ha allungato il viaggio, ma lo ha reso possibile. Durante il viaggio Galileo ha avuto un passaggio vicino a Venere e due con la Terra, oltre all’attraversamento della fascia degli asteroidi, posta tra Marte e Giove. Il problema più grosso che si è verificato è stata la mancata apertura dell’antenna per la trasmissione dei dati ad alta velocità. Per ovviare si è usato l’antenna di “riserva” che però spediva i dati molto più lentamente.

Nella fascia degli asteroidi è passata vicino a Gaspra ed Ida. Nel passaggio vicino a quest’ultimo ha scoperto un altro asteroide che funge da satellite di Ida. Tale oggetto è stato chiamato Dattilo. La sonda Galileo ha anche raccolto informazioni dell’impatto della cometa Shoemaker-Levy 9, avvenuto nel luglio 1994.

Durante il primo avvicinamento a Giove, Galileo ha sganciato una mini sonda, il Probe, che è scesa nell’atmosfera gioviana per raccogliere ulteriori informazioni. Il probe è disceso, in circa un’ora di 400 chilometri dentro all’atmosfera, sopportando pressioni pari a 20 volte la pressione terrestre. Durante la discesa sono stati registrati venti a 500 km/h e si sono avute notevoli sorprese circa la composizione chimica. L’atmosfera è secca, con la metà dell’elio atteso, povera d’acqua, di carbonio ed ossigeno. L’importanza dello studio dell’atmosfera di Giove, come quella di Saturno sta nel fatto che questi pianeti giganti, data la loro consistente forza gravitazionale dovrebbero avere trattenuto i gas di cui era fatto il sistema solare primordiale. Ciò servirebbe a verificare le teorie sulla formazione del Sistema Solare, sulla abbondanza e composizione di tali gas appartenenti alla nebulosa primordiale.

La discrepanza tra quello che ha rilevato il probe e quello che ci si attendeva è forse dovuto al fatto che questa sonda può essere scesa in una zona relativamente limpida e poco turbolenta dell’atmosfera gioviana, in pratica l’equivalente terrestre dell’occhio del ciclone.

 

Vulcani su Io

Galileo Color Images of Io
Galileo Color Images of Io

Quando le sonde Voyager avevano visitato il sistema di Giove era stato scoperto, con molta sorpresa che uno dei satelliti galileiani, il più interno, Io, aveva dei vulcani attivi. Tale attività vulcanica è dovuta alla azione gravitazionale di Giove e di altri due satelliti: Ganimede ed Europa. La contemporanea azione di questi tre oggetti di fatto “strizzano” Io come una arancia e ne riscaldano, per attrito le zone interne, provocando il fenomeno del vulcanesimo.

All’epoca del Voyager erano stati trovati una dozzina di vulcani. Le foto di Galileo di Io ne contano circa duecento. La bassa gravità di questo satellite fa sì che i pennacchi di questi vulcani raggiungano altezze di 200 chilometri e che il materiale espulso lasci una scia nello spazio che la magnetosfera (il campo magnetico) di Giove, dieci volte maggiore delle fasce di Van Allen che circondano la Terra, la trascini verso il pianeta. Ogni secondo una tonnellate di materiale vulcanico viene strappata da Giove. I geyser di Io espellono materia a velocità di oltre 2.000 km/h. Per confronto le eruzioni dell’Etna espellono materiale a velocità dieci volte inferiori. La cosa che maggiormente ha sorpreso è come nei 17 anni trascorsi tra la missione Voyager e la missione Galileo, la superficie di Io sia radicalmente cambiata.

 

Ghiaccio su Europa

Natural and False Color Views of Europa
Natural and False Color Views of Europa

Altro satellite galileiano osservato da vicino è Europa, caratterizzato da una superficie altamente riflettente, quindi coperta di ghiaccio. Questo particolare era già stato osservato dai Voyager. La presenza di una superficie ghiacciata ha fatto presumere la possibile presenza di acqua liquida sotto la coltre di ghiaccio. Le foto di allora e quelle attuali mostrano che la crosta di ghiaccio non solo è craterizzata come tutti gli altri satelliti di Giove e di altri pianeti, ma presenta delle cicatrici che sicuramente sono delle spaccature di epoche passate, nella crosta. Anche Europa subisce effetti mareali da Giove e dagli altri satelliti.

A differenza di Io, dove questi effetti provocano il vulcanismo, su Europa si è spaccata la crosta ghiacciata per poi essersi rinsaldata. Il calore prodotto dall’attrito degli effetti mareali può avere sciolto il ghiaccio che in seguito ha fatto da colla tra le fessure della crosta. Tutto questo suggerisce che in epoche passate e forse anche adesso, sotto la crosta ghiacciata, spessa svariati chilometri, possa esserci dell’acqua liquida.

Il satellite Europa è, assieme a Titano (Saturno) uno dei corpi del sistema solare su cui ci potrebbero essere delle forme di vita primordiale. Verso l’estate del 1997 la sonda Galileo passerà molto più vicino ad Europa in modo tale da avere foto di particolari del diametro di due chilometri. In futuro dovrebbe essere prevista una missione specifica su Europa in cui la sonda dovrebbe posarsi sulla superficie ghiacciata del satellite, forarne la crosta e se sotto di essa c’è effettivamente un oceano liquido, rilasciare un mini sommergibile automatizzato che ne esplori il contenuto. Il tutto potrebbe essere previsto attorno al 2012. Tutto questo interesse per Europa è legato al fatto che un oceano liquido sotto la crosta ghiacciata potrebbe ospitare qualche forma di vita primordiale.

 

Monografia n.35-1999/3


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