di Marco Marchetti
INTRODUZIONE
"L'arcobaleno è una meraviglia della natura
così straordinaria che difficilmente
potrei scegliere un esempio più adatto per
l'applicazione del mio metodo"
Renè Descartes (Cartesio)
Fra tutti i fenomeni
colorati che avvengono in cielo l'arcobaleno è sicuramente uno
dei più affascinanti; quest'arco luminoso variamente colorato
che attraversa il cielo ha ispirato la fantasia di poeti,
filosofi e scienziati.
Ricordo che alle scuole elementari la maestra ci spiegava come
scomporre la luce del Sole nelle sue componenti colorate
utilizzando un prisma (l'ormai famoso esperimento di Newton) e
citava l'arcobaleno come esempio di tale scomposizione; infatti,
raccontava la maestra, le gocce di pioggia sospese in aria si
comportano come tanti piccoli prismi di vetro in grado di
scomporre la luce del Sole nei sette colori dell'iride (in
realtà le componenti sono soltanto sei, come vedremo in
seguito).
Anche per un bambino come era allora il sottoscritto questa
spiegazione non era per nulla soddisfacente; perché l'arcobaleno
ha la forma di un arco?
Come mai la disposizione dei colori è quella che è (il rosso
all'esterno e il violetto all'interno)?
Perché in certe occasioni esternamente all'arcobaleno ne appare
un altro meno intenso e con la sequenza dei colori invertita?
Queste e altre domande mi frullavano per la testa ma allora ero
troppo succube della maestra per avere il coraggio di porre
domande. Decisamente erano altri tempi.
A volte si trova scritto che la descrizione delle proprietà dell'arcobaleno è solo un semplice problema di ottica geometrica risolto da parecchi secoli; ciò non è propriamente esatto. Infatti quest'affermazione vale solo per le caratteristiche più evidenti dell'arcobaleno ma se vogliame spiegare i particolari più fini, come la presenza di archi soprannumerari, dobbiamo ricorrere a tutto ciò che sappiamo della natura della luce chiamando in causa sia la sua natura ondulatoria che quella corpuscolare. Ovviamente noi non ci addentreremo in tali questioni; vogliamo solo sottolineare il fatto che spesso e volentieri le cose non sono così semplici come sembrano.
L'ARCOBALENO
Il fenomeno è noto a
tutti e accade più frequentemente durante la stagione estiva
quando i temporali si formano praticamente dal nulla.
Può capitare infatti che uno splendido pomeriggio estivo si
trasformi come d'incanto da soleggiato a nero come la pece; dopo
di che arriva un violento acquazzone e mentre stanno scendendo le
ultime gocce di pioggia ecco di nuovo apparire il Sole più
brillante che mai. Questa è la situazione ottimale in cui è
possibile osservare l'arcobaleno il quale appare come per magia
dalla parte opposta al Sole sullo sfondo scuro delle nubi ancora
cariche di pioggia. L'arcobaleno si presenta sotto forma di un
arco di circonferenza in cui è possibile distinguere in sequenza
i sei colori dell'iride; in particolare troviamo dall'esterno
verso l'interno dell'arco il rosso, l'arancione, il giallo, il
verde, il blu e il violetto.
Secondo un'antica leggenda
alla base dell'arcobaleno è nascosta una pentola colma di monete
d'oro; chi volesse cimentarsi nella ricerca della pentola con il
suo prezioso contenuto rimarrà un po' deluso; infatti per quanti
sforzi uno faccia per avvicinarsi all'arcobaleno esso rimane
sempre alla medesima distanza.
Inoltre è impossibile osservare l'arcobaleno di profilo poiché
se ci spostiamo di lato l'arcobaleno sembrerà muoversi assieme a
noi.
Solo una persona è riuscita ad arrivare alla base
dell'arcobaleno e ad impossessarsi della mitica pentola: si
tratta di Paperon de Paperoni in una storia apparsa su 'Topolino'
negli anni '60. Quando si tratta di quattrini nulla riesce a
fermare Zio Paperone, nemmeno le leggi della fisica!
A volte esternamente all'arcobaleno ne appare un altro, decisamente meno brillante, con la sequenza dei colori invertita (rosso all'interno e violetto all'esterno); si tratta dell'arcobaleno secondario mentre l'arcobaleno principale si chiama arcobaleno primario.
La zona compresa fra l'arcobaleno primario e quello secondario appare più buia rispetto alle zone circostanti; è la cosiddetta banda scura di Alessandro così chiamata in onore di Alessandro di Afrodisia che primo la descrisse intorno al 200 d.C.
Un'altra caratteristica dell'arcobaleno sono i cosidetti archi soprannumerari, una serie di deboli bande alternativamente rosa e verdi che talvolta si possono osservare all'interno dell'arcobaleno primario.
Il primo tentativo di
spiegare in maniera razionale il fenomeno dell'arcobaleno fu,
molto probabilmente, quello di Aristotele.
Secondo il grande filosofo l'arcobaleno è un particolare tipo di
riflessione della luce del Sole da parte delle nubi; sempre
secondo Aristotele, la luce solare viene riflessa secondo un
angolo costante e ciò spiega la forma circolare dell'arcobaleno.
Dunque Aristotele capisce che l'arcobaleno non è un oggetto
materiale bensì una specie di illusione ottica e riesce a
spiegare correttamente perché l'arcobaleno si presenta sotto
forma di arco.
La congettura di Aristotele resse per diciassette secoli fino al 1304 quando il monaco tedesco Teodorico di Freiberg compì il primo significativo progresso nella comprensione del fenomeno. Teodorico rifiutò la teoria aristotelica dell'arcobaleno come risultato di una riflessione collettiva della luce del sole da parte delle gocce d'acqua di una nube e propose l'idea che ogni singola goccia d'acqua fosse in grado di generare un proprio arcobaleno. Da buon scienziato egli verificò questa sua teoria con una serie di esperimenti eseguiti utilizzando una boccia sferica piena d'acqua per simulare una goccia di pioggia. In questo modo il religioso riuscì a determinare il percorso dei raggi di luce che danno luogo all'arcobaleno all'interno delle gocce di pioggia.
Le scoperte di Teodorico rimasero nel dimenticatoio per trecento anni fino a quando Cartesio, in maniera indipendente e utilizzando lo stesso metodo, trovò gli stessi risultati. Queste idee furono poi perfezionate da Isaac Newton.
Fondamentalmente ciò che questi grandi personaggi scoprirono è che il segreto dell'arcobaleno sta nei fenomeni di riflessione e rifrazione dei raggi di luce all'interno della singola goccia di pioggia.
LUCE RIFLESSA E LUCE RIFRATTA
Prima di continuare è bene fare qualche semplice considerazione sulla natura della luce e su alcuni fenomeni che la riguardano.
La cosiddetta luce visibile, cioè la luce alla quale sono sensibili i nostri occhi, è solo una frazione di tutta la radiazione emessa dal Sole. Infatti il Sole emette continuamente nello spazio luce visibile, raggi infrarossi, raggi ultravioletti, onde radio, raggi X e raggi gamma. Molte di queste radiazioni (alcune delle quali molto pericolose) non riescono ad arrivare al suolo poiché vengono bloccate dall'atmosfera che si comporta come un filtro e lascia passare solo la luce visibile, le onde radio e qualche piccola porzione di radiazione infrarossa.
É utile ed istruttivo immaginare la luce visibile e qualsiasi altro tipo di radiazione come un insieme di onde. La caratteristica fondamentale di un'onda è la lunghezza d'onda definita come la distanza fra due creste o due ventri dell'onda. Ciò che distingue un tipo di radiazione da un altro (per esempio un raggio X da un'onda radio) è la lunghezza d'onda dell'onda associata; le onde radio presentano lunghezze d'onda molto elevate, comprese fra un metro e alcune decine di chilometri, mentre i raggi X sono caratterizzati da lunghezze d'onda molto piccole, dell'ordine del miliardesimo di metro. La luce visibile è formata da onde con lunghezze d'onda comprese fra 380 e 760 miliardesimi di metro mentre i colori sono la risposta del nostro apparato visivo alle diverse lunghezze d'onda della luce; il rosso corrisponde alle lunghezze d'onda più elevate, il violetto corrisponde alle lunghezze d'onda più brevi e il giallo corrisponde alle lunghezze d'onda intermedie (500 miliardesimi di metro).
La prima scomposizione della luce solare nelle sue componenti colorate la si deve ad Isaac Newton il quale costrinse un raggio di luce ad attraversare un prisma di vetro e si accorse che nella luce uscente era possibile distinguere chiaramente i sette colori dell'iride. A dire il vero Newton riuscì a distinguere solo sei componenti colorate ma il numero sei non gli piaceva e aggiunse una settima componente, l'indaco, per arrivare a sette che gli piaceva molto di più. In realtà l'indaco non esiste, è solo una sfumatura del violetto. La scomposizione della luce avviene a causa della rifrazione, uno dei due fenomeni fisici che interessano la luce quando si propaga da un mezzo ad un altro; nel caso dell'esperimento di Newton la luce si propaga dall'aria al vetro di cui è composto il prisma. L'altro fenomeno è la riflessione.
Vediamo che cosa succede quando la luce incontra la superficie di vetro del prisma. Una frazione di questa luce viene riflessa; la legge che regola il fenomeno della riflessione è molto semplice: l'angolo di incidenza è uguale all'angolo di riflessione. La luce rimanente penetra nel vetro e subisce una deviazione tanto più grande quanto più piccola è lunghezza d'onda; di conseguenza la componente rossa è quella che viene deviata di meno mentre la componente violetta è quella che subisce la massima deviazione. Questo fenomeno si chiama rifrazione ed è causato dalla minore velocità di propagazione della luce nel vetro rispetto a quella nell'aria. Un raggio di luce che passa dall'aria al vetro viene ritardato in corrispondenza della superficie di separazione; se colpisce la superficie obliquamente la variazione di velocità da luogo ad una variazione di direzione. La legge che lega l'angolo di incidenza a quello di rifrazione fu scoperta da Willebrord Snell nel 1621.
LA SPIEGAZIONE DELL'ARCOBALENO
Ora siamo in grado di comprendere quello che sta dietro alla magia dell'arcobaleno poiché ciò che abbiamo visto accadere in corrispondenza della superficie di separazione fra aria e vetro nell'esperimento di Newton può benissimo applicarsi anche alla superficie di separazione fra l'aria e una goccia di pioggia. Vediamo che cosa succede all'interno della singola goccia d'acqua.
La luce del Sole subisce
una prima scomposizione (cioè viene rifratta) quando penetra
nella goccia, poi viene riflessa dalla parete opposta dopo di
che, subendo unulteriore scomposizione, fuoriesce dalla
goccia e arriva agli occhi dellosservatore il quale deve,
per forza di cose, trovarsi con il Sole alle spalle. Applicando
le leggi della riflessione e della rifrazione scopriamo che,
rispetto alla direzione di penetrazione nella goccia, la
componente rossa della luce è quella che subisce la massima
deflessione mentre la componente violetta è quella che viene
deviata di meno. Questo è il motivo per cui nell'arcobaleno
primario il rosso si trova all'esterno dell'arco mentre il
violetto si trova all'interno. Assumendo che la goccia d'acqua
sia perfettamente sferica, Newton scoprì che la deviazione delle
componenti colorate rispetto alla direzione di penetrazione
dipende solamente dalla distanza fra la direzione della luce
incidente e la linea parallela ad essa che passa per il centro
della goccia; questa distanza si chiama parametro di impatto.
Inoltre Newton scoprì che la massima intensità luminosa della
luce che fuoriesce dalla goccia che dà luogo all'arcobaleno
primario si ha per un particolare valore del parametro di impatto
cui corrisponde una deflessione della luce rossa di circa 42
gradi e una deflessione della luce violetta di circa 40 gradi. Le
gocce d'acqua che soddisfano a questa condizione si trovano lungo
un arco di circonferenza con il centro nel cosiddetto punto
antisolare, il punto situato a 180 gradi dal Sole e quindi
mai visibile dell'osservatore. Di conseguenza ogni osservatore
vede il proprio arcobaleno poiché quando cambia la posizione
dell'osservatore cambiano anche le gocce d'acqua che soddisfano
la condizione di massima intensità luminosa.
Questo è il motivo per cui non si può osservare l'arcobaleno di
profilo né tantomeno avvicinarvisi.
L'arcobaleno secondario si forma a partire la quella luce che fuoriesce dalla goccia dopo avere subito due riflessioni interne anziché una sola. La sequenza dei colori appare invertita (rosso all'interno e violetto all'esterno dell'arco) poiché la sequenza cambia fra una riflessione e l'altra (come si può facilmente verificare applicando le leggi della riflessione). Anche in questo caso la massima intensità luminosa corrisponde a un particolare valore del parametro di impatto cui corrisponde una deflessione di circa 50 gradi per il rosso e 53 gradi per il violetto. Gli angoli di deflessione della luce sono quindi più grandi di quelli che corrispondono all'arcobaleno primario e questo è il motivo per cui l'arcobaleno secondario appare esternamente a quello primario. Infine la maggiore differenza fra gli angoli di deflessione del rosso e del violetto dell'arcobaleno secondario rispetto a quello primario spiega come mai l'arcobaleno secondario appare più largo dell'arcobaleno primario.
La banda scura di Alessandro si forma poiché la luce che fuoriesce dalla goccia d'acqua con angoli di deflessione compresi fra quelli dell'arcobaleno primario e quello secondario è molto scarsa.
Vediamo di riassumere il
tutto con l'aiuto della figura 1; si rammenti che ogni volta che
la luce colpisce la superficie di separazione fra aria ed acqua
della goccia essa viene in parte riflessa ed in parte rifratta.
Il raggio di luce che colpisce la goccia viene parzialmente
riflesso (raggi di classe 1) e non entra nella goccia; la luce
rimanente riesce a penetrare, subisce una rifrazione e viene
deviata (ricordiamo che la deviazione è tanto più alta quanto
piu bassa è la lunghezza d'onda).
Quando colpisce la parete opposta dell'interno dell'interno della
goccia viene di nuovo parzialmente trasmessa (raggi classe 2) e
parzialmente riflessa.
Alla successiva superficie di separazione la luce riflessa si
divide ancora in una componente riflessa e in una trasmessa
(raggi di classe 3) e il processo continua all'infinito.
I raggi di classe 3 danno origine all'arcobaleno primario, quelli
di classe 4 danno origine all'arcobaleno secondario.
È quindi possibile la formazione di arcobaleni di ordine
superiore al secondo anche se sono molto difficili da osservare a
causa della loro debolezza. Infatti dopo ogni interazione con la
superficie interna della goccia la luce riflessa che rimane
all'interno della goccia stessa si indebolisce sempre di più;
questo è il motivo per cui l'arcobaleno primario è più
luminoso di quello secondario e quello secondario è più
luminoso di quelli di ordine superiore.
EPILOGO
Non sempre l'indagine
scientifica viene accolta con favore. Ci sono persone che
sostengono che l'analisi fisico-matematica dei fenomeni naturali
ne sminuisce il fascino.
Goethe scrisse che l'analisi scientifica dei colori
dell'arcobaleno eseguita da Newton avrebbe "paralizzato
il cuore della natura"; della stessa opinione erano
Charles Lamb e John Keats i quali, durante una cena nel 1817,
proposero questo brindisi: "Salute a Newton e confusione
alla matematica".
Lo scrivente non è di questo parere; il sottoscritto è convinto
che la spiegazione fisica e il conseguente formalismo matematico
arricchiscano la magia di un fenomeno naturale anziché sminuirla
o toglierla del tutto.
Mi ricordo che il 10 e
l'11 agosto 1999 mi sobbarcai un viaggio in automobile di andata
e ritorno in Baviera per assistere all'eclisse totale di Sole.
Le due ore precedenti la fase di totalità dell'eclisse le
passammo in auto alla disperata ricerca di un posto sereno
cercando di sfuggire ad un temporale che ci stava inseguendo
senza pietà. Trovammo il posto ideale in un campetto di calcio
alla periferia di un paesino di cui non ricordo il nome; avevamo
preso un bel vantaggio sul temporale e ci godemmo i quasi due
minuti e mezzo di totalità in un'atmosfera quasi surreale.
Il temporale ci raggiunse circa tre quarti d'ora dopo la fine
della totalità e si sfogò scaricando una valanga d'acqua; ma
noi eravamo già al sicuro in auto a farci delle grosse risate
poiché la parte più emozionante dell'eclisse l'avevamo goduta
in pieno.
Quando venne a conoscenza
di queste peripezie, un mio collega di lavoro mi chiese stupito:
"Perché tanta fatica per andare a vedere qualcosa di cui
si conosce già tutto quanto?".
"Proprio qui sta il bello". Risposi. "Cosa
c'è di più affascinante che osservare un eclisse totale di Sole
ben sapendo che è una conseguenza della teoria della
gravitazione universale di Newton?".
Una magia dell'Uomo che spiega una magia della Natura.
Monografia n.117-2010/1
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