John D. Barrow

Dall’io al cosmo

di Gianni Tigani

 

 

 

Chi è l’autore

John D. Barrow (1952 - , Londra), professore a Cambridge, è uno dei più noti cosmologi contemporanei. Laureatosi in Scienze Matematiche all'Università di Durham, ha conseguito il dottorato in astrofisica alla Oxford University nel 1977. Grande divulgatore scientifico. Autore di centinaia di articoli e di decine di saggi tradotti in ventotto lingue è considerato uno dei maggiori esperti al mondo della moderna ricerca cosmologica.

Nel 2006 è stato insignito del Premio Templeton.

Opere principali

  • La mano sinistra della creazione (Mondadori, 1985)
  • Il mondo dentro il mondo (Adelphi, 1991)
  • Dall'io al cosmo - Arte, scienza, filosofia (Raffaello Cortina, 2000)
  • Da zero a infinito - La grande storia del nulla (Mondadori, 2002)

Le caratteristiche del suo pensiero che emergono dai suoi libri.


Il libro

Autore

John D. Barrow

Titolo

Dall'io al cosmo

Sottotitolo

Arte, scienza, filosofia

Edizione

Cortina, Milano, 2000, Scienza e idee 74 , pag. 448, dim. 140x225x30 mm , Isbn 88-7078-650-1

Originale

Between Inner Space and Outer Space. Essays on Science, Art, and Philosophy

Edizione

Oxford University Press, London, 1999

Nella prefazione al libro, a pagina XIII, l’autore spiega che il libro vuole essere

“.... una garbata introduzione ai problemi chiave dell’astrofisica e della matematica”.

Cosa significa il titolo:

In questo libro Barrow ci invita a prendere sul serio quelle che chiama “le domande del bambino”: Perché fa buio di notte? Perché la volta celeste compare tempestata di stelle? Perché si alternano il giorno e la notte? Perché su questo piccolo pianeta è comparsa la vita? L'autore ripercorre il sottile cammino che collega l'io pensante alla struttura dell'Universo.

"Negli ultimi quattro secoli siamo pervenuti, in qualche modo, a renderci conto dell'irrilevanza cosmica dell'umanità". Copernico e Galileo ci hanno insegnato che la Terra non solo non è al centro dell'Universo ma neppure è al centro del sistema solare. Neanche il sistema solare o la galassia in cui ci troviamo hanno qualcosa di speciale. Mentre l'uomo cerca di mantenere la sua posizione al centro dell'Universo, ogni successiva scoperta della scienza ci conferma che i fenomeni essenziali della nostra vita costituiscono solo una parte sempre più piccola di un tutto sempre più grande.


Suona dunque quanto mai appropriato il titolo Dall'io al cosmo scelto da John Barrow per questa raccolta di brevi saggi. Tuttavia, Barrow guarda alle sensazionali scoperte avvenute nell'ultimo decennio in cosmologia da un punto di vista diverso. Fin dalle prime pagine affronta infatti il problema delle condizioni per l'esistenza della vita nell'Universo, discutendo "gli inattesi collegamenti" fra le condizioni necessarie per la vita su un pianeta come la Terra e "la struttura dell'Universo come un tutto", con le sue leggi e le sue costanti. Se i valori di alcune di queste costanti fossero stati anche di poco diversi, osserva Barrow, non sarebbero potuti esistere esseri viventi come noi.

Da questa prospettiva "antropica", la distinzione fra l'intero Universo e la sua parte visibile, che alimenta le ricerche di altri scienziati, per Barrow sta invece a significare che le "grandi domande cosmiche" sull'inizio dell'Universo "non possono avere una risposta"


Contenuti del libro

E’ un libro strutturato in 10 parti ognuna delle quali può contenere dai tre ai sei capitoli. In tutto: 439 pagine.

Ognuna delle dieci parti ha comunque un capitolo introduttivo che ne spiega le finalità e i contenuti.

A sua volta ogni capitolo ha una citazione iniziale che è attinente all’argomento trattato. Sono in genere curiose e interessanti. Gli autori delle citazioni possono essere attori, registi, filosofi, scienziati, scrittori e, a volte, almeno per il sottoscritto, perfetti sconosciuti. Le citazioni sono un commento ironico e spiritoso al contenuto serio e scientifico del capitolo.


Parte prima:

La divulgazione scientifica

 

“Sii popolare altrimenti il popolo non ti amerà” Mimi Pond, The valley Girl’s guide to life, 1982

Gli scienziati che si dedicavano ala divulgazione erano trattati con biasimo o sufficienza.

Consigli a chi si dedica alla divulgazione scientifica: molto lavoro di base, studio e applicazione.

Sei un buon divulgatore scientifico? Sai descrivere una scala a chioccola senza muovere le mani?

Ciò che scrivi supera il test della lingua? Può essere letto a voce alta?

Tre regole d’oro:

non pensare in un linguaggio che sia un gergo, non parlare in gergo, non scrivere in gergo.

La divulgazione scientifica è diventata un genere letterario, ha una lunga storia. Basterebbe ricordare Galileo che preferì trascrivere le proprie rivoluzionarie scoperte in volgare.

“Il tuo manoscritto è buono e originale; ma la parte buona non è originale e la parte originale non è buona” Samuel Johnson

Il ricorso all’analogiacome espediente per la divulgazione.

Mentre molti fisici si accontentavano di una spiegazione matematica astratta non era così per Kelvin o Faraday che non erano soddisfatti fino a quando non erano riusciti a tradurla in un quadro di analogie che si serviva di rotelline o palline rotanti.

“Non sono soddisfatto fino a quando non riesco a farmi un modello meccanico d una cosa. Se riesco a farmene uno allora la capisco” Lord Kelvin


Parte seconda:

La vita nell’Universo

“Se Dio avesse voluto che ci occupassimo di filosofia ci avrebbe creato”Marek Khon

“L’universo: un congegno escogitato per l’eterna meraviglia degli astronomi” Arthur C. Clarke

Si parte da considerazioni di carattere generale. Per esempio il rapporto tra dimensioni di un essere vivente e capacità di elaborare pensiero e, di conseguenza, dissipare calore. Se si aumentanoprogressivamente le dimensioni degli esseri viventi essi collassano nella loro struttura. Per lo stesso motivo un cervello, naturale o artificiale, produce calore. Il tasso di produzione del calore cresce in proporzione a volume ma la capacità di dissiparlo è proporzionale alla superficie. Più un cervello è grande e più è difficile raffreddarlo.

Perchè le cose hanno le dimensioni che hanno? Tutte le strutture che vediamo nell’Universo sono un bilanciamento tra forze opposte della natura. L’uomo sta tra la vastità delle dimensioni cosmiche e il microcosmo all’interno degli atomi di cui anche noi siamo formati.

Se mettiamo in un grafico che ha in scala la massa e le dimensioni, tutti gli oggetti presenti in natura, dagli atomi fino alle galassie allora verranno delimitate due zone in cui non sarà possibile osservare nulla. L’esistenza dei buchi neri limita la visibilità degli oggetti che cadono nella zona in cui il valore della massa è elevatissimo. D’altra parte le ridottissime dimensioni delle particelle atomiche e subatomiche a causa del principio di indeterminazione limita la visibilità della zona del grafico dove prevale l’infinitamente piccolo.

L’Universo è grande e vecchio, scuro e freddo, ma le sue dimensioni non sono frutto del caso. Per produrre la vita occorrono elementi che per essere sintetizzati necessitano di miliardi di anni. Siccome l’Universo è in continua espansione e siccome la vita c’è allora le dimensioni dell’Universo devono essere di miliardi di anni luce. Di conseguenza gli extraterrestri sono rari e questo potrebbe essere anche una fortuna perchè ci assicura che le eventuali civiltà hanno un percorso indipendente l’una dall’altra fino a quando no saranno tecnologicamente avanzate al punto di poter comunicare tra loro. Ma forse non sarà mai possibile alcuna conversazione in tempo reale. Le domande di una generazione verranno raccolte dalle generazioni successive.


Parte terza:

Teorie del tutto, gravità inclusa

Rappresenta un commento ai tentativi di formulare teorie unificatrici delle diverse teorie che spiegano i fenomeni naturali. Si parte addirittura dalle antiche storie mitologiche che non erano certo teorie scientifiche ma che comunque portavano già il seme di quel desiderio di spiegare e unificare.

C’è il solito commento alla diversità dell’astronomia rispetto alle altre scienze: in qualunque disciplina scientifica è possibile realizzare un esperimento o una simulazione. In astronomia, ma anche nella fisica delle particelle dobbiamo accontentarci di quello che ci viene offerto.

“La predizione è difficile specie del futuro”Niels Bohr

Ma attenzione: osservare e raccogliere i dati non è fare scienza. Occorre anche cercare schemi ben definiti, cioè “compressioni” delle informazioni. Queste compressioni noi le chiamiamo leggi della natura. Non possiamo mai dimostrare che una compressione sia definitiva. Ci potrebbe essere una unificazione ancora più profonda e più semplice. Barrow per spiegare la sua idea di compressione fa l’esempio di una sequenza di cifre, molto lunga, difficile da tenere a mente. Se è possibile vedere in una sequenza un ordine ben definito, una regolarità allora potremo dire di averla compressa. Non occorrerà trasmettere l’intera, lunghissima sequenza ad altri in forma completa. Basterà fare riferimento alla regola che permette di rigenerarla. Questo è possibile in particolare se la sequenza non è casuale. Questo in analogia vuol dire spiegare la natura e ricercare una teoria del tutto. Attualmente candidata alla teoria unificatrice del tutto è la teoria delle stringhe. E’ il tentativo di far rientrare tutte le leggi che governano le forze fondamentali della natura in una unica legge derivante da una unica sovrastante simmetria. Questa ricerca e questi tentativi sono estremamente difficoltosi perchè quando ci guardiamo intorno noi non vediamo le leggi della natura ma piuttosto gli esiti di tali leggi.

Per ribadire in maniera indiretta il concetto che Barrow ha dell’uomo nell’Universo propone di tanto in tanto alcune sue riflessioni, scritte apparentemente quasi per caso, in forma molto discorsiva ma che lasciano il segno. Una di queste per esempio accenna al fatto che la superconduttività ad alta temperatura è un fenomeno complesso che si basa sulla mescolanza molto peculiare di materiali messi insieme a condizioni molto particolari: tutto questo avrebbe potuto non verificarsi mai nell’Universo prima che le corrette mescolanze e le dovute condizioni fossero realizzate sulla terra nel 1987.

Il principio antropico riaffiora spesso in più punti:

- “E’ interessante ricordare come gli aspetti accidentali della nostra stessa collocazione nell’universo abbiano reso possibile la crescita tecnologica in molte aree. .... Per esempio, è solo un accidente della geologia che il nostro pianeta sia ricco di metalli accessibili alla sua superficie. Senza di essi no si sarebbe sviluppata alcuna tecnologia. Inoltre è un accidente della meteorologia che ha salvato la terra dall’avere un cielo permanentemente coperto da nubie ci ha consentito di sviluppare una scienza astronomica. Ed anche la nostra collocazione all’interno della Via Lattea avrebbe potuto essere avvolta da polveri in tutte le direzioni. E la nostra capacità di sottoporre a controllo la teoria della gravitazione di Einstein si è basata inizialmente su due coincidenze relative al nostro sistema solare:

- il fatto che Luna e Sole abbiano le stese dimensioni apparenti in cielo ci consentedi osservare gli eclissi totali di sole uno dei quali permise di verificare la curvatura della luce ad opera del campo gravitazionale.

- la presenza di un pianeta come Mercurio, in orbita stretta intorno a sole ha permesso di verificare la teoria della precessione del perielio delle orbite dei pianeti.


Parte quarta:

Matematica

In questa parte Barrow descrive e giustifica l’importanza della matematica in ambito scientifico. Lo fa in modo piacevole e gustoso ma al tempo stesso efficace e documentato. I capitoli sono tanti e tutti molto corposi.

“I bravi matematici vedono analogie fra teorie; i grandi matematici vedono analogie fra analogie”Stefan Banach

Gli scienziati sanno da molto tempo che la salvezza è nei numeri. La matematica offre un percorso sicuro verso la comprensione dell’opera della Natura.

Se volete sapere che cos’è la matematica , un matematico è probabilmente l’ultima persona a cui chiederlo: la matematica è semplicemente ciò chematematici fanno.

Per i matematici noi non potremmo esistere in un caos privo di ogni regolarità. La matematica risulta essere un’ancora di salvezza anche se è così irragionevolmente efficace nel descrivere come funziona il mondo.

“Tutto deve avere una fine, tranne la matematica”Paul Erdos

Le regole della grammatica per esempio possono essere violate senza sacrificare il significato di un testo ma provate a violare invece una sola regola della matematica ed è la catastrofe!

Se si ammette come vero un enunciato falso in matematica allora questo enunciato potrà essere usato per dimostrare la verità di qualsiasi altro enunciato. Quando Bertrand Russel una volta fece questa affermazione ne corso di una conferenza venne sfidato da uno scettico provocatore a dimostrare che lui stesso fosse il Papa se 2 + 2 fosse stato anche uguale a 5.

Russel rispose immediatamente che se 2+2 = 5 allora 4 = 5 Sottraiamo 3 da ambo i membri e ne deriva che 1 = 2 ” Ma Lei e il Papa siete due e se 2 = 1 allora Lei è il Papa”

Sono innumerevoli i casi in cui eleganti teorie matematiche apparentemente inutili al momento della loro scoperta si sono rivelate fondamentali per descrivere fenomeni o formulare modelli: per esempio l’algebra di Boole (la logica dei calcolatori), la teorie delle stringhe ( unificazione della meccanica quantistica e delle teoria della relatività), i frattali (formazione dei cristalli di neve, scariche elettriche nei gas, formazione degli ammassi di galassie, struttura di alberi o vegetali.

La matematica non può essere una invenzione solo umana. Lo dimostra per esempio la scoperta indipendente di teoremi identici da parte di matematici diversi provenienti da contesti diversi. Il teorema di Pitagora fu scoperto in modo indipendente molte volte da diversi pensatori. E’ inconcepibile pensare che l’Amleto o la Nona di Beethoven possano essere riscritti più volte in maniera indipendente. I fondamenti della matematica si trovano al di fuori della mente umana.

La matematica è in conclusione una religione ma la matematica può anche essere questione d vita o di morte. Durante la rivoluzione russa il fisicomatematico Igor Tamm fu fermato da alcuni miliziani anticomunistiin un villaggio presso Odessa dove si era recato per barattare del cibo. Sospettavano che fosse un agitatore comunista antiucraino e così lo trascinarono dal loro capo. Quando gli venne chiesto chi fosse rispose che era un matematico. Il capo della banda, scettico, iniziò a sfiorare con le dita le pallottole e le granate che aveva a tracolla. “D’accordo, disse, calcola l’errore con cui una serie di Taylor troncata dopo n termini approssima una funzione. Fallo e te ne andrai libero, sbaglia e sarai fucilato”. Tamm calcolò lentamente per terra, nella polvere col dito tremante. Quando ebbe finito il bandito gettò uno sguardo sulla sua risposta e lo lasciò libero. Nel 1958 Tamm vinse il premio Nobel per la fisica; non scoprì mai il nome di quell’insolito capobanda ma scoprì un modo sicuro per fa sì che le menti dei suoi studenti si concentrassero sull’importanza della matematica.


Parte quinta:

Semplicità e complessità

 

Il mondo è semplice o complicato?

Dipende dalla persona a cui lo chiedi. Per un fisico delle particelle magari la Natura è estremamente semplice nella sua struttura. E poi non siamo ancora arrivati a scoprire la Teoria del Tutto che riunifica le forze!.

Un biologo o un neurologo ci sconvolgerà presentandoci la complessità dei sistemi naturali.

In questi capitoli Barrow tratta il tema della semplicità e della complessità della Natura. Nel mondo regnano sia l’ordine che il disordine. Viene presentato anche il concetto di “criticità che si autoorganizza” di recente formulazione. Per introdurre questo principio viene proposto l’esperimento del mucchietto che s crea su una superficie piana quando versiamo dall’alto della sabbia. Il cumulo, un insieme caotico e apparentemente disordinato, raggiunge una pendenza critica oltre la quale non va. Se continuiamo a versare sabbia si formano in continuazione piccole valanghe che servono per lasciare le pendici del cumulo in equilibrio con questo particolare angolo critico. I singoli granelli cadono seguendo traiettorie apparentemente caotiche ma il risultato finale è l’equilibrio del sistema. Ecco dunque il concetto di criticità che s autoorganizza. Dai granelli d sabbia ai terremoti, alle eruzioni vulcaniche, ai crolli in borsa o altro il passo è breve.

Un sistema complesso per eccellenza è la mente umana. Spesso gli scienziati sono impressionati dal molto grande o dal molto piccolo, dalle particelle elementaridalle lontane galassie. Ma le “cose veramente selvagge” si trovano nel mondo di mezzo, quello non troppo grande nè troppo piccolo, per esempio il cervello dell’uomo.

Barrow dunque presenta il problema della complessità di alcuni sistemi del caos che a volte sembra regnare e del determinismo che invece altre volte regola anche i sistemi più complessi. La trattazione viene conclusa con un capitolo sulla possibilità di comprendere una struttura così complessa come l’Universo.

Possiamo davvero conoscere l’Universo? Mio Dio, è già così difficile orientarsi a Chinatown”Woody Allen


Parte sesta:

Estetica

L’arte e la scienza vengono di solito mese in contrapposizione quasi occupassero posizioni diametralmente opposte: una soggettiva l’altra oggettiva, una esplorativa, l’altra inventiva. Ma non tutti sono concordi nell’associare a scienza o arte uno dei due estremi.

Arte e scienza per Barrow sono strettamente legate. Alcuni nostri impulsi spontanei nei confronti di rappresentazioni artistiche, si pensi alla pittura, potrebbero derivare da esperienze che i nostri antenati hanno fatto milioni di anni fa.

“Non è affatto vero che gliinglesi non apprezzano la musica. Magari non la capiscono ma adorano il rumore che fa”Thomas Beecham

Si analizzano i rapporti con la scienza della pittura, della musica, della scrittura ma anche di altre “arti” come quella culinaria. L’uomo è l’unico essere vivente che cuoce i cibo e si preoccupa di dargli un aspetto e un sapore gradevole. La cucina è il regno dei sapori: è una scienza e al tempo stesso una forma d’arte che stimola i nostri organi di gusto, olfatto e vista.

Ancora una volta l’uomo in posizione centrale tra gli esseri viventi.

Questa parte sesta si conclude con un capitolo dedicato alle stelle.

“Troppo teneramente ho amato le stelle per avere paura della notte”Sarah Williams

Tutta la stria dell’uomo è legata all’osservazione delle stelle. Ma ormai vediamo così poco delle stelle abbagliati dalle luci artificiali. Per la maggior parte di noi le stelle non hanno più alcun significato.

Per il filosofo George Santayana, dei primi del novecento, lo spettacolo del cielo notturno è un esempio tipico di ciò che risulta attraente per la mente umana: una sensazione sospesa tra due estremi uno di banale semplicità e l’altro di sconcertante complessità. Cosa proverebbe chi per la prima volta si trova davanti allo spettacolo del cielo notturno? Asimov lo ha raccontato nel suo celebre “Cade la notte” in cui viene narrata la storia di uno strano pianeta illuminato costantemente da sei soli. Per i suoi abitanti l’Universo era piccolissimo. L’avvento dell’oscurità era associato alla fine del mondo. Gli astronomi prevedono un fenomeno mai capitato prima di allora. Una luna del pianeta occulterà l’unico sole presente in un certo momento de giorno. L’avvento di questo eclissi totale provoca tensioni sociali, tumulti, panico. Al comparire di migliaia di puntini luminosi nel cielo buio scoppia il panico. La storia si conclude così e il lettore viene lasciato a riflettere sul cambiamento di prospettiva avvenuto.

L’influenza del cielo notturno sulla nostra civiltà è stata invece non catastrofica ma determinante.


Parte settima:

Il tempo

Il tempo ha sempre avuto sugli uomini uno strano fascino ed effetto sulla immaginazione.

E’ una dimostrazione l’incredibile successo che ha avuto negli ultimi anni il libro di Stephen Hawking il cui titolo in italiano risulta “Dal big bang ai buchi neri” ma che in originale recita “A brief history of time”.

Il tempo è diventato un argomento di moda presso romanzieri e registi. Non si contano gli esempi di film in cui per esempio la trama è giocata sui viaggi in avanti o a ritroso nel tempo.

Forse l’attrazione che su di noi esercita il tempo è dovuta all’asimmetria nel modo in cui lo spazio e il tempo costituiscono una sfida per noi. L’uomo ha avuto sempre successo nel superare i limiti imposti dallo spazio: abbiamo popolato la terra fin nelle zone più remote e inaccessibili, abbiamo guardato oltre portando la vita nello spazio , sino alla luna e già stiamo ragionando sulla possibilità di spingerci oltre all’interno del sistema solare. Ma con il “tempo” la battaglia è sempre stata persa. Possiamo aver raddoppiato il valore della vita media ma la morte risulta un limite invalicabile.

Nei vari capitoli viene esposta la teoria dello spazio tempo della relatività in forma accessibile a tutti (o quasi)

Il tutto è condito al solito da massime argute e spiritose:

“La credenza nell’immortalità non si basa tanto sulla speranza di continuare a vivere. Pochi di noi vogliono davvero farlo; ci piacerebbe invece molto poter ricominciare da capo”Heywood Broun

Ma il mistero sul tempo e sul senso che esso ha nel nostro vivere rimane. Le lancette dei nostri orologi ci dicono che ora è ma non che cosa è il tempo. Nella cattedrale di Chester c’è un epitaffio che recita così:

Da bimbo piangevo e dormivo e il Tempo strisciava;

Ragazzo parlavo, ridevo, il Tempo marciava;

Mi videro poi gli anni uomo e il Tempo correva;

Ma via via che vecchio divenni il Tempo fuggiva.

Ma l’umanità si è resa conto veramente dell’enorme importanza del tempo solo da un paio di secoli: l’esigenza di fissare un tempo universale e non locale ad ogni singolo villaggio, la teoria dell’evoluzione che lega il tempo allo sviluppo degli esseri viventi, la seconda legge della termodinamica che orienta inesorabilmente la freccia del tempo (con essa i fisici distinguono il passato dal futuro: il disordine cresce al passare del tempo nei sistemi chiusi), i ragionamenti e le teorie sull’inizio e sulla fine dell’Universo

Per concludere una storiella che circola fra gli scienziati americani:

Un tipo appena immigrato in America ha perso il suo orologio, ferma un passante e chiede in un maldestro inglese “ Sorry Ser, what is time?” Il tizio gli risponde “Ah, mi spiace io sono un fisico, lo chieda a un filosofo!”


Parte ottava:

La realtà dei quanti

“Odio la realtà, ma è ancora l’unicoposto dove posso trovare una bistecca decente”Woody Allen.

Cosa dire sulla meccanica quantistica che ancora non è stato detto?

E allora caviamocela con una storiella, realmente accaduta, raccontata in prima persona proprio da Barrow:

“ Un famoso fisico teorico, mio amico, mi ha raccontato una esperienza imbarazzante capitatagli subito dopo la laurea. Laureato in una universitàamericana con un curriculum di voti altissimi, ritenuto molto bravo, capace già di risolvere problemi teorici di notevole complessità, traboccante di sicurezza decide d frequentare la prima riunione dei membri del dipartimento durante la quale, prima della conferenza del relatore di turno, tutti chiacchieravano bevendo del tè. Il nostro brillante studente si trova seduto vicino ad uno scienziato, un ometto stempiato, probabilmente di origine europea che beveva e mormorava tra sé e sé qualcosa. Visto lo studente al suo fianco, quasi per scusarsi disse con aria trasognata “Non capisco la meccanica quantistica”.. E lo studente, sicuro di poterlo aiutare rispose “Oh, è semplice, non si preoccupi, guardi , funziona così...” e nei successivi 15 minuti tenne una breve lezione a livello elementare al suo ascoltatore su come si scrivono le equazioni di base e su come da queste si ricavino le soluzioni e come queste possano essere interpretate. Lo scienziato più anziano ascoltava con squisita gentilezza e di tanto in tanto intervenire ponendo domande, chiedendo chiarimenti proprio su ciò a cui non sapeva dare risposta e complimentandosi per la chiarezza e il rigore del giovane collega. Il direttore del dipartimento avvertì tutti che bisognava trasferirsi nella sala delle conferenze dove stava per iniziare la relazione. Lo scienziato più anziano salutò frettolosamente ( era lui il relatore d turno) e ringraziòcon sincera riconoscenza. “Sono proprio felice di averla incontrata. Qual è il suo nome? Io sono Eugene Wigner”

Non appena si accorse di aver tenuto una lezione ad uno dei più grandi fisici del 20° secolo, vincitore di un Nobel, autore di uno dei maggiori contributi allo sviluppo della meccanica quantistica l’unica cosa che desiderò il mio giovane amico è che l pavimento si aprisse sotto di lui e lo facesse sprofondare dentro. Ma aveva anche scoperto cosa fosse la modestia.

La M.Q. è una delle teorie più controverse che sia mai esistita. Complessa, precisa fino all’inverosimile nello spiegare i fenomeni del mondo subatomico, contrasta con qualsiasi logica spiegazione degli stessi. tanto da spingere R. Feynman a pronunciare la famosa frase “Nessuno capisce veramente la M.Q.”

Il mistero si infittisce se pensiamo di applicarla al mondo macroscopico. Cozza inesorabilmente contro la teoria della relatività.

Non a caso M.Q. e T.R sono da sempre alla ricerca di una teoria unificatrice che le faccia andare d’accordo.

E non a caso viene riportata come introduzione al capitolo 31 la famosa affermazione:

“La negazione di un enunciato vero è un enunciato falso. Ma la negazione di una verità profonda può benissimo essere un’altra verità profonda”Niels Bohr

Un altro padre fondatore della M.Q. fu appunto N. Bohr per personalità e stile molto diverso da Einstein.

Diede per esempio un contributo notevole alla messa a punto del principio di complementarità. I semplice atto della misura influenza il risultato della misura stessa. Una particella subatomica diventa “reale” solo in seguito ad un processo di misurazione.

Una volta venne chiesto ad Harald Bohr, scienziato e fratello di Niels, perchè i suoi scritti e le sue lezioni fossero sempre così chiari quando invece quelli di suo fratello Niels erano un labirinto di oscurità. Rispose che “tutto ciò che io dico consegue esattamente da quello che ho detto un attimo prima, mentre tutto quello che dice Niels segue esattamente da quello che sta per dire”

Insomma la realtà dei quanti è tanto vera quanto poco comprensibile o rappresentabile, anche a livello sperimentale. Si pensi al principio di indeterminazione di Heisemberg. A Barrow non sfugge l’occasione anche in questo caso di riportare frasi e aneddoti relativi a principio di indeterminazione:

“Gli storici hanno concluso che Heisenberg dovesse riflettere sulla sua vita amorosa quando ha formulato il principio di indeterminazione:

quando aveva il tempo no aveva l’energia e quando arrivava il momento giusto non trovava la posizione”

Questa amenità è di Tryggvi Emilsson a me sconosciuto/a

Altro scoglio che il buon senso comune deve superare è il modo di considerare il “vuoto” o se vogliamo “il nulla”.

Già Leonardo diceva a proposito: “Infralle cose grandi che fra noi si trovano, l’essere del nulla è grandissimo”

Il “Nulla” è un concetto che da sempre incute timore e comunque risulta indigesto.

La M.Q. si sbarazza del tutto del concetto fisico di vuoto. Per la M.Q. il vuoto non è semplicemente il nulla, è piuttosto un mare di particelle fantasma che continuamente appaiono e scompaiono. In particolari circostanze la loro presenza può essere rivelatadai piccolissimi effetti che esse hanno sui livelli di energia degli atomi. Il vuoto quantistico non è l’assenza di qualunque cosa ma è piuttosto uno stato dove l’energia è minimizzata.


Parte nona:

Religione e scienza

“Senza parabole la fisica moderna non può parlare alle moltitudini” C.S. Lewis

Il rapporto tra scienza e religione è tutt’altro che ovvio. Per alcuni la scienza è uno strumento per dimostrare la religione, per altri è un mezzo per dimostrare l’esatto contrario.

Le scienze del molto grande, l’astronomia, la cosmologia, la fisica di base sembrano a Barrow più bendisposte nei confronti delle tradizioni religiose. Mentre invece le scienze della vita come la biologia, la psicologia, l’antropologia sembrano antagoniste della cultura religiosa.

Come detto nei precedenti capitoli, le scienze che lavorano sulle leggi fondamentali della natura mettono in risalto la simmetria e la semplicità della Natura per cui sono più disposte ad ipotizzare una “mente” dietro ciò che vediamo, un Dio magistralmente matematico.

Per alcuni le splendide armonie della Natura costituiscono la prova dell’esistenza di un grandioso progettista. Per esempio in epoca vittoriana la perfetta ingegneria ottica dell’occhio umano era un esempio in tal senso. Tutto fu spazzato via dalla scoperta di Darwin del processo di selezione naturale.

Ma c’è un’altra forma di argomentazione, diffusa per la prima volta da Newton che sottolineando la notevole semplicità delle leggi di Natura concludeva che se fossero state leggermente diverse la vita non sarebbe stata possibile. Una versione primitiva del Principio Antropico.

Un capitolo a parte viene dedicato alle apparenti differenze di atteggiamento che il pensiero religioso e quello scientifico sembrano richiedere: uno pretende la fede, il secondo incoraggio il dubbio.


Parte decima:

Cosmologia

La rivoluzione apportata dal telescopio.

A proposito:

“Telescopio: strumento che si rapporta all’occhio in modo simile a come il telefono si rapporta all’orecchio, facendo si che oggetti distanti ci tormentino con un gran numero di inutili dettagli. Fortunatamente non è dotato anche di uno squillo che ci chiama al sacrificio”Ambrose Bierce

Dovremmo essere fiduciosi pensando che abbiamo cominciato a sapere qualcosa sull’espansione dell’universo solo dal 1929 e considerando quanto abbiamo appresosolo negli ultimi dieci anni. La nostra fiducia nasce dall’unione dell’astronomia con la fisica delle particelle.

Siamo ormai in grado di dare un quadro affidabile di come fosse l’Universo a meno di un secondo dalla sua nascita.

La cosmologia è diventata una scienza osservativa rigorosa. Molti però sono i rompicapo che ci tormentano.

Nei vari capitoli Barow illustra la teoria del Big Bang, dell’universo inflazionario, della struttura stessa dell’universo (aperto o chiuso?) L’astronomia può aiutarci ad indagare solo sull’Universo visibile che probabilmente è solo una parte dell’Universo. Probabilmente l’Universo apparrirebbe molto diverso al di là dell’orizzonte a noi visibile.

Per Barrow le domande “l’Universo ha avuto un inizio?”,“l’Universo avrà una fine?”, “l’Universo è finito o infinito?” non possono avere una risposta.

“Questo è il problema con l’eternità: non c’è modo di sapere quando avrà fine”Tom Stoppard


Commenti personali al libro


«Davvero esistono “lì fuori” leggi di natura che stanno in attesa di essere scoperte, indipendenti dal nostro modo di pensare, o esse rappresentano soltanto la descrizione più conveniente di ciò che abbiamo visto? [...] Forse esse, e anche l'universo che da esse sembra regolato, sono del tutto creazioni della nostra mente: un'illusione che scompare appena cessiamo di pensarci. Ma allora, che cosa accadrebbe, se non ci fossero osservatori nell'universo?» (p. 20). L'analisi di Barrow non dà una risposta a questa domanda

Barrow offre una introduzione ai problemi dell'astronomia, della fisica e della matematica, mostrando i passi in avanti compiuti nel modo di concepire il tempo, la complessità e il caso, il nostro Universo (e altri) come ambiente per la vita, i rapporti fra scienza, religione ed estetica.

Si tratta in definitiva di una lettura stimolante che rivela quanto sia viva, nell'ambiente delle scienze sperimentali, l'esigenza di una maggiore comunicazione intellettuale con la filosofia anche se per alcuni versi si può ritenere prevedibile il contenuto..

 

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