di Claudio Zellermayer
Piatto (Felice Clerici, XVIII secolo) con figura
di astronomo,
Museo Civico di Torino
Il problema della determinazione della distanza delle stelle ha caratteristiche complesse.
È legato anche ad altri parametri fisici delle stelle, come la massa, la luminosità, lo spettro della luce.
Procedendo per gradi, è necessario fare una brevissima parentesi storica.
Le prime valutazioni storiche, fatte dai Greci, le stelle fisse tutte alla stessa distanza, attaccate ad una sfera. Questa distanza era valutata nei modi più disparati e senza un filo logico se non che doveva essere molto più grande delle distanze a cui si trovavano le sfere dei pianeti.
Galileo e poi Newton, con le loro osservazioni al telescopio posero il problema in termini corretti: se la Terra si muove nello spazio, la direzione delle stelle nel cielo durante l'anno deve cambiare, tuttavia questo spostamento apparente non poteva essere valutato.
Noi ad esempio vediamo la Stella Polare sempre nella medesima direzione, nonostante appunto l'asse di rotazione terrestre si sposti lungo l'orbita attorno al Sole.
La conclusione a cui giunsero sia Galileo che Newton era che le stelle si trovavano a distanze tali da non potere apprezzare questo spostamento della direzione.
Dato che non è possibile per ora e per molto tempo ancora raggiungere le stelle la misura delle distanze può essere ottenuta in modo indiretto.
Esistono svariati metodi che permettono di ottenere tali distanze, alcuni sono precisi e sicuri, altri, la maggior parte, sono empirici cioè derivano da relazioni matematiche ottenute per vie statistiche.
L'unico metodo che dà risultati sicuri è quello della parallasse trigonometrica.
Occorre prima di tutto puntualizzare alcuni concetti ed alcune unità di misura.
Nell'ambito del Sistema Solare parliamo di Unità Astronomica (U.A.) indicando con ciò la distanza media Terra-Sole pari a 150 milioni di chilometri.
Quando entrano in gioco distanze tra le stelle si parla di anno-luce e di parsec.
Per anno luce si intende la distanza che la luce percorre in un anno viaggiando alla velocità di 299.792,458 chilometri al secondo, quindi:
1 anno-luce =
299.792,458 km/sec. per 60 secondi per 60 minuti per 24 ore per
365,25 giorni =
9.461 miliardi di chilometri circa.
PARALLASSE TRIGONOMETRICA
Per definire il parsec occorre prima dire che cosa è la parallasse.
La parallasse è un angolo.
Supponiamo di dover misurare la distanza tra noi e la cima di una montagna non accessibile. Basterà misurare sul terreno la distanza tra due punti accessibili ed in seguito misurare gli angoli tra la cima della montagna e la distanza misurata. In questo modo abbiamo un triangolo tra la cima della montagna ed i due punti sul terreno. Di questo triangolo conosciamo la base (la distanza misurata) e i due angoli. Tramite l'uso della trigonometria è possibile calcolare gli elementi mancanti del triangolo. Supponiamo ora di trasferire le cose al cielo. La distanza misurata sul terreno diventa il diametro dell'orbita Terra-Sole e la stella di cui vogliamo conoscere la distanza, la cima della montagna. Se misuriamo gli angoli alla base di questo triangolo, possiamo conoscere anche l'angolo che ha come vertice la stella, questo angolo è la parallasse della stella. Quando la Terra è in due punti estremi della sua orbita si misurano questi angoli.
Se quest'angolo misura un secondo d'arco, cioè 1/3.600 di grado, la distanza della stella è un parsec pari a 3,26 anni luce.
La parola parsec deriva dall'abbreviazione di parallasse-secondo.
Nel 1838 l'astronomo tedesco Bessel misurò la prima parallasse di un stella, per la precisione della stella 61 Cygni e tale misura era di 0,314 secondi d'arco.
La stella più vicina a noi (dopo il Sole), Proxima Centauri ha una parallasse di 0,7 secondi d'arco che corrisponde ad una distanza di 4,3 anni luce.
Si può vedere subito che questo metodo pur essendo preciso, fornisce parallassi molto piccole.
Quando la misura della parallasse è dell'ordine dell'errore dello strumento, abbiamo raggiunto i limiti del metodo di misura, pari a circa 400 anni luce. Per misurare distanze maggiori occorrono altri metodi.
PARALLASSI DINAMICHE
Come detto prima, occorre interagire fra i vari parametri fisici per ampliare il raggio di distanze misurate.
Tramite la conoscenza delle masse delle stelle si può arrivare a distanze maggiori.
A parte la massa del Sole, che abbiamo misurato in modo scrupoloso utilizzando la III legge di Keplero (il rapporto tra il cubo del semiasse maggiore e il quadrato del periodo di rotazione è costante per tutti i pianeti), per tutte le altre stelle isolate, cioè stelle di cui non siamo in grado di vedere un sistema planetario, è impossibile valutarne la massa.
Tale affermazione deriva come conseguenza della legge di gravitazione universale.
Sembrerebbe quindi impossibile andare oltre poichè noi conosciamo solo il Sistema Solare come sistema planetario. Anche se ipotizziamo che questo non sia l'unico, noi per ora vediamo solo questo.
Per nostra fortuna però le stelle non sono isolate.
Quando si sono moltiplicate le osservazioni delle stelle per ricavarne informazioni si è scoperto che circa il 65% delle stelle formano sistemi doppi, tripli o multipli, cioè due o più stelle gravitano attorno ad un comune centro di massa, che però resta ovviamente invisibile.
Quello che però si può misurare è il periodo di rotazione di una stella attorno all'altra e la distanza angolare (in secondi d'arco) tra le due stelle. Sempre utilizzando la III legge di Keplero:
A3
-------
= G (M' + M")
T2
dove A è il semiasse maggiore o semi distanza tra le due stelle, P il periodo di rotazione di una attorno all'altra, G la costante di gravitazione universale, M' ed M" le masse delle due stelle.
A questo punto, per ricollegarci col discorso delle distanze, se sono note le masse delle due stelle e si misura il periodo di rotazione ed anche la parallasse di A è possibile risalire alla distanza del sistema multiplo.
Tale metodo di misura delle distanze è chiamato parallasse dinamica.
LE CEFEIDI E LE ALTRE CANDELE CAMPIONE
Per misurare distanze maggiori occorrono altri metodi, come si è detto, più imprecisi ma a lunga portata.
Occorre ora dire che per misurare la distanza di una stella si può utilizzare anche la sua luce.
In linea di principio la differenza di luminosità tra le stelle può essere data sia dal fatto che sono effettivamente luminose in modo diverso, sia dal fatto che si trovano a distanze diverse.
Per eliminare uno dei due problemi immaginiamo di avere tutte le stelle ad una stessa distanza fissa pari a 10 parsec e definiamo come magnitudine assoluta la luminosità delle stelle a tale distanza, mentre definiamo come magnitudine apparente la luminosità che effettivamente vediamo a occhio nudo.
Allora tramite una legge matematica molto semplice è possibile legare queste due grandezze alla distanza:
M - m = 5 - 5 log D (Formula di Pogson)
dove M è la magnitudine assoluta, m quella apparente e D è la distanza.
Adesso, dato che m può essere misurata osservativamente, ogni volta che si è in grado di determinare M si può calcolare la distanza a cui si trova l'oggetto celeste, sia esso una stella, nebulosa, galassia o altro.
Anche per determinare M ci sono problemi, nel senso che la magnitudine assoluta è una grandezza legata alla natura fisica della stella cioè a quanta luce effettivamente essa emetta.
Osservando la luce delle stelle e facendone lo spettro si è potuto verificare che esiste una relazione tra il colore della luce delle stelle e la loro temperatura. In pratica, le stelle più massicce si consumano più rapidamente e quindi splendono di più.
Tutto ciò lo si legge nella luce o meglio nello spettro della luce.
Quindi dallo spettro di una stella si può definire la sua costituzione fisica e quindi la magnitudine assoluta. Se si misura la magnitudine apparente si risale alla distanza della stella.
Gli astronomi Hertzsprung e Russell, separatamente, trovarono questa relazione nel 1913 ed il diagramma magnitudine assoluta/temperatura è chiamato Diagramma HR ed è uno strumento che permette di misurare distanze dell'ordine di migliaia di anni luce.
Osservando la natura delle stelle si è scoperto che c'è una categoria di esse che hanno la caratteristica di cambiare la loro luminosità in modo regolare e per questo vengono chiamate stelle variabili.
Misurando le distanze di tali stelle, coi metodi fin qui descritti, si è verificato che queste stelle hanno tutte grosso modo la stessa luminosità assoluta quando raggiungono il loro massimo di luce.
Il modo in cui la magnitudine assoluta è legata al periodo della variabilità è una legge empirica cioè una legge ricavata da dati statistici per cui non molto precisi; tale metodo serve per aumentare il raggio delle nostre distanze, possiamo cioè misurare distanze di stelle nell'ambito della Via Lattea: le variabili di questo tipo, chiamate Cefeidi sono così splendenti da essere viste in tutta la Galassia.
Calibrando il metodo delle cefeidi sulle parallassi trigonometriche e dinamiche è possibile rendere più preciso tale metodo.
Per la loro elevata luminosità le Cefeidi sono chiamate candele campione.
Esistono altri tipi di candele campione, le stelle nove.
In un sistema doppio, dove la distanza tra le due stelle è molto piccola, può accadere che una della due stelle sia in grado di attrarre a se della materia stellare dall'altra stella, molto meno densa.
Questa materia, in base ad un determinato meccanismo fisico, viene a cadere sempre sulla stessa zona della stella che attrae, creando delle condizioni si riscaldamento colossali.
Quando si raggiunge la saturazione alla quantità di materia che può venire sopportata, la stella si libera di tutta questa materia (gas) con una gigantesca esplosione, visibile anche in galassie a noi vicine: improvvisamente appare una stella luminosissima dove prima non era visibile. (da qui il termine nova, stella nuova).
Questa situazione si presenta in modo periodico, ogni volta che si raggiungono le condizioni di saturazione.
È un fenomeno più raro della variabilità delle Cefeidi e quindi le statistiche che si fanno sono meno attendibili, però, sempre calibrando il metodo con quelli più precisi è possibile ampliare ancora maggiormente il raggio delle distanze.
Esistono altri metodi che si basano su candele campione più luminose, però questi metodi, oltre che ad essere meno precisi sono utilizzati per la determinazione delle distanze delle galassie e quindi esulano dal tema iniziale.
La determinazione delle distanze delle stelle, oltre che a darci una reale interpretazione delle dimensioni dello spazio e quindi dell'Universo stesso, ha permesso di misurare e calcolare anche gli altri parametri fisici delle stelle, cosa importantissima per arrivare alla comprensione del funzionamento fisico delle medesime.
Monografia n.3-1996/3
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