di Annalisa Ronchi
La Lapponia è una immensa regione (250.000 chilometri quadrati) dell'estremo nord dell'Europa, che si estende nella penisola Scandinava, nella Finlandia e nella penisola di Kola, tra il mar Baltico, il mar di Barents e il mare di Norvegia, e che prende il nome dal popolo che da millenni la popola: i Lapponi.
Come accadde a molti altri popoli, anche i Lapponi hanno finito con l'essere conosciuti con un nome che fu dato loro dai più potenti vicini. Fu in questo modo, infatti, che Finlandesi, Svedesi e Russi chiamarono per molto tempo questo popolo nelle rispettive forme Lappalaiset, Lappar e Lopari. Tutti termini che sembrerebbero provenire da Lappi, una parola che significa terra remota, o dal termine finlandese Lapp che indica una persona che trae le proprie fonti di sostentamento dalla pesca, dalla caccia e dall'allevamento della renna: le tradizionali e principali attività economiche dei Lapponi. Un Lappone però chiama se stesso Sapmelas e la sua gente Samit o Sami, ovvero gente della palude, un nome che trae la sua origine dalla regione dei laghi finlandesi che un tempo fu abitata da questo popolo.
Come molti popoli indigeni, i Lapponi consideravano la natura da un punto di vista animistico. Tutto, in natura, inclusa la materia inorganica, aveva una vita e un'anima che, tramite la reincarnazione, sarebbe passata da un essere ad un'altro. La natura non doveva essere disturbata o distrutta senza motivo, e ciò avvicina questo popolo ad altre antichissime civiltà, come quella degli Aborigeni Australiani, o quella dei Nativi americani.
Essendo la più antica popolazione del Nordeuropa, il popolo dei Lapponi possiede la memoria collettiva che risale ai tempi più remoti: una carta stellare, la quale propone anche i nomi di stelle e di costellazioni, fu scolpita sulla pietra 4.000 - 4.100 anni fa, il che non è molto più tardi della prima definizione storica delle costellazioni, datata a 4.600 - 4.700 anni fa).
Se questa voce che si ode da dietro il velo dei millenni è correttamente compresa, noi possiamo partecipare a cose affascinanti: la vita di una nazione indigena ed i cambiamenti che sono avvenuti, oscuri eventi storici ed eventi naturali straordinari.
Tale memoria è stata preservata sia in una forma non scritta, tramite leggende, miti e canti trasmessi attraverso le generazioni, sia con sculture e pitture sulle rocce, con i suoni dei tamburi degli sciamani, e gli oggetti scoperti da scavi archeologici. Malgrado ciò, l'interpretazione è difficile e molti tratti della tradizione sono rimasti inesplorati o spiegati in maniera poco plausibile.
I Sami hanno sempre condotto vita nomade, seguendo il cammino percorso dalle renne alla ricerca del cibo, con la neve, la Luna, le stelle e le aurore boreali che erano le uniche cose che permettevano di trovare la strada nella stagione buia. Pertanto la perfetta conoscenza del luogo in cui ci si trovava era indispensabile per la sopravvivenza in luoghi tanto inospitali.
E la vista di alcuni fenomeni naturali può aver dato luogo alla nascita dei vari miti e delle varie divinità che popolavano le lunghe e faticose giornate di questi uomini.
L'osservazione della nascita improvvisa in mare di isole vulcaniche, abbastanza comune in questi luoghi ancora giovani del globo terrestre, ha portato alla leggenda della nascita della Terra: il diavolo, nella forma di un uccello, un tuffatore gola-nera, portò del terreno dalle profondità dell'oceano primordiale, ma quando cominciò a crescere nel suo stomaco, fu obbligato a sputarlo fuori, e da questo sono nate le pietre, le rocce e le montagne.
In un'altra storia si parla sempre di mare: Luonnotar è la dea creatrice, figlia dell'aria, colei che dette luogo al cielo ed alla terra. Per 700 anni galleggiò sulle acque primordiali, poi si unì con un uccello e depose delle uova. Quando le uova colpirono l'acqua si aprirono e le parti superiori del guscio formarono il cielo, mentre quelle inferiori dettero luogo alla terra. I tuorli divennero il Sole e gli albumi la Luna.
Il cielo è concepito come una grande sfera con molti buchi (le stelle) che lasciano intravvedere il fuoco presente all'esterno e attraverso i quali cadono giù sulla terra la neve e la pioggia: ecco perché dicono che quando le costellazioni sono tante, cioé ci sono tanti buchi, in quel periodo arriva la neve.Le stagioni Lapponi sono diverse dalle nostre e dipendono dalle condizioni atmosferiche: cakca (ottobre-novembre), juovlla-aigge (dicembre), gaska-dalvve (mezzo inverno, gennaio-febbraio), gidda-dalvve (dopo inverno, marzo-aprile).
Nella regione del cielo vanno le anime degli uomini e degli animali morti e, sempre da quella regione, scendono giù le anime destinate a reincarnarsi. Quando in cielo non c'è la Luna, è perché sta portando giù, sulla terra, tali anime.
Il Sole è una sfera incandescente di idrogeno e di elio la quale non essendo solida, ha la velocità di rotazione intorno al proprio asse diseguale alle varie latitudini, così che normalmente si considera la velocità all'equatore, la quale si approssima ai 25 giorni. Il diametro del Sole è di circa 1,4 milioni di chilometri, la massa è 330.000 volte quella della Terra con una densità che è 1/4 di quella terrestre ed una forza di gravità 28 volte superiore a quella sulla Terra. Il colore delle stelle ci dà indicazioni riguardo alla temperatura della parte più esterna, cioè quella che vediamo, della stella stessa. Si va dalle stelle bianco-azzurre, con temperature tra i 30.000 ed i 60.000 gradi, alle stelle rossastre con temperature inferiori ai 3.000. Il nostro Sole è una stella bianco-gialla con una temperatura esterna di circa 6.000 gradi ed una temperatura interna valutata intorno ai 15.000.000 gradi.
Come in ogni luogo, anche qui il Sole fu considerato la sorgente di vita.
Il Sole è un Dio femmina che i Lapponi consideravano come la madre di ogni cosa che vive, che si prende cura dei neonati di renna e che dà loro il calore naturale così che essi possano vivere a lungo e sani. Ci sono stati sacrifici al Sole, come quando un bambino si ammalava, ma in generale l'adorazione dell'astro non ha mai assunto il significato che aveva nei paesi del sud dell'Europa. Il simbolo del Sole nel rituale che accompagnava i sacrifici durante le eclissi, era un anello con un foro al centro e con un manico (o una coda?).
Una cosa che non poteva sfuggire a persone che vivevano sempre all'aperto, era il diverso aspetto del Sole durante il giorno, più scuro e grande al mattino ed alla sera, più chiaro e piccolo a mezzogiorno. L'effetto è attribuibile alla diffusione dei raggi di luce secondo Rayleigh. All'alba ed al tramonto, i raggi solari ci pervengono dopo un lungo tragitto attraverso la bassa atmosfera, e dunque dopo avere subito un grande numero di processi diffusivi. Questi depauperano la luce diretta del Sole delle sue componenti blu-violette, così che nei raggi che ci giungono prevalgono le componenti giallo-rosse.
I Lapponi spiegano la cosa con questa storiella: un pastore di renne ha sposato la figlia del Sole ed un giorno le chiese di aiutarlo ad incontrare sua madre (il Sole è una donna) per comprendere il perché dei suoi cambiamenti nell'arco del giorno. Lei le disse dove andare ad incontrare sua madre ed il giovane uomo vide il Sole che cavalcava una renna. Il Sole spiegò a suo genero che lei andava intorno al mondo ogni giorno, cominciando al mattino come un orso, cambiandosi in una pernice a mezzogiorno, e in una renna femmina alla sera.
Esiste anche un dio solare, Ukko, chiamato anche Pauanne (tuono), il quale restituì ai mortali il fuoco sottratto alla terra da uno spirito maligno (un Prometeo del nord!). Ukko scagliò dal cielo un fulmine che fu ingoiato da un pesce. L'eroe Vainamoinen pescò il pesce e trovò il fuoco nel suo ventre.
Talvolta gli intensi campi magnetici del Sole liberano improvvisi lampi di energia, durante i quali delle particelle atomiche vengono eruttate nello spazio. Queste particelle raggiungono la Terra dopo un giorno, ionizzando gli strati superiori della nostra atmosfera, e producendo le Aurore Boreali. Queste sono uno spettacolo stupendo: il cielo sembra risplendere di luce colorata, che può assumere la forma di archi o drappeggi, splendenti e cangianti per ore.
Per i popoli nordici, l'aurora boreale è provocata dagli spiriti dei morti mentre danzano o quando giocano alla palla (un gioco molto diffuso, descritto come un misto di rugby, calcio e lotta ma con regole diverse a seconda del popolo). La tradizione narra che l'aurora danzerà al ritmo del fischiare delle persone dal cuore puro.
La Luna è l'astro più vicino a noi e, sicuramente, il più osservabile ad occhio nudo. Ha un raggio di 1.738 chilometri, un quarto circa di quello terrestre, con una massa solo 81 volte inferiore a quella del nostro pianeta ed una densità che é circa la metà di quella terrestre. Non essendo dotata di atmosfera, la Luna presenta ampie differenze di temperatura, dai 130 °C nella parte illuminata ai -150 °C in quella oscura. La gravità è circa sei volte minore di quella terrestre.
La Luna era, naturalmente, un'importante sorgente di luce durante la lunga notte invernale, e come in molte antiche culture senza avanzate conoscenze astronomiche, il calendario usato era il calendario lunare.
Uno dei fenomeni più evidenti che riguarda la Luna sono le fasi lunari, le quali sono dovute alle varie posizioni che il nostro satellite assume, nel corso della sua rivoluzione, rispetto alla Terra e rispetto al Sole.
I Lapponi pensavano che i responsabili di tali mutamenti fossero i grotteschi e maligni Goblin, Elfi dell'oscurità.
L'orbita lunare e l'orbita terrestre giacciono su due piani leggermente inclinati che si intersecano in due punti (i nodi) congiunti dalla cosiddetta linea dei nodi. Solo lungo questa linea si può avere il perfetto allineamento tra Sole, Terra e Luna e la casualità che i dischi del Sole e della Luna appaiano della stessa grandezza apparente (è un gioco di prospettiva) dà le eclissi, di Luna o di Sole. Nella eclissi di Sole, distinguiamo le eclissi totali (se la Luna è in perielio) ed eclissi anulari (se la Luna è in afelio).
Alklha è il mostro che eclissa il Sole e la Luna ingoiandoli. Le macchie lunari (dovute a differenze nella composizione mineralogica delle rocce visibili) sono le cicatrici lasciate dalle ferite inflitte da Alklha.
Uno dei mostri più terribili che popola l'immaginario dei popoli nordici, come quello di tutto il mondo, è un mostro serpentiniforme che sputa fuoco dalle fauci. Come già detto, molti miti possono essere interpretati in modo naturale, in termini di sporadici fenomeni cosmici, meteoriti e comete in particolare.
Le meteoriti sono costituite da roccia o da metallo (a volte da entrambi), in movimento nello spazio interplanetario, che formano la fascia di asteroidi posta tra Marte e Giove. Se deviate possono impattare con la Terra. Tali rocce possono avere un diametro di molti chilometri (che causano crateri di centinaia di chilometri di diametro, distruzione di ampie porzioni del globo ed estinzione di specie biologiche - ci sono prove di numerosi eventi simili nella storia della Terra) o essere inoffensive pietre grandi meno di un pugno. Ma anche le piccole meteoriti sono collegate con effetti sonori e luminosi osservabili da ampie zone.
Probabilmente, il terribile drago che mangia gli uomini e soffia fuoco è una metafora e rappresenta la caduta di un meteorite: il veemente, brillante grande corpo, a volte spezzato in due, può assomigliare a delle fauci spalancate e la traccia di fuoco e fumo è l'alito del drago. I venti possono muovere la scia di fumo, dandogli una forma a zigzag, come il corpo di un serpente o di un drago.
Le comete sono corpi di alcuni chilometri di diametro le quali perdono materiale durante il loro viaggio, come il ghiaccio che le forma, il quale si scioglie mentre si avvicinano al Sole nella loro orbita molto eccentrica (ovale). Il materiale perso è visto come una lunga chioma di capelli e le piccole comete sono le mani del Dio del Sole, che sostengono il cielo.
Questo fenomeno non è stato sempre modesto come al presente: la famosa cometa di Halley brillò qualche centinaia di anni fa con una luminosità 100 volte la luminosità di Venere e la cometa Encke gareggiò in luminosità con la Luna. Normalmente le comete sono innocue, ma durante un incontro ravvicinato con la Terra, qualche loro frammento può impattare con conseguenze devastanti: quando durante il passaggio della Halley nel 1910 le vecchie donne della Carelia si nascosero in cantina e i vecchi uomini bevvero vodka come che quello fosse letteralmente il loro ultimo giorno, forse c'era qualche connessione razionale nascosta con un debole ricordo di un lontano passato.
Le palle di fuoco sono materiale libero, probabilmente detriti cometari, distrutti ad una altezza di 50 - 60 chilometri, e viste come una striscia brillante. Uno dei più grandi di questi bolidi che abbia mai toccato il suolo cadde a Tunguska, in Siberia, il 30 giugno 1908 (se avesse tardato solo 4 ore e mezza, sarebbe caduto sulla città di Helsinki). Gli alberi furono tagliati di netto per un raggio di 70 chilometri. Il rumore dell'impatto fu udito ad una distanza di oltre 1.000 chilometri. Una colonna di fuoco alta 20 chilometri fu vista da 400 chilometri. Le notti seguenti furono spettacolari in tutta l'Eurasia.
Oltre a ciò, ci sono stati altri due meteoriti giganti, molto osservati dai Lapponi, che cadendo hanno formato i crateri a Ilumets e Kaali, entrambi in Estonia. Questi ultimi eventi sono stati datati a circa 6.000 e 2.500 - 3.500 anni fa. Il cratere di Troms ha forse meno di 10.000 anni, più giovane dell'ultima glaciazione. I crateri di Troms e di Kaali hanno diametri simili, circa 100 metri, Ilumets è più piccolo.
Le pietre cadute dal cielo sono oggetti ideali di adorazione, e forse i Sami, come altri popoli indigeni, hanno forgiato i primi attrezzi e le prime armi in ferro con quello estratto da tali rocce.
La Stella Polare, Polaris, alfa Ursae minoris, è una supergigante gialla distante circa 700 anni luce. A circa 1 grado si trova l'attuale polo nord celeste, ma sarà verso il 2.100 che la precessione porterà Polaris alla minima distanza dal polo.
Un ruolo molto importante nel mondo dei Lapponi è giocato proprio dalla Stella Polare (chiamato il Chiodo del Nord, Boahje-naste). L'intero cielo stellato sembra ruotare intorno ad essa ed i Lapponi pensavano che questa stella sostenesse la sfera dei cieli, come anche che tutte le stelle fossero connesse con essa e che da essa derivassero il loro moto. Se un sostegno si fosse spezzato, la stella sarebbe caduta sulla Terra. Ma se il Chiodo stesso avesse ceduto, l'intera volta celeste sarebbe collassata. Johan Turi, un notabile lappone, scrittore e pittore, scriveva nel suo libro Vita da lappone (1910) «Quando Favtna con il suo arco colpirà Boahje-naste, allora il cielo cadrà e schiaccerà la terra, tutto il mondo si incendierà e ogni cosa finirà».
Il maggiore fra gli dei Lapponi è il Dio dei Cieli, Veralden rade o Radien, il Sovrano del mondo, anche conosciuto come Tsorve-radien con sua moglie Tsorve-edne (tsorve significa corno), e Jubmel, il quale è connesso con i baltico-finnici Jumi e Jumala.
Probabilmente quando i Lapponi offrivano sacrifici alla Stella Polare, affinché il cielo non collassasse, l'oggetto dell'adorazione era in realtà il dio dei cieli.
Vicino all'altare era collocato un pilastro del mondo, a volte dotato di rami, a supporto del mondo. Una di tali colonne, posta vicino al fiordo di Porsanger, è stata descritta da Leem (1676): come un tronco squadrato con ornamenti e un chiodo di ferro sulla punta. La relazione di questo obelisco nordico con la Stella Polare è ovvio.
Anche il dio della fertilità, Veralden olmai, L'Uomo del mondo, era strettamente connesso e parzialmente confuso con quello dei cieli. I Lapponi norvegesi avevano assegnato il lavoro di sorreggere il mondo, contro il grande collasso, proprio a questo dio (l'equivalente nordico di Atlante). Quando venivano fatte offerte a questo dio, i maschi di renna venivano mangiati dai credenti tranne il sangue, le corna, le ossa e i genitali che venivano offerti a lui.
L'unione di forze costruttive e distruttive in un unico corpo è comune nei miti di tutto il mondo. Per esempio, l'adorazione del Serpente Arcobaleno è vista dagli Aborigeni Australiani come importante per la fecondità delle donne, ma la stessa divinità può anche catturare e cibarsi degli uomini. Shiva in India, la parola significa benigno, è una spaventosa divinità connessa con la distruzione ma al tempo stesso è il creatore, colui che preserva la vita, il gentile.
Dal cielo scendono le luci e le pietre (le meteoriti), scende la pioggia rinfrescante, giunge il calore del Sole, la luce della Luna e delle stelle, le quali consentono di calcolare il tempo e di seguire la direzione giusta di notte.
Un esempio di tale bivalenza è il mito di Jumi. Egli è al tempo stesso una divinità della fertilità (per inciso, presso il popolo Sami, un uomo ed una donna impegnati in un atto sessuale si dicono essere in jumi) e un malevolo assassino cieco, il quale scaglia frecce a casaccio con cui può uccidere uomini o animali. E i termini cieco e a caso sono rivelativi, pensando alla frase le cieche forze della natura, gli eventi meteorici appaiono infatti in maniera casuale.
La vita dei Sami ruotava intorno alle renne ed è naturale che abbiano creato tale costellazione, per onorare l'animale che era al tempo stesso duro lavoro e ricchezza.
L'Alce (Sarva) è una costellazione composta da molte nostre costellazioni. La parte superiore delle grandi corna è la costellazione di Cassiopea, le corna e la parte anteriore del corpo sono Perseo e un paio di stelle dell'Auriga formano la parte posteriore del corpo dell'Alce.
E l'alce è sicuramente la preda preferita degli abitanti del cielo, infatti è cacciata dai Cuoigahaegjek (i due sciatori rappresentati da Castore e Polluce dei Gemelli), da una vecchia con un branco di cani (Miese-cora, le Pleiadi), dai figli di Galla (le tre stelle della cintura di Orione) e da Favtna (la stella Arturo).
Le due stelle più visibili della costellazione dei Gemelli sono alfa Geminorum, Castore, una straordinaria stella multipla a 6 componenti distante 45 anni luce, e beta Geminorum, Polluce, una gigante arancione distante 85 anni luce.
Ogni anno le meteore Geminidi irradiano da un punto vicino a Castore. Le Geminidi sono uno dei più ricchi e brillanti sciami meteorici, che raggiunge un massimo intorno al 14 dicembre, quando si possono vedere fino a 60 meteore all'ora.
Favtna è Arturo, la quarta stella del cielo per luminosità, è una gigante rossa 24 volte più grande del Sole e distante 36 anni luce e fa parte della costellazione del Boote. Ha una massa simile a quella del Sole e si ritiene che, tra 5 miliardi di anni, il nostro Sole si gonfierà fino ad assomigliare ad Arturo.
Sopra ad Arturo c'è l'arco di Favtna (Fauna davgge, cioè l'Orsa maggiore). La caratteristica principale di questa costellazione è sicuramente il grande carro, la più nota di tutte le configurazioni stellari. Qui si trovano due splendide galassie, M 81 ed M 82 e la nebulosa M 97, comunemente chiamata Nebulosa Civetta e distante da noi 2.600 anni luce.
M 45, meglio noto come Pleiades (le Pleiadi), è l'ammasso stellare più brillante e famoso di tutto il cielo, citato in ogni tempo, da Omero a D'Annunzio. Il nome è di origine greca e deriva da plein, cioè navigare, oppure da pleios cioè molti. Ad occhio nudo si possono vedere circa sette stelle, le quali sono Alcyone, h (eta), la più brillante, quindi troviamo Celaeno, Electra, Taygeta, Maia, Asterope, Merope, Atlas, Pleione, una stella con inviluppo esteso che emette anelli di gas a intervalli regolari, la cui luminosità fluttua imprevedibilmente. In realtà, dell'ammasso distante da noi 415 anni luce, fanno parte circa 250 stelle, comprese molte giganti blu, immerse in una debole luminosità, residuo della nube da cui si sono formate soltanto 50 milioni di anni fa.
In un cielo terso come quello che si può trovare a tali latitudini, la visione della Via Lattea deve essere spettacolare. Essa appare come una larga banda chiara nell'oscurità del cielo notturno, è costituita da miliardi di stelle la cui unione costituisce un disco schiacciato (del diametro di circa 100.000 anni luce) con un rigonfiamento centrale, detto Bulge (del diametro di circa10.000 anni luce), dal quale partono due bracci principali (il braccio del Perseo, che si trova a 8.000 anni luce da noi verso l'esterno, e il braccio del Sagittario a circa 6.000 anni luce da noi verso il centro) nonché bracci minori (come il braccio di Orione, nella cui parte più interna si trova la nostra stella) che si snodano a spirale lungo il disco.
Durante l'estate, la tundra diventa luogo di cova e di allevamento per numerose specie di uccelli, i quali, al sopraggiungere della stagione fredda migrano verso sud, alla ricerca di luoghi più ospitali. Uno dei problemi che ha assillato gli studiosi è come possono questi animali orientarsi di notte, quando non sono visibili riferimenti orografici. I Lapponi hanno risolto il problema indicando nella Via Lattea (Lodde-raiddaras) la Via degli Uccelli, attraverso la quale gli uccelli migratori potevano mantenere la rotta scelta mentre volavano di notte.
Qualcuno crede anche che il culto dei morti fosse connesso con la Via Lattea.
Altra stella importante è Rigel, una supergigante bianco-azzurra distante 910 anni luce e facente parte della costellazione di Orione.
Tale stella rappresentava l'alluce sinistro del gigante Orwandil, mentre l'altro, che si era congelato, fu staccato dal dio Thor e gettato fra le stelle a nord, dove divenne la stellina Alcor, compagna di Mizar nella coda dell'Orsa maggiore.
Il dio del tuono (Ukko, ijih, Tiermes, Hora-galles, Thor) era la meglio descritta ed la più largamente venerata divinità lappone; al tempo stesso, Tiermes è anche il nome del fenomeno naturale del tuono. Egli era una dei principali motivi delle illustrazioni nei tamburi, portante uno o due magli, molto spesso oggetto di sacrificio. Il tuono e la sua divinità ha una funzione positiva piuttosto che ostile: Hora-galles scacciò i cattivi goblin e il tuono diede «dalle sue scure e spesse nubi, pioggia rinfrescante per la buona crescita dei licheni e dell'erba»; ma è anche vero che i balzi dei fulmini erano pericolosi per le renne sui pendii rocciosi. Il tuono è un mito originato da un forte vento dovuto al lancio del gigantesco martello cosmico, e il lampo, è la furiosa ira di un dio cosmico. Ma il tuono non è di per sé stesso abbastanza per un mito: tutti sanno che anche la prossima estate ci saranno ancora lampi e tuoni che non distruggeranno l'ordine dell'universo.
Tra gli dei maggiori c'è anche il dio del vento, Bieggagalles-olmai. Il suo strumento sui tamburi erano uno o due bastoncini con spigoli triangolari che si estendono in alto.
Delle caratteristiche generali di questa cultura si possono ancora menzionare, in addizione agli oggetti naturali come rocce o scogliere di forme straordinarie o luoghi particolari, le sejdas, rocce di varie forme e dimensioni consumate dall'acqua e dagli agenti atmosferici, poste vicino agli accampamenti di lunga durata. I Lapponi avevano anche sejdas di legno costituite da ceppi o pali conficcati nel terreno in luoghi in cui la caccia o la pesca erano buone. I luoghi delle più importanti sejdas erano sacri, e innumerevoli nomi di pendii, laghi, fiumi, ecc; derivano dalla sejda di adorazione (Seitjrvi, Pyhtunturi, Pyhjrvi, Pyhjoki).
Tra i lapponi Kemi, i sejdas di legno erano chiamati Viresakka o Vironakka, i quali probabilmente sono connessi con i Vironkannas della Carelia menzionati da Agricola e simboleggianti una dea della foresta.
Queste pietre sacre, associate agli spiriti degli animali e degli uomini, a volte venivano deliberatamente raggruppate a rappresentare una famiglia ed erano usate per predire il futuro o propiziarsi l'aiuto degli dei.
Il mito, rielaborando il caos delle
informazioni ricevute dal mondo esteriore e dando loro ordine e
significato, preserva dalla paura in un ambiente tanto ostile.
Il grande retaggio che ci ha lasciato un popolo così lontano per
cultura e mentalità, è che esiste un'altra via, oltre quella
della ragione, che conduce alla conoscenza.
I miti sono metafore di eventi reali, narrati tramite le leggende, frutto di lunghe meditazioni, silenzi e solitudine negli spazi sconfinati della tundra.
Bibliografia:
Johan Turi, Vita del Lappone, Adelphi, Milano,
1991;
Mario Marchiri, Il tamburo magico, San Paolo, Cinisello
Balsamo, 1997;
Arthur Cotterel, The illustrated Encyclopedia of myths and
legends, Marshall, 1989.
Monografia n.58-2001/1
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