IL BIG BANG
di Claudio Zellermayer

 

Verso la fine degli anni '20 si aprono le porte della cosmologia, quella branca dell'astronomia che si occupa di indagare sulla nascita, origine ed evoluzione dell'universo.

L'astronomo americano Edwin Hubble comincia a studiare gli spettri di alcune galassie e dallo spostamento delle righe spettrali verso il rosso nota che tutte le galassie mostrano una velocità di allontanamento, le une dalle altre; velocità che cresce col crescere della distanza. Viene cioè scoperta l'espansione dell'universo, espansione che era stata predetta a livello teorico da alcuni astrofisici che utilizzarono la teoria generale della relatività.

La scoperta dell'espansione dell'universo pone agli scienziati due tipi di dubbi: in che tipo di universo stiamo vivendo e come spiegare l'espansione del medesimo.

L'applicazione della relatività ai modelli teorici per il nostro universo porta a due situazioni diametralmente opposte: l'universo può espandersi in modo infinito a causa dell'impossibilità da parte della gravità di arrestare l'espansione. Si avrebbe quindi un universo aperto. Oppure la forza di gravità, la più forte tra le interazioni della natura, è in grado di arrestare l'espansione innescando una successiva contrazione della materia: avremo quindi un universo chiuso. Per poter rispondere a questa domanda occorre conoscere due grandezze fondamentali: il ritmo di espansione dell'universo, cioè la costante di Hubble e la densità della materia dell'universo. Entrambe queste grandezze sono di difficilissima determinazione, al punto che il problema se l'universo sia aperto o chiuso rimane insoluto, con una certa propensione all'universo chiuso dato che molti indizi portano a questa tesi.

L'altra grande questione della cosmologia è spiegare l'espansione.

Verso gli anni '50, col miglioramento delle conoscenze della fisica delle particelle subatomiche, due erano le teorie in auge: il Big Bang e la teoria dello Stato Stazionario. La teoria del Big Bang spiega l'espansione come conseguenza di una immane esplosione da cui si è formata la materia che noi conosciamo, a partire dagli atomi, fino ad arrivare alle stelle e poi alle galassie.

La teoria dello Stato Stazionario non spiega il motivo dell'espansione ma sostiene che questa c'è sempre stata e che la densità della materia rimane costante, quindi della materia da qualche parte si deve formare in modo da mantenere costante la densità pur essendoci espansione.  Solo verso la metà degli anni '60 viene fatta la scoperta fondamentale della cosmologia, quella che rende più credibile il Big Bang ed affossa lo Stato Stazionario. Due radioastronomi, Penzias e Wilson, scoprono che lo spazio è completamente pieno di una radiazione a microonde che corrisponde ad una temperature di 3°K (gradi Kelvin), cioè -270°C (gradi centigradi o Celsius).

Tale radiazione è presente in tutte le direzioni ed è perfettamente omogenea. La teoria del Big Bang prevedeva, tra le altre cose, che si potesse percepire adesso “l'eco” della esplosione primordiale, un'eco sotto forma di radiazione elettromagnetica nelle microonde.

La temperatura di 3°K dello spazio non è altro che il calore residuo di quella immane esplosione. Naturalmente la teoria del Big Bang non è priva di problemi insoluti, ma a tutt'oggi è quella che dà più risposte e che meglio giustifica ciò che si osserva ed è questo che, in ultimo luogo, un astrofisico desidera: che la teoria possa essere giustificata sempre sperimentalmente.

Questa sera al Planetario cercheremo di fare luce su questi argomenti fermo restando il fatto che attendiamo sempre ulteriori conferme o, perché no, smentite.

Anche le smentite possono essere delle conferme.

 

Conferenza del 7 novembre 1995


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